Morta Luisa Perlo. Il ricordo delle componenti del gruppo a.titolo
L’amicizia, il lavoro, la ricerca artistica, la Torino del contemporaneo. Giorgina Bertolino, Francesca Comisso, Nuria Gatti, Nicoletta Leonardi, Lisa Parola raccontano la vita assieme a Luisa Perlo, ricordandola in questa lettera
Ciao Lu, quante volte lo abbiamo detto? Entrando e uscendo dallo studio, all’inizio e alla fine di una telefonata, in un messaggio o in una mail. Ciao Lu. Possiamo dirlo anche adesso e farlo risuonare. È difficile scrivere di Luisa, non ci si sente mai proprio all’altezza. La vita ci ha portato a questo, a noi a.titole, amiche prima ancora che colleghe. La strada che abbiamo fatto insieme ha un punto (forse due punti o un punto e virgola) nella notte tra il 5 e il 6 agosto quando Luisa ci è mancata. È mancata a noi, a sua madre, a suo marito Marco e suo fratello Alberto. È mancata a tante artiste e tanti artisti, amiche e amici, alle persone con cui ha collaborato e a quelle con le quali ha continuato a lavorare fino a pochi giorni fa.
LUISA PERLO E LA NASCITA DI A.TITOLO
Luisa ha visto lontano quando, nel gennaio 1997, ha fortemente voluto la nascita di un collettivo: a.titolo. Nome con la a minuscola, che tiene in vista l’arte, il tema dei ruoli e delle professioni e intanto esemplifica, dispiega e prova a chiarire attraverso singoli esempi. Collettivo perché la forma che abbiamo scelto è orizzontale e senza vertici: tutte, con la propria voce e gli sguardi. Tutte. Da posizioni differenti, portando in dote storie, libri e frasi, opere e mostre, immagini, viaggi e amori. Nel 1997, era da un po’ che non si sentiva più parlare di collettivi, una parola che suonava anni ’70, un po’ disillusa, con o senza kappa. Ma qualche gruppo di artisti l’aveva recuperata e noi abbiamo deciso di applicarla alla sfera della curatela. Mischiare i nomi propri: ci piaceva molto quella frase di Deleuze e Guattari che dice “Poiché ciascuno di noi era parecchi, si trattava già di molta gente”. Noi eravamo parecchie: restava da inventare qualcosa che non assomigliasse a un ufficio, a un gruppo di lavoro deciso o imposto da un’organizzazione, a un team approntato per fare una mostra temporanea. Si trattava, appunto, di fare staffetta con molta altra gente. Luisa ha dato il metodo, quel suo metodo di lavoro rigoroso e insieme appassionato, aperto e divagante dove la colonna sonora è fatta, al tempo stesso, dal brusio delle parole in testa, dalla concentrazione e anche dalla capacità di cambiare discorso. Lavorare con lei ha significato soprattutto imparare, decifrando i segreti della sua precisione e resistenza, della sua inesauribile curiosità. Correggere le bozze, mettere giù i testi e rileggerli, fare riunioni, comporre ed editare le interviste, controllare una traduzione, chiudere le rendicontazioni, le note e i verbali. Luisa non si stanca, va avanti fino a tardi. Mangia qualcosa di dolce, fuma e va avanti.
LA RICERCA DI LUISA PERLO
Curatrice, storica e giornalista d’arte, progettista culturale, Luisa è co-fondatrice e fino a oggi presidente di a.titolo. Fin dall’inizio, Luisa ha sostenuto una linea di ricerca e un insieme di pratiche concepite e messe in atto per rendere viva, concreta e incisiva la relazione tra arte, sfera pubblica, comunità, cittadinanza, attraverso la produzione di progetti di arte pubblica, mostre, workshop, seminari, conferenze e programmi sperimentali di formazione. In questo procedere attraverso ambiti distanti e con strumenti ogni volta differenti e fuori dagli standard, lavorare con Luisa ha significato per tutte noi assumere il progetto come una trama fitta, insieme forte e delicata, del sé e del noi. Saper stare in uno stato di non equilibrio e utilizzarlo, con tutti i suoi imprevisti, per generare una politica intrecciata alla poetica, alla conversazione e all’ascolto, alla ricerca e alla teoria. Ogni volta, durante gli innumerevoli sopralluoghi necessari per dare inizio alla realizzazione di un’opera, ci siamo esercitate a guardare posti ancora vuoti: un cortile, un’aiuola, il prato di un parco, un ritaglio di spazio tra le case e un parcheggio, un luogo trascurato o abbandonato. Abbiamo assunto il vuoto come un cantiere di ipotesi e prefigurazioni, dove mettere in gioco attese e immaginari. Per Luisa, l’arte pubblica è stata sempre un ragionamento. Il comune non è mai stato per lei una figura retorica ma una pratica quotidiana. Un fare, un percorso impegnativo e felice, intelligente e perfino elegante. Il comune è una pratica che appartiene alla sua fisionomia e connota il suo modo di essere. Un po’ come gli occhi azzurri. La sua idea di comune è un luogo, uno spazio dialettico, pensieroso e ironico. Luisa lo ha costruito ogni volta che ha avvicinato e indagato la ricerca di un’artista o di un artista. Lì, in quel suo sguardo vigile e profondo, sensibile e non di rado assertivo, lì sono nate le discussioni della specie di quelle che non finiscono mai. Un fiume di parole piene di sapere che capita si ripropongano anche con altri, con chiunque, basta la incuriosisca: fra le pareti di una mostra, durante un viaggio, entrando in un bar o facendo la spesa.
LUISA PERLO, L’ARTE NELLO SPAZIO PUBBLICO
La curatela per Luisa è uno spazio che osserva e interroga il mondo. Non importa quale ambito, quale epoca, tutto è strumento per costruire zone di pensiero libere e mai convenzionali. La curiosità per l’arte, il design, la ceramica, la letteratura, la storia, i numeri, la fisica, la moda, la musica, il cinema, quella curiosità ogni volta porta Luisa ad aprire una strada che si fa discorso e può diventare progetto. Luisa legge e studia. Non studia mai abbastanza, dice. Negli anni della sua carriera professionale ha scritto di molti argomenti, affrontando temi e spiegandoli, a volte guidata da un approccio storico, critico, altre da un’attitudine militante. Con noi ha scritto molto di arte nello spazio pubblico. In un saggio, pubblicato nel volume Nuovi Committenti, arte contemporanea, società e spazio pubblico (Silvana Editoriale, 2008), ha descritto il giardino creato dall’Aiuola Transatlantico di Claudia Losi negli spazi verdi delle case di via Scarsellini, a Torino. Un luogo dove stare e dove ci piace immaginarcela: “I movimenti di terra di questo ‘giardino galleggiante’ ne disegnano il manto ondulato, dove tra qualche tempo l’erba sarà cresciuta ovunque. Il bordo di cemento verde si alza e si abbassa, seguendo il profilo delle onde, contiene e circonda i suoi volumi diversi e complessi, il tavolo intagliato di foglie, le sedute incassate nella terra, ‘come i giardini di casa, dove si può stare ma non si è costretti a guardarsi in faccia’, le grandi semisfere che qua e là fioriscono come vasi, scavati da forme vegetali e animali. Uno spazio dove stare”.
Torino, 7 agosto 2022
a.titolo
-Giorgina Bertolino, Francesca Comisso, Nuria Gatti, Nicoletta Leonardi, Lisa Parola
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