A Roma lo storico bar Necci compie 100 anni. Intervista al proprietario
Nel cuore del Pigneto una famiglia di imprenditori acquisisce nel 2020 la proprietà di un antico bar ed eredita un ipogeo di epoca romana rimasto nell’ombra per molti anni. A cento anni dell’apertura il neo proprietario ci racconta la storia e i progetti futuri
Originariamente un’antica masseria, il Necci dal 1924 incarna il fascino di un’epoca passata. Diventato negli Anni Venti un piccolo bar di quartiere, il locale è noto anche per aver fornito gli arredi a Pier Paolo Pasolini per girare il suo film Accattone nel 1961. Oggi questo bistrot (aperto a tutte le ore del giorno) si prepara per una nuova avventura. Infatti, in occasione del centenario della sua fondazione, abbiamo parlato con Massimo Innocenti, imprenditore romano che, insieme alla sua compagna Agathe Jaubourg e ad altri membri della famiglia, gestisce a Roma una rete di strutture ricettive e diversi locali.
La storia del bar “Necci 1924”. L’intervista a Massimo Innocenti
Nato a Londra nel 1972, sei cresciuto a Roma in una famiglia di imprenditori le cui carriere sono nate nel mondo dell’hôtellerie inglese degli Anni Sessanta. Dopo aver studiato Lingue e Letterature Straniere alla Sapienza, hai proseguito con studi di cinema al Birkbeck College di Londra. Cosa ti ha spinto a tornare a Roma dopo gli studi?
Sentivo che in Italia c’erano molte opportunità e avevo voglia di fare l’imprenditore, sarà forse il DNA di famiglia.
Da quanto tempo tu e Agathe lavorate insieme?
Ci siamo conosciuti alla fine degli anni Novanta e abbiamo aperto diversi locali, incluso il Necci.
Raccontaci le origini del Necci…
Negli Anni Venti il signor Enrico Necci, bracciante di campagna, si innamorò di una fatiscente masseria appartenuta alla Tenuta Roncaglia. Necci, originario di Acuto, acquistò l’edificio e nel 1924 lo ristrutturò, trasformandolo prima in una latteria, poi in un bar e successivamente nella “Gelateria Impero”.
Hai notizie del signor Necci?
Sicuramente era un benefattore, sappiamo che aprì le porte del suo ipogeo per ospitare molte famiglie durante la guerra. Morì nel 1944, colpito da una granata durante i combattimenti per la liberazione di Roma.
L’ipogeo romano al bar Necci: da deposito a rifugio
Parliamo dell’ipogeo. Lo scavo, era aperto fino agli Anni Cinquanta?
Sì, la famiglia Necci lo usava come deposito, ma dopo la guerra fu coperto e dimenticato.
Come siete riusciti a scoprirlo?
Dopo la morte del signor Necci il bar fu portato avanti dai figli Pietro e Luigi fino al 2007, quando lo rilevai io con la mia famiglia. In quel periodo gli abitanti della zona e la famiglia Necci ci parlarono di un misterioso rifugio sotto il bar, ma nessuno sapeva dirci dove si trovasse. Nel 2020, diventando proprietari, abbiamo scoperto dai documenti che la proprietà includeva una stalla e un ipogeo, descritto come “grotta”. Approfittando della chiusura per la pandemia, abbiamo iniziato a scavare nei punti in cui avevamo trovato indizi.
Quali sono le origini di questa cava?
I Romani scavarono molti cunicoli a Roma per estrarre la pozzolana, un materiale edilizio. Dal II Secolo d.C. la tecnica di costruzione cambiò, dando inizio a una storia di utilizzi vari delle cave. Oltre alle famose catacombe, sono state usate come discariche, fungaie e rifugi antiaerei negli Anni Quaranta. In epoche precedenti, invece, venivano utilizzate anche come cantine o depositi; ad esempio, tra il 1700 e il 1800, l’antica tenuta Roncaglia lo usava per conservare botti di vino.
Come avete organizzato i lavori di ristrutturazione?
Ci sono voluti otto mesi. L’unica parte in buone condizioni era una scalinata storica risalente alla fine del Settecento, con scivoli per le botti. Abbiamo usato la pozzolana per creare il calcestruzzo con cui abbiamo realizzato la passerella centrale e le scale.
Il bar Necci dal 1924 ad oggi: il centenario e la mostra
Com’è cambiato il Necci da quando lo avete acquisito?
Era un piccolo bar con un biliardo frequentato da uomini che bevevano birre Peroni e caffè. Conserviamo una foto dell’interno per ricordarne la storia. Io e lo chef Benjamin Hirst lo abbiamo trasformato in un bistrot e abbiamo collaborato fino al 2014. Oggi lavoro con il pasticcere Alessandro Capotosti e Shain Gazi, ex allievo di Hirst.
Come avete celebrato il centenario del Necci?
Abbiamo organizzato concerti e mostre. Nell’ipogeo abbiamo allestito due esposizioni (aperte fino al 6 ottobre 2024). La prima, Cent’anni di foto al Pigneto e dintorni, raccoglie immagini del quartiere e di aree limitrofe dal 1870 al 1970. La seconda, Incontri al bar. Dieci artisti raccontano un luogo, presenta opere di dieci artisti, illustratori e artigiani ispirate al Necci, sia come luogo fisico che come simbolo.
Come hai reperito le immagini fotografiche per la mostra?
Ho consultato diversi archivi: l’Istituto Luce, l’Alma Mater di Bologna, l’Archivio Capitolino e la Biblioteca Hertziana, la National Archives and Records Administration, Washington, l’Archivio della Società Cooperativa Termini, Roma.
Il futuro del bar Necci a Roma
Parlami dell’ultima novità: i locali in apertura vicino al Necci.
Tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, apriremo un nuovo complesso al Pigneto, composto da quattro locali. Tre di questi si affacceranno su una piazza ricavata dall’ex cortile di una carrozzeria. Uno sarà un forno pubblico, dove sposteremo il nostro laboratorio attuale, permettendo ai clienti di prendere pane e dolci da asporto o consumarli in piazza. Ci sarà anche un’enoteca aperta la sera, esclusi i weekend, e un negozio di ceramica in subaffitto agli Utol, un duo di ceramisti già presenti sul territorio con un altro negozio a Via Fortebraccio. Il quarto locale, che aprirà più tardi, sarà una sala eventi per concerti, stand-up comedy e altre attività che ora non possiamo ospitare al Necci, dato lo spazio limitato.
Perché non consideri l’ipotesi di aprire un locale al Pigneto che possa ospitare mostre di arte contemporanea?
Non escludo la possibilità di creare spazi esclusivamente dedicati all’arte; abbiamo già individuato un possibile locale per una piccola galleria.
Quindi hai in programma di diventare un mecenate nel prossimo futuro?
Eh magari, ci proviamo…
Donatella Giordano
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati