L’arte fra i banchi di scuola. Intervista a Mus-e
In mostra a Genova la restituzione alla città di un progetto internazionale che ha portato più di mille artisti contemporanei nelle scuole, alla scoperta delle potenzialità umane dell'arte. Abbiamo intervistato gli artisti che lavorano al progetto.
Mus-e (da Musique Europe) è una realtà che coniuga la ricerca artistica contemporanea all’esperienza pedagogico-creativa e che lavora sull’interazione tra arte contemporanea e didattica, restituendo alla collettività progetti come quello della mostra ospitata dal Museo/ Chiostro di Sant’Agostino, a Genova.
Abbiamo fatto una chiacchierata con gli artisti che lavorano al progetto, per conoscere da vicino questa realtà e capire meglio quello che fanno. Hanno risposto alle nostre domande, a nome di tutto il gruppo genovese, Rossana Antiga coordinatrice artistica, Ale Cavalli e Stefania Schubeyr, artiste visive, Olivia Giovannini, performer e danzatrice, e Francesca Pasini, musicista.
Domanda ad ampio raggio: ci raccontate, dal punto di vista degli artisti che lavorano al progetto, cos’è e cosa fa Mus-e?
Stefania Schubeyr: Il progetto Mus-e nasce nel 1994, in Svizzera, da un’idea del violinista e direttore d’orchestra Yehudi Menuhin. Il suo grande sogno era quello di portare la pace nel mondo attraverso la musica e l’arte. Un sogno bellissimo, che condividiamo e che vogliamo portare avanti.
Olivia Giovannini: In Italia il progetto è attivo dal 1999 e consiste nel portare all’interno dell’orario scolastico, in maniera del tutto gratuita, esperienze creative durante le quali gli insegnanti vengono affiancati da artisti professionisti che operano in diversi settori, quali l’arte visiva, la danza, il teatro, la musica, il canto.
Rossana Antiga: Mus-e è un percorso artistico multiculturale che si prefigge di promuovere l’integrazione e la facilitazione della comunicazione dei bambini immigrati o con difficili situazioni socio-familiari nella scuola primaria e dell’infanzia.
Il nostro obiettivo è abbattere, attraverso l’intervento artistico, l’emarginazione e il disagio partendo dalla vita a scuola. Valorizzando le diversità, si orientano i bambini alla scoperta e alla conoscenza di sé e dell’identità altrui. L’idea non è di insegnare “la tecnica” o di impartire delle nozioni, ma attraverso stimoli e proposte si educano i bambini a un’istruzione dinamica e aperta. L’Arte diventa strumento di comunicazione e linguaggio comune. Al benessere complessivo dei bambini si può contribuire con offerte educative che stimolano e sviluppano conoscenze e competenze complementari a quelle acquisite durante il tradizionale percorso scolastico. Una crescita più armonica dei bambini, inoltre, riduce i rischi di abbandono della scuola in età adolescenziale.
Siamo in un periodo storico in cui, tra le discipline scolastiche, l’arte, soprattutto quella contemporanea, spesso non viene affrontata con la giusta importanza.
In che misura e in quali termini pensate che, invece, un lavoro interdisciplinare come il vostro possa essere uno stimolo educativo dal punto di vista di conoscenze acquisite e abilità sviluppate?
Francesca Pasini: Parlare ai bambini con linguaggi artistici è oggi una esperienza che li può sconcertare.Spesso, la comunicazione a cui sono abituati è frammentaria, povera e fatta di cliché, inoltre spesso, all’interno della scuola, è solo finalizzata allo scopo di portare all’acquisizione di competenze. Noi suggeriamo invece un approccio che non pensa agli obiettivi finali, ma parte da loro, da ciascuno di loro, così come sono.
