La prima volta del Padiglione Italia alla Biennale di Gwangju. Intervista alla direttrice
C’è anche l’Italia, per la prima volta con un suo Padiglione, alla quattordicesima edizione della Biennale di Gwangju, in Corea del Sud. Ne abbiamo parlato con la direttrice artistica del Padiglione Valentina Buzzi, che ci rivela il tema del progetto italiano, sviluppato attorno alla metafora dell’acquanic
Con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura a Seoul, il nostro Paese partecipa per la prima volta alla Biennale di Gwangju (in corso fino al 9 luglio 2023), giunta alla quattordicesima edizione. La mostra What does water dream, when it sleeps? ci propone di immaginare il nostro pianeta come un luogo di resistenza, convivenza, solidarietà e cura. La direttrice artistica del Padiglione Italia, Valentina Buzzi (ricercatrice, docente, art advisor e curatrice con sede a Seoul) ci racconta il progetto nei suoi dettagli.
INTERVISTA A VALENTINA BUZZI, DIRETTRICE ARTISTICA DEL PADIGLIONE ITALIA ALLA BIENNALE DI GWANGJU
Qual è stato il punto di partenza per il Padiglione Italia?
Con l’Istituto Italiano di Cultura abbiamo voluto rimanere fedeli al tema dell’esposizione centrale, intitolata Soft and Weak Like Water. Temi come il post-antropocentrismo, la sostenibilità, la trasformazione, lo scorrere dell’acqua come elemento metaforico per contesti locali e al contempo universali, sono stati punti cardine per la ricerca e conseguente selezione degli artisti. Ma volevamo anche un padiglione che potesse rappresentare il nostro contesto artistico contemporaneo. In Corea l’idea sulla nostra arte è spesso ancora vincolata al Rinascimento o all’arte classica. Volevamo portare una nuova immagine di come l’arte è trattata dalle nuove generazioni di artisti.
Quindi chi sono gli artisti coinvolti, e come sono stati selezionati?
Con il direttore dell’IIC, Michela Linda Magri, e grazie anche al confronto con addetti ai lavori, abbiamo passato in rassegna diversi artisti. La prima selezionata è stata Camilla Alberti, vincitrice del concorso pubblico del Ministero degli Affari Esteri Cantica21, con destinazione Seoul. È approdata in Corea per una residenza artistica di oltre tre mesi offerta nel campus di Ansan, dove, in collaborazione con l’accademia e i suoi studenti, ha realizzate le opere esposte a Gwangju.
Qual è la linea artistica del Padiglione?
I punti cardine sono i concetti di cambiamento e trasformazione, intesi in chiave sia locale sia universale, raccontati tramite la metafora dell’acqua, capace di nutrire ma anche di distruggere. Camilla Alberti, con l’istallazione Learning in Disbinding (2023) immagina nuove mitologie di ibridazione e coesistenza, dove il concetto di “mostro” guadagna un’accezione positiva, come figura al di fuori di ogni definizione; l’opera icono-sonora Foreign Bodies (2017 – 2022) di Yuval Avital parla della dissonanza tra umanità e natura in maniera archetipale e immersiva; le sculture cinetico-sonore di Marco Barotti, Clams (2019) creano un soundscape microtonale e una serie di movimenti capaci di variare in relazione alla qualità delle acque dei fiumi di Gwangju, registrata dall’artista nei giorni precedenti della mostra; Agnes Questionmark, con la performance Drowned in Living Waters (2023) e la scultura Draco Piscis (2023), suggerisce di riabbracciare il rapporto con l’acqua in virtù della sua forza generatrice e in relazione alle sue capacità trasformative; Fabio Roncato presenta infine l’opera Follow Me (2023), prodotta durante una residenza a Gwangju e ispirata ai movimenti rivoluzionari del 1980 che portarono la democrazia in Corea del Sud. I nove vasi in gesso alabastrino, realizzati in collaborazione con artigiani coreani “onggi”, sono stati erosi dai corsi d’acqua locali, come inno a un cambiamento lento e costante, in connessione con la comprensione del territorio e la sua traslazione su un piano universale.
Dunque indagini diverse che contribuiscono a restituire una visione corale…
La visione d’insieme del padiglione presenta un forte richiamo alla complessità e alla possibilità di raccontare temi importanti tramite la potenza evocativa dell’arte, che permette la rappresentazione di architetture future nel contesto del presente. Le riflessioni, informate da pensatori come Eraclito, che guarda alla virtù cosmologica e intrinseca del cambiamento, o Elisabeth Grosz, che ci ricorda la possibilità di poter diventare qualcosa di diverso da noi, invitano i visitatori a un viaggio metaforico e metamorfico attraverso una coscienza locale e collettiva capace di riesaminare ciò che siamo in rapporto a noi stessi e a cosa ci circonda.
Ci sono differenze, fra l’Asia e l’Europa, su come la coscienza ecologica degli artisti si è sviluppata e agisce?
Apparentemente sembrerebbe che siano agli antipodi, ma ormai ci troviamo in un momento storico in cui artisti sensibili alla coscienza ecologica lavorano in maniera molto simile, sfruttando le potenzialità evocative dell’arte, lavorando con materiali nuovi – come i funghi e le muffe – in collaborazione con scienziati, e giocando nel rappresentare modi alternativi di vita e coesistenza sul nostro pianeta. È molto interessante vedere come pratiche simili si incontrano e si informano, grazie a programmi di residenze, ad esempio.
Cosa può fare il mondo dell’arte per rompere la logica dell’antropocentrismo, che tanti problemi sta causando all’equilibrio naturale?
Penso che la risposta sia molto semplice: l’arte instilla la rappresentazione di ciò che non esiste. Ciò permette agli artisti di portare in campo idee, logiche, paradigmi ancora non attivati. Un altro importante fattore è le sempre più stretta collaborazione fra artisti e scienziati: da un lato, permette al pubblico di comprendere concetti complessi tramite il linguaggio sensoriale dell’arte; dall’altro, le capacità speculative dell’arte permettono lo stimolo di idee e pensieri ancora non esplorati.
In Italia, il mondo dell’arte è sufficientemente ascoltato dalla politica, quando interviene nel dibattito per la salvaguardia dell’ambiente?
Tramite il Padiglione Italiano, rappresentiamo un modo di essere dell’Italia che ha già assunto da tempo una posizione molto forte nei confronti dei temi a salvaguardia dell’ambiente, anche in virtù dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’idea di essere presenti in un Paese asiatico, e per la prima volta con un padiglione italiano a una biennale prestigiosa come quella di Gwangju, e la possibilità di far vedere un’altra faccia dell’Italia raccontata tramite le nuove generazioni di artisti, permette di far arrivare ancora di più questa posizione sul tema.
Niccolò Lucarelli
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