La Polonia di Miroslaw Balka
L’undicesima lettera di Maria Rosa Sossai è indirizzata ad Ania Jagiello, responsabile del programma d’arte contemporanea dell’Istituto Polacco di Roma. Dopo un viaggio di studio nel Paese, cosa resta impresso è la forza di un artista come Miroslaw Balka.
Cara Ania,
grazie davvero per avermi invitato al viaggio di studio svoltosi nelle città di Varsavia e Lodz e avermi così dato la possibilità di conoscere da vicino la scena artistica polacca. Parlando con il gruppo di curatori che ha partecipato con me alla visita, è emersa la comune percezione di un Paese che considera i propri artisti come un bene prezioso da custodire e soprattutto su cui investire. I direttori e i curatori di gallerie, musei e fondazioni polacchi che abbiamo incontrato hanno dimostrato di avere a cuore le sorti artistiche del loro Paese. È stata un’importante lezione su come è possibile costruire un sistema dell’arte capace di supportare in modo efficace i propri artisti, soprattutto in ambito internazionale.
Ciò che però mi ha colpito di più è stato l’incontro con Miroslaw Balka e le parole con le quali ha spiegato le ragioni che lo hanno convinto a lasciare l’attività di insegnamento presso la
Rijksakademie di Amsterdam e a tornare in Polonia per accettare la cattedra prima all’Accademia di Poznan e poi all’Accademia di Varsavia: “Considero l’insegnamento una responsabilità nei confronti dei miei colleghi più giovani [così ha definito i suoi studenti]. Non mi considero un maestro. Sono loro i maestri di se stessi e il compito che li aspetta è quello di capire il luogo dove si trovano. Il nostro comune interesse non è tanto il prodotto finale ma il processo. Penso inoltre, a proposito del crescente numero di artisti, che ci sia posto per tutti. Quello che vorrei trasmettere è l’importanza del pensiero e poi dell’azione”.
Durante l’ora e mezza dell’incontro, seduti nell’aula dove tiene le lezioni, Balka ci ha parlato della sua esperienza didattica mostrando i lavori realizzati dagli studenti. Quando due anni fa l’Accademia di Varsavia ha chiamato Balka a insegnare, l’artista ha avuto garanzie di una certa flessibilità e l’impegno di un investimento economico che gli ha permesso di portare con sé un’assistente e l’istituzione di un nuovo Dipartimento dei media e scenografia; alla notizia del suo trasferimento, alcuni suoi studenti di Poznan lo hanno seguito nella nuova destinazione. Quello che Balka intende creare è una pratica della condivisione, per questo le sue lezioni sono concentrate in un solo giorno della settimana dalla mattina alla sera. Otto ore di fila durante le quali trenta studenti stanno insieme, progettano, studiano, discutono, mangiano, vedono film, si confrontano tra di loro e con Balka.
Dato che coloro che vorrebbero frequentare il suo corso sono molti di più di quelli previsti, a inizio anno l’artista fa delle selezioni basate sul livello di motivazione di ciascuno di loro. In tal modo però assicura ai partecipanti la possibilità di vivere un’esperienza di crescita umana e artistica unica ma collettiva al tempo stesso. La sua esperienza di artista-docente a mio avviso merita di essere raccontata, perché è un esempio virtuoso di come le accademie possano concretamente diventare centri di ricerca e poli di sperimentazione capaci di attirare i migliori artisti e i migliori studenti.
Sono certa che anche nel nostro Paese gli artisti, se fossero messi nelle condizioni di poterlo fare, risponderebbero con generosità a un invito delle accademie a dare il loro contributo per migliorare la condizione dell’arte in Italia. Proprio come ha fatto Miroslaw Balka in Polonia.
Maria Rosa Sossai
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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