Ale Cavalli: Noi per contro cerchiamo di continuare a dare voce alla loro parte creativa, tanto preziosa per crescere. Nel contesto Mus-e Genova, dove l’interdisciplinarietà è fortemente voluta, la sinergia fra gli artisti e i bambini è altamente costruttiva, più che educativa in senso stretto. L’esperienza creativa, soprattutto se condivisa, costruisce legami fra le varie personalità e vede le differenze come un valore.
F. P.: Musicalmente i bambini oggi hanno spesso due limiti: non sanno ascoltare e si esprimono attraverso schemi altrui. Sul primo aspetto i laboratori musicali aiutano a recuperare una qualità della comunicazione primaria, perché senza ascolto non si può comprendere e, successivamente, propongono un percorso di interazione. Sul condizionamento, il lavoro in sinergia con altri linguaggi artistici è fantastico perché rompe gli schemi tout court conducendo i bambini alla ricerca di risposte davvero personali e originali. Ecco quindi il valore di poter indicare ai piccoli la via della conoscenza di sé, che porta a un’autentica espressività artistica, e non solo.
Come impostate il lavoro nelle classi con le quali collaborate? Qual’ è il punto di partenza e quali gli obiettivi work in progress?
O. G.: Gli artisti Mus-e progettano insieme il laboratorio partendo da un tema o da uno spunto, che viene affrontato e definito anche con le maestre, in base alle necessità del loro gruppo-classe. La grande ricchezza di Mus-e Genova è quella dell’interdisciplinarietà: ogni artista ha i suoi metodi nel proprio campo, ma qui si mette ulteriormente in gioco, prima di tutto nell’incontro con colleghi di diverse aree artistiche (nelle classi sono attivi team formati da danzatori, artisti visivi e musicisti) e poi nell’incontro con i gruppi di bimbi: bisogna essere spesso in grado di scegliere, in tempo reale e sul campo, strade alternative rispetto a quelle pensate, per adattare il lavoro in base ai bisogni e ai desideri del gruppo che si ha di fronte.
Gli obiettivi non sono quelli di insegnare singole discipline artistiche ma di trasmettere ai bambini la bellezza di potersi arricchire attraverso gli altri ‒ cosa che a noi accade in prima persona attraverso il costante confronto con colleghi che lavorano con altri linguaggi artistici: l’arte, in questo caso, non è la “nostra” singola specificità o talento o zona d’azione ma, piuttosto, quello spazio nuovo che nasce miracolosamente tra “quello che so fare io e quello che sai fare tu”. Lì ci sono le possibilità per incontrarsi e incontrare i bambini.
F. P.: Da artisti, ma ancor prima come persone, diamo ai bambini e alle maestre l’esempio che nella differenza si sta bene, si cresce. Il lavoro più faticoso infatti è quello iniziale: conoscersi, armonizzarsi, studiare strade comuni di espressività e di comunicazione, senza prevaricazioni e sbilanciamenti. Poi chiediamo alla classe di mettersi in gioco e di scoprirsi come un unico equipaggio che, divertendosi in amicizia, crea potenzialità espressive e artistiche. Naturalmente, così, anche chi ha “un passo diverso” si sente all’interno di questo processo di costruzione evolutiva, che ha una partenza e anche una fine previste, che lascia aperte molte possibilità, per assecondare le peculiarità dei componenti della classe e le loro evoluzioni, senza costringere ma guidando e accompagnando.
Domanda inversa: qual è l’approccio che hanno con voi e con le vostre proposte di lavoro i bambini con i quali interagite?
A. C.: Dipende molto dalle maestre: se partecipano, se si mettono alla pari, i bambini e le bambine sono molto attivi, aperti e disponibili a farsi coinvolgere nei giochi che proponiamo; capita che, a volte, i bimbi siano schermati e giudicanti ‒ in questo caso, anche se solo un elemento ha questa tendenza, il gruppo si ferma.
