Didattica a distanza: non solo pessimismo
Abbiamo pubblicato anche su queste pagine una serie di critiche agli strumenti messi a disposizione degli insegnanti per la didattica a distanza. Eppure non tutto è negativo. Lo dimostrano queste riflessioni di Antonello Tolve, a sua volta docente.
Dei tanti articoli che nelle ultime settimane leggiamo sulla didattica online e sulle manovre attuative che il “nostro buon Governo” sta formulando per organizzare al meglio i piani di e-learning, sono davvero pochi quelli in cui si intravedono pillole di ottimismo in un momento già di per sé compromesso dalle preoccupazioni e pressioni dell’emergenza sanitaria: la stragrande maggioranza delle opinioni firmate da Tizio Caio o Sempronio mirano a colpire e criticare le iniziative statali, a evidenziare gli insuccessi e le inefficienze del Ministero dell’Istruzione e del suo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, a umiliare un operato che si liquida come troppo lento e, secondo i magnifici editorialisti di settore, troppo “fragile”, troppo “obsoleto”, troppo “impreparato” o troppo “male organizzato”. Siamo in una situazione drammatica, forse bisogna ricordarlo per inciso, c’è gente che muore e famiglie che dopo questo periodo non saranno più le stesse per il semplice motivo che non si tornerà alla “normalità”.
Certamente i tagli degli ultimi decenni a istruzione e cultura in Italia (come non pensare al taglio del servizio sanitario nazionale?) sono il risultato chiaro – chiarissimo – di un progetto d’analfabetizzazione strumentale e di un programma aziendale che cerca di creare lobotomizzazioni utili al consenso e al salvaposto dei pochi, ma non è il caso di rinnovare anche in questo periodo buio della storia l’ormai trita e ritrita lamentela sugli effetti del cattivo Governo sin troppo visibili (Ambrogio Lorenzetti realizzò i suoi affreschi tra il 1338 e il 1339 per ispirare l’operato e le virtù civili in coloro che si riunivano a Siena nelle sale di Palazzo Pubblico: la maggioranza delle strombettature attuali arriva forse a qualche anticamera ministeriale?). Siamo tutti d’accordo – e non possiamo non esserlo – nel dire che il nostro piano scolastico è sofferente e mancante in qualità e quantità, ma puntare l’indice contro un sistema fantasma e continuare a bersagliare il suo ingranaggio ormai guasto per alleviare l’incazzatura personale non cambia affatto lo stato delle cose perché a cambiarlo, lo stato delle cose, sono tutti quei cittadini (mi riferisco in primis a coloro che lavorano nel settore sanitario a cui dovremmo fare tutti un grande monumento) che, tra le mille difficoltà, escono di casa e si recano al loro posto di lavoro per far fronte a questo problema collettivo diventato, tra l’altro, quasi una moda mediatica.
E-LEARNING. LE LAMENTELE
Sul piano che riguarda più da vicino i concreti problemi dell’istruzione online, sono davvero pietosi tutti quegli interventi di docenti – in questo caso circoscrivo al settore dell’arte – che se ne escono fuori con una spicciola filosofia del tipo “l’esperienza diretta con le opere d’arte non è sostituibile” (Longhi faceva lezione con le diapositive), “dobbiamo imparare in tempi velocissimi a usare gli strumenti telematici” (ma davvero? e di tutti i corsi di aggiornamento a cui sono stati sottoposti-sollecitati i docenti di ogni ordine e grado non è rimasto nulla?) o anche “il tutto richiede maggiori sforzi” (di che tipo? cerebrali per chi è cerebroleso?), “una faticaccia” (stare davanti al computer?): andrebbe ricordato che la categoria insegnante è privilegiata, che a fine mese lo stipendio viene regolarmente accreditato, che non abbiamo perso il lavoro da un giorno all’altro (anch’io sono un docente) e dunque che dovremmo svolgerlo senza lamentarci troppo, anzi con uno spirito camaleontico, capace di rinnovare il metodo, di rendere la didattica a distanza una opportunità di crescita, per noi e per i nostri studenti che sono spaventati, che si sentono smarriti, che vogliono evadere seppure simbolicamente dalla loro stanza e che evadono seppure simbolicamente dalla loro stanza proprio quando ci siamo noi, i loro professori, perché con il nostro ruolo apriamo una breccia preziosa.
DIDATTICA A DISTANZA. LA METODOLOGIA
Nell’ambito della didattica accademico-universitaria questo mi pare uno dei punti principali se non cruciali su cui argomentare, ovvero quello sulla metodologia da adottare: perché anche se il criterio d’insegnamento telematico è decisamente e densamente diverso (non ci vuole il trombone di questa Accademia o di quella Università a rivelarlo?) da quello che si svolge tra le mura scolastiche, da questo non risulta essere del tutto lontano, soprattutto se si tiene conto che i mezzi adottati sono efficaci. La piattaforma scelta dal MUR per l’insegnamento a distanza è G Suite for Education di Google che permette di creare una Classroom, di invitare gli studenti a lezioni specifiche, di comunicare con ognuno di loro anche individualmente, di condividere (questo vale per il docente) il proprio schermo e mostrare documenti video o slide, di fare lezione con più di 100 studenti in una stessa sessione, di chattare nel mentre si fa lezione (basta avere l’accortezza di aprire un Meet in un’altra finestra), di inviare documenti d’ogni sorta e di affrontare qualsiasi discorso o tema, anche il più complesso. I ragazzi non aspettano altro che essere invogliati, invitati a partecipare, portati al dialogo, seguiti esattamente come andrebbero seguiti in classe, considerati come esseri umani vogliosi di apprendere (non semplici numeri o capre e caproni) e magari con le stesse piccole battute che rendono la lezione meno pedante e più gradevole.
In tempi così difficili per ognuno andrebbe forse trovata un po’ di umiltà, un po’ di umanità e un po’ di reale solidarietà: anche perché siamo in un momento in cui perdere l’occasione significa perdersi nel qualunquismo di sempre.
‒ Antonello Tolve
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