Come cambia il programma di residenze per curatori alla Fondazione Sandretto
Uno dei programmi di residenza per curatori più longevi di Italia si rinnova e adotta un format ricco di novità. A spiegarle è Michele Bertolino coordinatore e tutor in questa intervista

A diciannove anni dalla sua nascita lo Young Curators Residency Programme (YCRP), noto programma di residenze curatoriali fondato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nel 2007, si rinnova; e, mantenendo fede alla sua duplice mission di sviluppare competenze professionali e critiche di curatorə emergenti e promuovere a livello internazionale gli artistə italiani, introduce importanti cambiamenti. Ne abbiamo parlato con Michele Bertolino, curatore e ricercatore attivo tra Torino e Roma, che, in quanto coordinatore e tutor del programma, ci ha spiegato le ragioni e le peculiarità di questo mutamento.
Intervista a Michele Bertolino coordinatore e tutor del YCRP
Ci può innanzitutto illustrare le ragioni per cui avete ritenuto necessario un cambiamento?
Certamente, come sa lo YCRP nasce nel 2007 e quest’anno è alla sua 19ª edizione. Un’edizione che naturalmente si svolge in un contesto molto diverso da quello in cui è nato e si è sviluppato. Come anticipato, il programma ha l’obiettivo primario di offrire agli artistə italianə emergenti una piattaforma istituzionale per acquisire e accrescere la loro visibilità all’estero. Esigenza dovuta al fatto che, nel 2007 non esistevano realtà come l’Italian Council o il PAC. Insomma, non c’era alcun supporto nazionale agli artisti che volevano affacciarsi all’estero.
Così la Fondazione fu un vero apripista…
Sì. Invitando curatori internazionali in Italia, con l’idea che poi, rientrati nei loro paesi, avrebbero continuato a lavorare con gli artisti conosciuti qui. Oggi il panorama è completamente diverso, vuoi perché in Italia ci sono più strumenti per la mobilità artistica; vuoi perché la stessa curatela ha subito un mutamento, diventando più specifica, di ricerca. Certo, YCRP è sempre stato molto attento a rispondere tempestivamente ai cambiamenti del sistema dell’arte, dal punto di vista sia curatoriale sia artistico, ma adesso abbiamo sentito che era giunto il momento di una trasformazione radicale.
A cosa è dovuta questa scelta?
Abbiamo adottato il nuovo format per rafforzare la nostra mission in linea con le nuove esigenze sviluppate dal sistema. Il programma si è sempre distinto per l’offrire a curatorə emergenti un primo banco di prova istituzionale attraverso la realizzazione di un progetto espositivo. Ecco, con il nuovo format quest’opportunità si radicalizza ulteriormente perché la residenza non si concluderà con un progetto corale, ma con tre mostre, realizzate individualmente da ciascuna curatrice che quest’anno sono: Ursula Pokorny; Kittima Chareeprasit e Yueh-Ning Lee.
Quali gli altri obiettivi?
La creazione di reti e relazioni, legami profondi tra professionisti dell’arte italiana e internazionale che contiamo, in questo modo, di rafforzare maggiormente. Quindi, con l’introduzione delle novità, YCRP ribadisce e conferma la sua identità, dal momento che conferendo ad ogni curatrice il compito di realizzare una propria mostra, insiste ancora di più sulla costruzione di legami diretti tra curatrici e artisti.
YCRP si compone di tre fasi interconnesse. La prima è dedicata alla ricerca attraverso revisioni di portfolio, studio visit online e incontri con curatori, storici dell’arte e critici italiani, per fornire alle partecipanti una conoscenza del contesto locale. Da dove attingete il materiale?
