Happennino, il festival diffuso che rende protagonisti i borghi marchigiani

Al via il festival “Happennino” che rilancia i paesi interni delle Marche. Musica, arte e territorio. In questa intervista ce lo raccontano gli organizzatori

Del festival Happennino vi abbiamo parlato pochi giorni fa, accendendo i riflettori sul programma della rassegna – in cartellone il 2, 3 e 4 settembre nei borghi marchigiani di Mercatello sul Metauro, Sant’Angelo in Vado, Borgo Pace, Piobbico e Peglio. È qui che un accurato parterre di artisti nazionali sarà ospitato durante tutto il weekend con l’obiettivo di riattivare – attraverso la cultura – luoghi dell’entroterra dimenticati e soggetti a spopolamento. Per comprendere meglio la mission della rassegna, e soprattutto i tratti che la distinguono dagli altri eventi di simile natura, abbiamo incontrato Andrea Angelini, Francesco Martinelli e Vittoria Podrini, ideatori e organizzatori del festival.

Happennino festival. Ph Davide Nesci

Happennino festival. Ph Davide Nesci

Happennino festival nasce nel 2018, così come la vostra associazione. Mi raccontate chi siete e cosa vi ha spinto a iniziare questa avventura?
Siamo Andrea, Francesco e Vittoria, originari di un piccolo comune dell’Appennino marchigiano (Sant’Angelo in Vado), in Provincia di Pesaro e Urbino. Gli studi prima e le opportunità professionali poi negli anni ci hanno portato altrove, ma siamo sempre rimasti legati ai nostri luoghi, tanto che adesso tutti e tre, anche grazie alla crescita del progetto Happennino, ci siamo riavvicinati “a casa”. Cinque anni fa casualmente ci siamo ritrovati e, tra un ricordo e l’altro, ha preso forma un’idea.

Gli organizzatori di Happennino festival

Gli organizzatori di Happennino festival

Che idea?
O, meglio, un sogno, di quelli che da subito fanno luccicare gli occhi: unire le nostre competenze (tutti e tre siamo professionisti nel campo della comunicazione e dell’organizzazione di eventi) e il nostro amore per il territorio per progettare un festival culturale diffuso in Appennino. La nostra associazione è nata nel 2018 dalla convinzione e dalla necessità che anche nei piccoli paesi d’Appennino qualcosa di nuovo, energico e vitale possa accadere – dal verbo inglese to happen, appunto – andando oltre una visione nostalgica e tradizionale dell’Appennino. E così, sempre nel 2018, ha preso forma la prima edizione di Happennino – Festival dell’Entroterra che coinvolge, a oggi, i cinque comuni marchigiani di Peglio, Sant’Angelo in Vado, Mercatello sul Metauro, Borgo Pace, Piobbico.

Chiesa di San Francesco, Mercatello sul Metauro. Happennino festival

Chiesa di San Francesco, Mercatello sul Metauro. Happennino festival

Cosa rappresentano per voi questi territori?
L’Appennino è una terra di frontiera, un affascinante e misterioso “non luogo”. L’Appennino non è montagna, non è (certamente) mare, non è vicino a grandi città né a grandi centri culturali. Le tradizioni sono l’anima storica delle nostre zone, luoghi in cui c’è una profonda sapienza artigianale e umana. Ma anche le tradizioni devono sapersi contaminare con la contemporaneità di nuovi linguaggi, format, contenuti; devono saper parlare alla nostra generazione e alle generazioni dopo di noi, che altrimenti difficilmente troveranno desiderabile restare nelle aree interne. In questi anni sono stati ospiti del nostro festival, tra gli altri: La Rappresentante di Lista, Giovanni Lindo Ferretti, Franco Arminio, Iosonouncane, Marco Paolini, Enrico Brizzi, Dardust, Lonely Planet, Airbnb, Nada; ospiti e realtà portatori di storie, visioni, ispirazioni per il nostro entroterra e capaci di attivare e animare il nostro territorio in modo nuovo, suggestivo, inedito, trasformando luoghi millenari – borghi, abbazie, fiumi, crinali – in contenitori e scenografie di esperienze contemporanee e significative al giorno d’oggi.

Abbazia San Michele Arcangelo, Borgo Pace. Happennino festival

Abbazia San Michele Arcangelo, Borgo Pace. Happennino festival

Ciò che sicuramente vi distingue da altri eventi culturali simili è il timingHappennino nasce cinque anni fa, quando il tema del ripopolamento dei borghi era sicuramente meno scontato e inflazionato rispetto a oggi. Qual è la mission della rassegna?
Sin dall’inizio la nostra mission è sempre stata quella di “far accadere”, promuovendo un palinsesto di attività ed eventi variegato e ad alto profilo culturale e artistico. La nostra intuizione vincente, forse, è stata quella di comprendere – prima che la pandemia lo mettesse definitivamente in luce – che essere “piccoli” può essere un valore e non solo uno svantaggio, perché la fruizione di esperienze e di eventi culturali e artistici nei luoghi piccoli aumenta il valore stesso dell’esperienza: la rende autentica, sincera, intima, annulla la distanza tra l’artista/ospite e il pubblico; tutto si fonde e si avvicina nel contatto umano tra persone e nel contatto con i luoghi.

Marlene Kuntz. Ph Michele Piazza

Marlene Kuntz. Ph Michele Piazza

La pandemia sicuramente ha messo in luce la fragilità di alcuni modelli di crescita e sviluppo, e ha dato una spinta a ripensare o immaginare un modo alternativo di abitare e vivere i territori. In che modo sapremo interpretare e vincere questa sfida è ancora tutto da vedere.

