Didattica e musei. Parola al MAXXI di Roma
Prosegue la nostra ricognizione sui dipartimenti didattici dei musei nazionali. Stavolta tocca al MAXXI di Roma.
Ancora Roma, ancora didattica del contemporaneo. Siamo al MAXXI con Sofia Bilotta del Dipartimento Public Engagement, reduce dal grande successo della mostra su Maria Lai.
Il MAXXI è reduce da una mostra che ha riscosso un meritatissimo successo dedicata a Maria Lai. Quali le proposte ideate e come ha reagito il pubblico?
La mostra Maria Lai. Tenendo per mano il sole è stata l’occasione per approfondire la sperimentazione che avevo avviato nel 2017, introducendo nelle attività educative del MAXXI I Luoghi dell’arte a portata di mano, quattro mazzi di carte da gioco che Lai aveva pubblicato nel 2002 “per argomentare sul fare, leggere e ridefinire l’arte”. Le carte per l’arte sono sia un’opera che uno strumento educativo e hanno potenzialità straordinarie ancora in parte inesplorate.
Tra le proposte un importante rilievo hanno avuto le visite tattili in collaborazione con l’Associazione Museum? Come sono state organizzate e quale l’esperienza con il pubblico ipo e non vedente?
Quando l’Associazione Museum ci chiese di esplorare tattilmente le opere in mostra, immaginai, insieme a Giulia Foscolo, Ascoltare la materia, un percorso tattile introdotto dalle carte del mazzo Luoghi simbolici: categorie visive universali individuate e descritte da Lai per accompagnare lo spettatore nella lettura formale dell’arte. Verificammo che le categorie funzionavano perfettamente, con minime trasposizioni, anche nella dimensione tattile. Con il supporto di tavole polimateriche realizzate allo scopo, i partecipanti si appropriavano di categorie compositive e materiche che poi ritrovavano con soddisfazione toccando gli originali. Il secondo progetto, Omaggio a Maria Lai. Libri tattili e opere in Braille, era una piccola selezione di materiali in dialogo con il lavoro di Lai, esposti direttamente in mostra negli ultimi due giorni. Il progetto nasceva dalla collaborazione con la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi Onlus e il suo Ufficio Libri Tattili diretto da Pietro Vecchiarelli. L’obiettivo era, da un lato, valorizzare la dimensione artistica e la qualità estetica dell’editoria tattile, dall’altro dare a tutti i visitatori della mostra, dopo tanto guardare, la possibilità di toccare e interagire con le opere.
Spiegati meglio.
Si parte dall’assunto che tutti i visitatori hanno un profondo bisogno di entrare in relazione con la dimensione materica delle opere, poiché il tatto è una strategia di apprendimento fondamentale per chiunque, pertanto va reintegrata nel museo ogni volta che è possibile. L’accessibilità è una esigenza universale e dovrebbe essere un approccio sistemico del museo. Da questa consapevolezza nasce la metodologia dell’Ufficio Public Engagement, che guido solo dal 2019, e nasce anche la convinzione che la partecipazione di persone con disabilità o in condizioni di marginalità sia necessaria per sviluppare strategie inclusive per tutti. Adottare punti di vista diversi e approcci percettivi specifici, riconoscendo a chi ne è portatore pari dignità, apre nuove possibilità di interpretazione critica e poetica delle opere e dello spazio. I progetti quindi si incentrano sulla progettazione partecipata e inclusiva e la restituzione a tutti i pubblici del museo di azioni e oggetti accessibili.
Quali altri pubblici cerca di raggiungere il dipartimento da te diretto e con quali strategie?
I pubblici coinvolti nei progetti di Public Engagement sono tanti quanti le persone che per motivi diversi restano ai margini della vita culturale, rinunciando a esercitare una parte fondamentale del proprio diritto alla cittadinanza attiva e democratica. Collaboriamo con numerose associazioni ed enti del terzo settore impegnati nel sostegno a persone con disabilità, migranti, degenti nelle strutture di cura, caregiver, bambini e donne in situazioni di fragilità. Sono in tanti oggi a riconoscere al museo la sua vocazione sociale e a chiedergli di essere agente di trasformazione. Nel rispondere a queste richieste il museo si impegna a costruire, attraverso relazioni e progetti, una comunità museale più forte, ampia e inclusiva.
Quanto il lavoro dietro le quinte?
Il Dipartimento Ricerca, Educazione e Formazione è una delle quattro “gambe” che sostengono il MAXXI ed è una struttura complessa. Spesso i progetti sono il risultato di collaborazioni di più uffici, come nel caso dei corsi di formazione, nei quali si incrociano e sovrappongono strategie, spazi e strumenti. Gli spazi sono un tema fondamentale in un museo e quelli per le attività extra espositive non sono mai abbastanza. Per questo, e per la specificità dei pubblici con cui lavoro, ho fatto la scelta di usare arredi mobili, tavoli e sedute che portino le attività, anche quelle laboratoriali, direttamente nelle gallerie espositive. Fuori posto. Laboratori in galleria sono attività che mettono al centro il diritto/esigenza delle persone con disabilità o in condizioni di fragilità di trovare la massima accoglienza nello spazio museale, risparmiando il tempo e la fatica di lunghi spostamenti ed evitando di disperdere la concentrazione e i risultati costruiti in presenza delle opere.
Il MAXXI sta sempre più rafforzando il suo ruolo di ente formatore, attrezzando nuovi spazi educativi e proponendo corsi in collaborazione anche con il Dipartimento didattico diretto da Marta Morelli. Quali i prossimi progetti nel cassetto e i linguaggi che pensate sempre più di sondare?
Ne sono esempio alcuni progetti in cantiere: il workshop di modellazione condotto dalla scultrice cieca Rosella Frittelli sull’opera di Margherita Moscardini The Fountains of Za’atary, nella mostra in corso Real_Italy, i cui prodotti saranno offerti al tatto dei visitatori; il percorso multimediale sull’architettura del MAXXI progettato con persone sorde e cieche; la mappatura del paesaggio sonoro del museo e del contesto urbano guidata da Antoni Abbad e condivisa su Blind Wiki; il progetto di mediazione interculturale della collezione permanente.
‒ Annalisa Trasatti
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