O. G.: I bambini sono creativi per natura ma, non avendo ancora consapevolezza di ciò, vanno stimolati: non basta dir loro “fai quello che vuoi”, ma se si trovano le chiavi giuste di comunicazione allora si hanno dei feedback costruttivi. I bambini non hanno bisogno di eccessive spiegazioni concettuali, sono abituati ad agire e stanno al gioco: se si è con loro in questo, con una presenza piena, viva e vitale ma rispettosa del loro spazio ‒ e se si è consapevoli delle proposte fatte ‒, loro rispondono e insieme si trovano strade inedite. Nell’ambito della danza contemporanea si sviluppa la tecnica del “campo”: si improvvisa all’interno di una struttura globale, attraverso regole di gioco stabilite che possono essere creativamente cambiate in progress, arrivando a delle composizioni coreografiche istantanee. Il “campo” risulta applicabile a tutti i linguaggi artistici e utile con i bambini perché permette di trasmettere loro il concetto che, all’interno di una struttura data, concertata e condivisa dal gruppo, si può trovare la propria libertà creativa, che non è “caos” ma consapevolezza del gioco, e che questo gioco può avere infinite varianti grazie al contributo di tutti.
F. P.: In ambito musicale spesso i bambini si imbarazzano a utilizzare strumenti e voce in un contesto di silenzio e attenzione che favorisca l’espressività e l’ascolto.
Li guida la curiosità, ma, nello stesso tempo, la libertà di suonare qualcosa che non conoscono a volte li blocca. La difficoltà sta nell’ascoltare prima se stessi e poi nel dar voce alla propria individualità utilizzando gli strumenti musicali. Superata la fase iniziale, le varie “voci” vanno ad armonizzarsi o a scontrarsi (!) con quelle degli altri bambini. Anche la proposta di brani musicali inusuali per le loro orecchie è sempre una esperienza di scoperta: prima di tutto di reazione a nuovi stimoli e poi di percezione, perché possono risultare loro più o meno piacevoli, buffi, noiosi, divertenti, attivanti, rilassanti… Certo è che quando una esperienza li attrae chiedono a gran voce di poterla rivivere!
Un artista che opera nel settore da molti anni, come gli artisti del circuito Mus-e, che ha acquisito la sua identità e con alle spalle un background di conoscenze importante, come affronta il lavoro e l’interazione con realtà ancora così acerbe e spontanee?
S. S.: È sempre una scoperta, una meraviglia incontrare i bambini. Proprio perché così spontanei e, come dici tu, “acerbi”, ti trasmettono quel tocco poetico che un adulto spesso non possiede più. I bambini sono generosi e ti regalano sguardi (e abbracci), ma anche “prove” da superare, che per un artista sono vere sfide per andare in profondità, per cercare di restituire e costruire insieme un vero lavoro artistico, spesso di qualità alta e a volte sperimentale. Il più grande limite è che in realtà c’è poco tempo per radicare queste potenzialità di lavoro coi bimbi.
O. G.: Lavorare con i bambini significa, per prima cosa, avere una forte consapevolezza del proprio percorso. Poi significa mettere tale esperienza al “servizio” di chi si ha di fronte e sapersi modificare strada facendo. Significa saper “vedere” l’altro, cogliere in modo empatico piccole reazioni alle proposte fatte, ri-modellare, ascoltare cosa cambia e via così. Ma soprattutto significa esserci, a volte anche “svuotandosi” dei propri concetti artistici, mantenere un proprio centro stabile, ma dare fiducia a quello che accade. Significa rendere il proprio background e la propria formazione una sostanza, forte ma fluida, in grado di attraversare situazioni sconosciute.
Ci parlate del concept del progetto Mus-e sì mostra, Documenti dell’immaginario?