Considerando la longevità del programma, ci avvaliamo di un database molto fornito, costruito negli anni e aggiornato costantemente dai tutor con gli artisti, più o meno emergenti, attivi in Italia. Si tratta di una ricerca svolta dal tutor insieme al Dipartimento Curatoriale della Fondazione, attento a monitorare quanto accade in Italia a livello di istituzioni, spazi indipendenti, gallerie, musei, artist space. Oggi disponiamo di oltre 500 portfoli, divisi e organizzati per regioni; un’eredità dovuta anche alla natura itinerante del progetto che prevede un viaggio in Italia. Ovviamente in un primo momento era un database cartaceo, oggi è in digitale.
Come sono strutturati gli incontri con curatori, storici dell’arte e critici italiani?
In effetti, un’altra novità rilevante risiede nella maggior attenzione posta sulle modalità di approccio delle curatrici all’Italia e al sistema italiano. A tal fine abbiamo strutturato la YCRPS ovvero una sorta di Scuola, nell’ambito della quale ho organizzato una serie di lectures con esponenti di spicco del panorama dell’arte e della cultura italiana. Storici dell’arte, curatori ma anche, exhibition designer e giornalisti. Poi ho organizzato lezioni di storia dell’arte sugli anni ‘70, ‘80, ‘90 e i primi anni 2000; sulle pratiche artistiche italiane contemporanee legate al femminismo, all’ecologia, alla curatela, al time based e al performativo. Parallelamente, abbiamo predisposto una bibliografia molto ampia, con volumi di storia, sociologia, psicologia, filosofia, oltre che di storia dell’arte.
A tal proposito, com’è strutturata la residenza itinerante, seconda fase del YCRP?
L’idea è che durante il mese di studio le curatrici andranno a sviluppare più specificatamente i loro interessi nel sistema italiano individuando gli artisti su cui catalizzare l’attenzione. Quindi, il viaggio sarà un’ulteriore occasione di approfondimento. Noi abbiamo progettato un itinerario con tappe nelle classiche città del sistema italiano, anche per facilitare le pratiche di tutoring e feedback. Milano, Venezia, Bolzano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Sulla base di questo percorso abbiamo pianificato una serie di visite e incontri istituzionali in fondazioni, musei, gallerie, per offrire una mappa quanto più rappresentativa delle singole città. Poi, ciascuna curatrice, in base ai propri interessi, incontrerà in studio visit artisti di cui desidera approfondire la pratica.
Quindi, seguirà la terza e ultima fase del YCRP con la realizzazione dei tre progetti espositivi…
Esattamente, una fase su cui ancora non posso dire nulla dal momento che si tratta di un percorso in fieri. Certo, mi preme sottolineare che questo è il cambiamento più rappresentativo del nuovo format. Perché prima si faceva una mostra unica, curata coralmente; da quest’anno, invece, le curatrici saranno singolarmente responsabili del proprio progetto che potrà essere una personale o una bi-personale. Come anticipato si tratta di una novità introdotta per creare un legame ancora più stretto tra curatrici e artisti. Trattandosi di curatrici attentamente selezionate e già con rilevanti esperienze e ricerche alle spalle siamo certi degli esiti positivi di questa “sperimentazione”. In particolare, Ursula Pokorny, di Vienna, è interessata alla dimensione dell’architettura, dello spazio urbano, al rapporto con la città. La tailandese Kittima Chareeprasit, curatrice presso il MAIIAM Contemporary Art Museum di Chiang Mai e MAIELIE a Khon Kaen, dal 2016 ha co-fondato Waiting You Curator Lab, un laboratorio curatoriale sperimentale e una casa editrice di libri d’artista, tematica su cui tutt’ora verte la sua ricerca. Mentre, Yueh-Ning Lee, curatrice indipendente e ricercatrice attiva tra Taipei e Londra, esercita una curatela che esplora le intersezioni tra politiche del corpo, ecologia e tecnologia, con particolare attenzione alla vulnerabilità e alla precarietà come capacità rigenerative all’interno del sé fluido. Insomma, si tratta di tre curatrici con profili ben definiti che, immagino emergeranno nelle loro mostre la cui inaugurazione è prevista per il 24 maggio 2025.
Ludovica Palmieri
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