Come la cultura può porre freno allo spopolamento dei borghi dell’Appennino marchigiano, e più in generale dell’entroterra italiano?
Il tema dello spopolamento è un tema delicato, vivere in Appennino è difficile, diciamoci la verità. Si è lontani da tutto (città, aeroporti, stazioni, autostrade), i servizi vengono accentrati nelle città più grandi, le imprese e le piccole attività fanno fatica a restare competitive in un contesto economico così mutevole. Ma c’è anche una forma di spopolamento “culturale e intellettuale”: i cinema e le librerie chiudono, gli eventi e le iniziative culturali sono quasi sempre tesi a rievocare (e replicare) il passato, e questo blocca l’immaginazione e la progettualità sul futuro. Ecco, noi con il nostro festival proviamo a intervenire qui, in questo segmento, che è culturale e non politico. Perché la cultura ha la capacità di trasformare i luoghi, i territori e chi li abita/vive. La cultura ispira, fa vedere il bello, produce energia, creatività e, quindi, cambiamento. Nel nostro piccolo, siamo riusciti in un’impresa rivoluzionaria: mettere insieme amministrazioni diverse in un progetto comune, che mette in comunicazione e avvicina luoghi con luoghi, persone con persone, nel segno della cultura, dell’arte e della partecipazione.

ANDREA COLAMEDICI CON MAURA GANCITANO

ANDREA COLAMEDICI CON MAURA GANCITANO

Il programma di quest’anno è, più delle altre edizioni, all’insegna della trasversalità. C’è il cantautorato di Vasco Brondi, Maurizio Carucci e dei Marlene Kuntz, le riflessioni sui temi del presente insieme ai due fondatori di Tlon, il rapporto tra architettura e paesaggio con Valentina Torrente di Mario Cucinella Architects, e un’esperienza a contatto con la natura da vivere con Andrea Boscherini. Un calendario di eventi (pochi e mirati) che, oltre a far divertire il pubblico, vuole creare momenti effettivi di confronto, ispirazione e lavoro pratico sul futuro di questi luoghi.
Abbiamo da subito avuto ben chiara una cosa: che Happennino dovesse avere un carattere diffuso e multidisciplinare. Diffuso nello spazio, per mettere e tenere insieme luoghi altrimenti troppo piccoli e isolati tra loro; multidisciplinare per allargare la narrazione, la fruizione e l’esperienza dei nostri luoghi. L’obiettivo del nostro festival è coinvolgere un pubblico ampio e variegato dal punto di vista anagrafico, geografico e di interessi. I nostri luoghi sono così piccoli che sono già una nicchia; il programma di Happennino deve rompere questo schema e rendere la nostra manifestazione competitiva sul piano dei grandi festival ed eventi nazionali e, perché no, anche internazionali. Tenendo però sempre ben presenti due aspetti.

Vasco Brondi

Vasco Brondi

Ovvero?
Il primo è che per noi gli ospiti non sono mai fine a se stessi. Certo, avere nomi importanti e noti ci aiuta ad attrarre pubblico e aumentare l’attenzione della stampa. Ma gli ospiti, gli artisti, i relatori di Happennino sono selezionati tra i massimi rappresentanti nazionali di riferimento sulle tematiche trattate dal festival, e devono essere portatori di ispirazioni, visioni, riflessioni e testimonial di autenticità. Il secondo aspetto è che il nostro non è (e non dovrà mai diventare) un festival “di massa”, di grandi numeri. A noi bastano 500 persone per fare “sold out”. E così deve continuare a essere, sia per essere coerenti con gli obiettivi e con la mission originari, sia per essere veramente sostenibili – altra espressione oggi un po’ inflazionata. La sostenibilità non può essere solo uno slogan, deve diventare consapevolezza e sensibilità pratica e concreta sull’impatto che le nostre azioni provocano sull’ambiente.

Che non si tratta di un festival “usa e getta”, d’altronde, lo dimostra Scuola di Futuro, il workshop di formazione concepito per fornire competenze per la programmazione e la gestione dei piccoli territori. Tra le novità di quest’anno è sicuramente quella che meglio sintetizza la vostra volontà di lasciare un segno tangibile su queste comunità…
La Scuola di Futuro è un progetto nuovo, che inaugureremo proprio in occasione della quinta edizione di Happennino. Nei tre giorni di Happennino tutto il nostro territorio si attiva e si trasforma, liberando un’energia e una creatività fortissime. Noi vorremmo che questa energia, questa consapevolezza di trasformazione e cambiamento diventasse sistemica, penetrasse in profondità nel territorio, anche quando le luci del festival si spengono e tutto torna “come prima”. Da qui la volontà di attivare in occasione del festival anche un percorso di formazione, che per ora prenderà forma come progetto-pilota, ma che ci auguriamo possa diventare un progetto continuativo e duraturo nel tempo.

Nel concreto?
Scuola di Futuro sarà un laboratorio di co-progettazione territoriale per portare nuove energie sul tavolo del futuro delle aree interne. La Scuola avrà un approccio molto pratico e concreto. Abbiamo selezionato i quaranta partecipanti della nostra Scuola attraverso una open call nazionale che ci ha restituito centinaia di candidature. È davvero emozionante vedere quante persone ogni giorno si impegnino per i propri territori e con quanta tenacia, passione, coraggio, entusiasmo. La nostra Scuola, così come tutto il nostro festival, è dedicata proprio a questo entusiasmo.

– Alex Urso

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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