Riformare la formazione. L’editoriale di Fabio Severino
Quali caratteristiche devono avere i metodi formativi per essere davvero efficaci? Non bastano l’eccellenza dei contenuti e la professionalità dei docenti, è necessaria anche una buona accoglienza psicologica. Per coinvolgere in maniera attiva lo studente nella sua stessa formazione.
La formazione è un tratto distintivo degli Stati che investono su se stessi. Educare la società significa costruire il presente e porre le basi per il futuro. Ogni genere di disagio proviene dall’ignoranza. Non quella dovuta al non essere andati a scuola – la formazione istituzionalizzata – ma dal disinteresse a imparare, conoscere e scoprire gli strumenti necessari alla comprensione della vita e dell’altro. I Paesi con la più alta qualità della vita, in termini di benessere sociale, sono i più istruiti e il ciclo scolastico è di grande qualità, sia dal punto di vista infrastrutturale che dei servizi. E sono sempre più questi ultimi a fare la differenza. Mentre in Italia il massimo dell’attenzione che si pone allo sviluppo della formazione riguarda la qualità didattica: tipologia dei contenuti, modelli di insegnamento e tutt’al più competenza dei docenti. All’estero si pone invece grande attenzione al benessere durante gli studi. Non parliamo soltanto dei servizi infrastrutturali: campus, biblioteche, tecnologie, sport. Si sono già diffuse forme più evolute di cura dello studente. Servizi di counseling, ad esempio, non focalizzati nelle scelte curriculari o sugli sbocchi occupazionali, ma sulle modalità di inserimento dello studente non solo nel tessuto sociale, quanto nella vita stessa. Il rapporto con gli altri, con il dovere, le proprie ambizioni e frustrazioni.
“Ma la vera frontiera per l’Italia è l’accoglienza psicologica. Accompagnare lungo tutto il ciclo formativo (e in questo c’è anche la “formazione continua”) affinché si facciano scelte con consapevolezza, si sappiano affrontare i fallimenti, si sappia essere competitivi con sé e con gli altri, nei confini del benessere e della crescita personali”.
Un buono studente deriva dal suo grado di serenità psicofisica. Da una parte l’inserimento sociale, e quindi quanto questi si possa sentire accolto in una comunità, da cui passano i servizi tradizionali: lo studentato, le attività extracurriculari, l’accessibilità anche economica. Già su questo il sistema italiano è carente: si pensi a quanto poco c’è nelle scuole di eccellenza, ma anche nei vari gradi scolastici, che favorisca ad esempio la mobilità nazionale, le scelte per vocazione e interesse piuttosto che per accessibilità e prossimità. Ma la vera frontiera per l’Italia è l’accoglienza psicologica. Accompagnare lungo tutto il ciclo formativo (e in questo c’è anche la “formazione continua”) affinché si facciano scelte con consapevolezza, si sappiano affrontare i fallimenti, si sappia essere competitivi con sé e con gli altri, nei confini del benessere e della crescita personali, senza sfociare nell’alienazione o nell’inaridimento sociale e affettivo. Il sistema formativo italiano, ma potremmo dire europeo, che si è sempre caratterizzato per un grande attenzione ai contenuti e alla loro qualità, all’eccellenza del metodo didattico e del suo estensore, oggi è di fronte a una grande sfida. Chiedersi, capire ed entrare veramente in contatto col discente – che non è più solo il destinatario della formazione, ne è anche il coproduttore – con un’emotività che è parte fondante del percorso formativo.
‒ Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #38
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