A. C. e S. S.: Il progetto nasce come una proposta di documentazione e reportage video-fotografico di un momento di festa insieme a maestri, ragazzi e genitori avvenuto al termine del primo anno di partecipazione ai laboratori. Mossi dal desiderio di iniziare un dialogo con la città, (da qui MUS-E SÌ, affermativo, MOSTRA) abbiamo pensato di raccontare attraverso le immagini la gioia e la bellezza dei bambini mentre mostrano un estratto del lavoro fatto durante l’anno. Nella programmazione del percorso del 2016 abbiamo chiesto a ogni classe coinvolta in questo primo anno del progetto di giocare con l’aiuto delle maestre e degli artisti su un grande telo di stoffa, portando le sue emozioni e impressioni sul tema proposto (specifico per ogni classe), come fosse un diario di bordo (da qui Documenti dell’immaginario). Il risultato sono i grandi teli dipinti e disegnati, che i bambini hanno usato anche durante le feste, con diverse funzioni, in senso interdisciplinare, comunque uno spazio sospeso dove solo chi conosce il gioco può entrare. La scelta delle ville genovesi come scenario di questi happening/giochi è stata dettata dal desiderio di operare a contatto con la natura e dalla volontà di entrare in connessione con luoghi di importanza storica e architettonica, oramai piccole oasi nel frastuono cittadino.
I lavori proposti, oltre a un contenuto e a un potere espressivo, hanno anche un valore estetico. Mi piace pensare che il bello possa nascere anche da un gesto semplice e inconsapevole. Quanto ha da imparare l’arte contemporanea da queste realtà?
A. C., O. G. e F. P.: Moltissimo, i bimbi, se sono rilassati durante la lezione, esprimono continui colpi di genio, soprattutto quei ragazzi che stentano a stare nelle regole che la scuola impartisce, ad esempio, i bimbi che posseggono diversi sistemi di apprendimento. Le regole sono principi importanti per i bambini, ma devono poter essere adattate a ogni loro differenza e caratteristica e non vissute come diktat rigidi, immutabili e universali. Dare una regola è un’ottima via perché vanga “infranta” per creare qualcosa di nuovo e personale! Saper riconoscere quando una regola viene oltrepassata in modo creativo è tra i compiti di un artista che lavora con i bambini.
L’arte contemporanea può attingere da questa esperienza: la “tecnica” è molto importante, ma bisogna anche saperla superare se si riesce a cogliere la bellezza di qualcosa che sembra, apparentemente, un errore. Con i bimbi emerge la potenzialità creativa di quello che, comunemente, può sembrare uno “sbaglio”. Lo scambio di stimoli e conoscenze che si innescano in progress, riconosciuti e valorizzati, è una buona base per crescere centrati ma liberi. Oggi l’educazione al bello non è una priorità; invece dovrebbe esserlo, perché abituarsi sin da piccoli a vedere e ascoltare “brutture” significa diventare adulti incapaci di vedere le sproporzioni e le disarmonie fuori, ma anche dentro di sé. Le arti educano i bambini a questo processo, facendoli diventare più esigenti e più attenti, e la società ha bisogno di tutto questo.
Cosa dobbiamo aspettarci nel futuro da Mus-e?
F. P.: Sarebbe auspicabile che, nel futuro, Mus-e potesse diventare un progetto permanente nella scuola, presente per tutto il ciclo della primaria, che potesse prevedere incontri formativi anche per le maestre che vi partecipano, per condividerne l’approccio e la metodologia e, infine, che potesse coinvolgere di più anche le famiglie, per aiutarle a cogliere la ricchezza espressiva dei propri figli al di fuori di un contesto di apprendimento puro come quello scolastico.
Così gli artisti di Mus-e spiegano come le motivazioni estetiche assumono coscienza anche in rapporto alla potenza dei riferimenti socio-culturali, e come un metodo di lavoro e una poetica inclusiva possono aprire l’arte contemporanea a collaborazioni interdisciplinari. Il valore e la necessità di un’indagine eterogenea, di pensieri e di strumenti, procede verso una dimensione internazionale e, al contempo, anche tenacemente radicata sul territorio, determinando, con divertita consapevolezza, un’ideale coesione tra arte e realtà.
‒ Maura Ghiselli
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