Didattica e ricordo. Il Museo per la Memoria di Ustica a Bologna
La didattica è un aspetto fondamentale, specie nella cornice di un museo che parla di memoria. Come quello bolognese intitolato alla strage di Ustica.
“Considero Bologna la città educativa per eccellenza per quella sua capacità che da sempre ha di raccontarsi, di tramandare la memoria collettiva, di riflettere su ste stessa … Mi incanto ogni qual volta, scendendo dal treno, scorgo classi in visita dietro il vetro del muro deflagrato, e così oggi, in un ideale percorso, voglio portarvi in un museo che tutti dovrebbero visitare”. Sono queste le parole con cui Daniela Dalla, del dipartimento educativo del MAMbo, accompagna la visita al Museo per la Memoria di Ustica.
Cosa significa, in termini di impegno emotivo e professionale, lavorare in un museo così unico, dove i termini raccontare, memoria e testimonianza si concretizzano intorno a un vero e proprio corpo-relitto?
Significa rivivere ogni volta un’esperienza intensa, di memoria partecipata, dove il ricordo ha una forma concreta e tangibile attraverso la presenza dei resti del DC9, e una dimensione evocativa attraverso le 81 luci e voci che animano l’installazione di Boltanski. Dal punto di vista professionale significa trasmettere il valore della ricerca della verità come esercizio di affermazione della democrazia.
Come ci si prepara a raccontare una tale tragedia e quali le strategie adottate per i più piccoli e per i giovani adolescenti?
Fondamentale è la conoscenza della poetica dell’artista, Christian Boltanski, delle altre opere che ha realizzato e di altri esempi di pratiche artistiche in cui la memoria diventa partecipata.
È importante la conoscenza puntuale dei fatti e un continuo aggiornamento sugli sviluppi delle vicende giudiziarie, anche grazie al confronto con l’Associazione parenti delle vittime. I nostri percorsi sono rivolti ad adolescenti e ragazzi delle scuole secondarie di I e II grado; affrontano il tema del ruolo della memoria nella società contemporanea e invitano, attraverso l’analisi di racconti diversi di fatti di cronaca, alla riflessione sul delicato equilibrio tra oggettività e soggettività dell’informazione.
Come l’arte contemporanea e gli artisti interagiscono, supportano e danno voce alle “assenze” di cui è pieno il museo?
Christian Boltanski ha affrontato il tema del dolore e della memoria attraverso la testimonianza del relitto e degli oggetti quotidiani posseduti dalle vittime e custoditi in grandi casse. Specchi, luci e voci evocano la presenza delle vittime e acquistano un carattere universale, diventando strumento della memoria contro l’oblio. Altri artisti hanno contribuito e contribuiscono a riflettere su queste tematiche attraverso i linguaggi universali dell’arte, della musica e del teatro nell’ambito della rassegna estiva Attorno al Museo, che ha inizio in prossimità dell’anniversario del giorno della strage.
Quali le reazioni degli studenti il cui vissuto si allontana sempre più dai fatti e dagli eventi conseguenti?
Il grande coinvolgimento emotivo iniziale, dovuto alla potenza comunicativa dell’installazione, è seguito dall’esigenza intellettuale di provare a trovare le risposte alle molte domande che inevitabilmente sorgono. Gli studenti rispondono alle proposta con grande attenzione alla narrazione dei fatti e con grande partecipazione alle attività laboratoriali, dove la storia della Strage di Ustica è pretesto per una riflessione più ampia sulla ricostruzione della verità di fatti di cronaca, anche più vicini cronologicamente.
Negli anni sono state attivate collaborazioni con altri musei o dipartimenti educativi?
Il museo ha partecipato a numerosi progetti in collaborazione con le scuole secondarie di Bologna e con altre istituzioni culturali del territorio. A partire dal 2018 è attivo un progetto di pulitura e manutenzione del DC9 progettato e realizzato dagli studenti e dai professori del corso di restauro dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
‒ Annalisa Trasatti
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