Affaire Villa Medici. Roma non è un cimitero del passato
Il dibattito sul futuro dell’Accademia Francese a Roma, e di conseguenza sulla sua splendida sede, Villa Medici, coinvolge naturalmente anche le istituzioni d’oltralpe. Qui di seguito trovate la lettera aperta che Giovanni Lista, studioso che vive a Parigi ormai da decenni, ha invito al senatore André Gattolin, relatore dell’ormai famigerato “rapporto” sulle attività dell’Accademia.
Caro Signore,
faccio seguito a ciò che le ho detto durante la colazione riassumendo qui le mie idee.
Chiudere Villa Medici e venderla significherebbe, per la cultura francese, recidere le proprie radici, quando invece oggi bisogna fare di tutto per ravvivare la linfa di queste stesse radici, le quali hanno fatto la specificità culturale e artistica dell’Europa e soprattutto della Francia.
C’è stata un’epoca in cui Roma era il centro del mondo, poi l’epoca in cui i musei e le meraviglie di Roma erano i parametri assoluti in materia d’arte e creatività; occorre ora aprire una nuova fase facendo di Villa Medici una piattaforma di scambi tra la Francia e l’Italia, poiché soltanto pensando e ripensando Roma e l’Italia che la Francia potrà sfuggire a un’americanizzazione trionfante. Rilegga Stendhal sull’eccesso di spirito analitico e cerebrale dell’arte francese e fin dove il sensuale e il sensibile dell’arte italiana possono apportarle la necessaria correzione.
Come le ho detto, dal punto di vista italiano i borsisti si comportano con uno spirito coloniale: trascorrono il loro soggiorno chiusi nella villa o in visita solitaria nei musei, evitando ogni confronto diretto con gli indigeni. Come se Roma non avesse più niente da dire al di là del suo passato, mentre invece c’è una vita intellettuale e artistica, dei luoghi di produzione e un collezionismo di altissimo livello, ivi compreso nell’arte contemporanea. E lei non fa che continuare con lo stesso spirito quando raccomanda “appuntamenti regolari tra il pubblico francese e i borsisti” [sic], cosa che sarebbe totalmente inutile. Al contrario, bisognerebbe letteralmente “obbligare” i borsisti allo scambio con gli italiani. I musicisti potrebbero presentare le loro ricerche o tenere un corso agli allievi dell’ultimo anno dell’Accademia di Santa Cecilia, gli storici dell’arte potrebbero tenere un corso all’Accademia di Belle Arti spiegando obiettivi e metodi dei loro studi, gli artisti potrebbero esporre con gli artisti italiani ecc. È necessario promuovere una stretta collaborazione con le istituzioni e il ministero italiano per avviare tutte le iniziative comuni che possono rilanciare lo scambio franco-italiano.
Chi si candida in Francia dovrebbe giustificare la necessità di vivere il suo soggiorno a Roma in termini di vita attiva, di un ritorno alle origini culturali che non sia limitato a un cimitero del passato, poiché non avrebbe senso. Roma non è più un museo a cielo aperto come diceva Quatremère de Quincy. E un borsista non deve concepire il suo soggiorno a Roma come turismo di lunga durata. L’artista o il ricercatore che va a Villa Medici deve assumersi dei rischi, impegnarsi in una comunicazione diretta con gli italiani, spiegare loro perché è a Roma, l’orientamento del suo lavoro e in cosa Roma gli è indispensabile.
Il Prix de Rome dovrebbe essere un premio franco-italiano ed è di fronte al pubblico italiano che bisognerebbe organizzare degli appuntamenti regolari.
Resto a sua disposizione per ogni eventualità.
Cordialmente,
Giovanni Lista
Cher Monsieur,
je fais suite à ce que je vous ai dit lors du petit déjeuner en résumant ici mes idées.
Fermer la Villa Médicis et la vendre serait, pour la culture française, se couper de ses propres racines alors que, au contraire, il faut aujourd’hui tout faire pour raviver la sève de ces racines qui ont fait la spécificité culturelle et artistique de l’Europe et surtout de la France.
Il y a eu l’époque où Rome était le centre du monde, puis l’époque où les musées et les merveilles de Rome étaient les paramètres absolus en matière d’art et de création, il faut maintenant ouvrir une nouvelle phase en faisant de la Villa Médicis une plateforme des échanges entre la France et l’Italie, car c’est uniquement en pensant et repensant Rome et l’Italie que la France pourra échapper à une américanisation triomphante. Relisez Stendhal sur l’excès d’esprit analytique et cérébral de l’art français et jusqu’où le sensuel et le sensible de l’art italien peuvent lui apporter la correction nécessaire.
Comme je vous ai dit, du point de vue italien les pensionnaires se comportent avec un esprit colonial, ils passent leur séjour enfermés dans la villa ou en visite solitaire dans les musées en évitant toute confrontation directe avec les indigènes. Comme si Rome n’avait plus rien à dire au-delà de son passé alors qu’il y a une vie intellectuelle et artistique, des ateliers de création et un collectionnisme de très haut niveau, y compris dans l’art contemporain. Et vous ne faites que continuer avec le même esprit en préconisant « la tenue d’un rendez-vous régulier entre le public français et les pensionnaires » [sic], ce qui serait totalement inutile. Il faut en revanche littéralement « obliger » les pensionnaires à l’échange avec les Italiens. Les musiciens pourraient présenter leurs recherches ou tenir un cours aux élèves en dernière année de l’académie de Santa Cecilia à Rome, les historiens de l’art pourraient tenir un cours sur le pourquoi et le comment de leurs études à l’Académie des Beaux-Arts à Rome, les artistes pourraient exposer avec les artistes italiens, etc. Il faut promouvoir une collaboration étroite avec les institutions et le ministère italiens pour mettre en œuvre toutes les initiatives communes qui peuvent relancer l’échange franco-italien.
Ceux qui posent une candidature en France devraient justifier la nécessité de vivre leur séjour à Rome en termes de vie vivante, d’un ressourcement culturel qui ne soit pas limité à un cimetière du passé car cela n’a pas de sens. Rome n’est plus un musée à ciel ouvert comme disait Quatremère de Quincy. Et un pensionnaire ne doit pas concevoir son séjour à Rome comme du tourisme de longue durée. L’artiste ou le chercheur qui se rend à la Villa Médicis doit prendre des risques, s’impliquer dans une communication directe avec les Italiens, leur expliquer pourquoi Rome, l’orientation de son travail et en quoi Rome lui est indispensable.
Le Prix de Rome devrait être un prix franco-italien et c’est devant le public italien que l’on devrait organiser la tenue d’un rendez-vous régulier.
Je me tient à votre disposition pour toute éventualité.
Cordialement,
Giovanni Lista
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati