Cambi in corso nella cultura a Bologna. Opera Laboratori prende in gestione i musei di Genus Bononiae
All’inizio del 2024, Fondazione Carisbo rendeva nota l’intenzione di esternalizzare la gestione del circuito museale nato 20 anni fa per valorizzare il patrimonio immobiliare storico di Bologna. Ad aggiudicarsi il bando è la società fiorentina già presente in moltissime realtà culturali d’Italia
Si chiude con l’elezione di un nome più che consolidato nell’ambito della gestione museale la partita che deciderà il prossimo futuro del circuito Genus Bononiae. È Opera Laboratori, società fiorentina che vanta un fatturato di circa 70 milioni di euro e mille dipendenti impiegati, ad aggiudicarsi il bando promosso nel mese di marzo da Fondazione Carisbo, che al progetto culturale in oggetto ha dato vita nel 2003, con visione lungimirante e innovativa, grazie all’intuizione di Fabrizio Roversi Monaco (che ha lasciato la presidenza di Genus Bononiae tre anni fa).
Il circuito Genus Bononiae. Dall’intuizione alle difficoltà economiche
Allora, la Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna inaugurava un percorso diffuso nello spazio urbano, un itinerario bolognese per riunire luoghi storici della città – Palazzo Fava, Casa Saraceni, Palazzo Pepoli, la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, San Colombano, Santa Maria della Vita – restaurati e riaperti al pubblico; contenitori e fulcro di un’offerta culturale trasversale e capace di attivare nuove connessioni tra pubblico e privato.
La storia recente di Genus Bononiae parla invece di serie difficoltà economiche – il circuito, che in passato fruttava 12 milioni l’anno, nell’ultimo anno ne ha fatturati 3 – che hanno indotto Fondazione Carisbo a esternalizzare la gestione del progetto museale, con la pubblicazione di un avviso per manifestazione d’interesse rivolto a operatori specializzati e relativo alla “alla valorizzazione dei quattro (dei cinque originari, ndr) siti museali e dei servizi complementari, mediante la presentazione di progetti di gestione integrata e sinergica”.
Dunque non una dismissione del patrimonio – fatta eccezione per il Museo della Storia della città di Palazzo Pepoli, chiuso tra le polemiche per destinare l’edificio a nuovi progetti, in comodato d’uso gratuito al Comune di Bologna – ma un tentativo per dargli nuovo slancio, liberandosi di costi di gestione sempre più esosi non ripagati dal numero di presenze (l’intenzione di Fondazione Carisbo è ora quella di investire più fondi nel sociale). Con il rischio, paventato da un fronte di detrattori piuttosto nutrito, che l’operazione potesse determinare un inevitabile impoverimento della scena culturale bolognese.
L’accordo tra Fondazione Carisbo e Opera Laboratori per Genus Bononiae
La scelta di un soggetto “con competenze di significativa qualità” come Opera Laboratori, però, apre l’orizzonte a scenari più incoraggianti. Con Fondazione Carisbo, la Spa fiorentina – specializzata in gestione museale, marketing territoriale, produzione di mostre ed eventi, progettazione di allestimenti, presente in oltre 60 realtà culturali italiane, dalla Pinacoteca di Brera agli Uffizi, al Parco Archeologico di Pompei, al Complesso del Duomo di Siena, al MAXXI (di cui gestisce i servizi aggiuntivi) e dotata di una sua casa editrice – ha siglato una partnership quadriennale di collaborazione nel campo dell’arte e della cultura per la gestione e valorizzazione di Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni, San Colombano – Collezione Tagliavini, complesso monumentale di Santa Maria della Vita, San Giorgio in Poggiale – Biblioteca d’Arte e di Storia.
Nello specifico, la collaborazione porterà alla realizzazione di iniziative di qualità programmate presso le quattro sedi museali, con attenzione alle Collezioni della Fondazione, promuovendo nuove opportunità per accrescere l’attrattività del territorio metropolitano di Bologna. L’accordo, inoltre, prevede una gestione integrata e sinergica dei servizi complementari dei plessi museali, con investimenti mirati a valorizzare la specifica vocazione di ciascuna sede. L’obiettivo è quello di giungere a un nuovo modello di gestione e valorizzazione, rinnovando contenuti e produzione e perseguendo la sostenibilità degli obiettivi.
Il futuro di Genus Bononiae con Opera Laboratori
Curiosamente nate nello stesso anno – il 1991 – le due realtà fanno quindi sistema su una progettazione culturale di lungo periodo. Per Patrizia Pasini, Presidente della Fondazione Carisbo, si punta a promuovere “una nuova visione di museo come autentico centro di produzione e non più soltanto inteso come luogo da visitare, con l’obiettivo di valorizzare un progetto promosso dalla Fondazione molti anni fa e che oggi necessita di rinnovarsi quale risorsa strategica del territorio”. E la durata pluriennale dell’accordo testimonia l’intenzione di produrre benefici concreti in ottica di “sostenibilità sociale, economica e ambientale”. Una specifica è riservata al personale museale, di cui il nuovo accordo riconosce professionalità e competenze “riconoscendone il ruolo nella produzione di contenuti culturali di qualità funzionali agli scopi sociali”.
Allineato è Giuseppe Costa, Presidente di Opera Laboratori, che legge il nuovo impegno per Genus Bononiae come “una sfida che ci permetterà di portare la nostra esperienza trentennale in una città storica come Bologna (dove Opera già cura il bookshop del MamBo, da ottobre 2023, ndr)”. Come si procederà? “La ricchezza del Genus Bononiae ci impone un impegno ancora maggiore nel restituire alla fruizione questi musei e palazzi storici con una chiave di lettura che consenta un dialogo continuo tra passato e presente. Come sempre opereremo rispettando collezioni e monumenti testimonianza di cultura e bellezza e lo faremo attraverso le persone”.
Ancora problemi per il futuro di Palazzo Pepoli
In via Castiglioni, invece, prosegue l’epopea di Palazzo Pepoli. La dismissione del patrimonio dell’ormai ex Museo della Storia della città continua a far discutere, e ora anche l’architetto e designer Mario Bellini, che del museo aveva curato l’allestimento insieme a Italo Lupi, si pronuncia contro uno smantellamento giudicato poco accurato e ingiustificato. In una lettera inviata alla soprintendente di Bologna Francesca Tomba, Bellini definisce “incomprensibile la decisione del Comune di cancellare un intero museo, inaugurato solo nel 2012, a oggi attivo e frequentato” e “in quanto titolare dell’opera architettonica e del suo progetto richiamo il mio diritto d’autore su di esso e che ne venga tutelata la paternità e l’integrità”. L’avvio dovuto di un’istruttoria, con l’eventualità che la protesta si riveli fondata e che debba intervenire la commissione che analizza il diritto d’autore degli artisti viventi, bloccherà temporaneamente il piano di risistemazione stabilito dal Comune, che entro il 2026 vorrebbe trasferire a Palazzo Pepoli il Museo Morandi, ma già nel 2025 avrebbe intenzione di allestire nell’edificio uno spazio dedicato al mondo dell’immaginazione, gestito attraverso Bologna Welcome.
Livia Montagnoli
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