Musei e didattica. Il Museo delle Scienze di Trento
Parola a Samuela Caliari, responsabile eventi e referente per i progetti d’inclusione del MUSE – Museo delle Scienze di Trento.
La percezione generale pare essere quella di aver raggiunto il traguardo dell’accessibilità nei servizi didattici museali italiani e per certi aspetti già il fatto stesso che se ne parli così assiduamente costituisce e mostra un grande interesse per il tema. Ma cosa significa accessibilità oggi? Stavolta risponde il MUSE – Museo delle Scienze di Trento.
Poter parlare dei progetti per l’accessibilità di un museo ha il profumo di un traguardo raggiunto, di un aver spinto l’orizzonte della qualità dei servizi un po’ più in là … Qual è il ruolo di queste storie all’interno del MUSE? Fa parte delle proposte educative o “pervade” tutta la struttura?
Per il MUSE, il concetto di accessibilità e inclusione vuole esprimere la volontà di relazionarsi con una molteplicità di persone, le cui esigenze, per quanto reali, non sempre sono espresse: donne in stato di gravidanza, mamme e papà con il passeggino, anziani che hanno bisogno di soste frequenti, famiglie in stato di fragilità sociale ecc. Tanti i pubblici, tante le barriere da rimuovere, non solo fisiche, sensoriali o cognitive ma anche culturali, emotive ed economiche. Non ci si può limitare alla semplice rimozione degli ostacoli, ma bisogna agire al fine di ottenere una più profonda integrazione del pubblico, anche di quello più difficilmente raggiungibile, nella progettazione stessa delle attività. In questo modo, il museo diventa uno spazio a disposizione del sociale, capace di costruire una rete di collaborazioni territoriali per offrire tempi e soluzioni atte a coinvolgere e dare visibilità anche a quelle persone che spesso vivono l’isolamento. Il MUSE, fin dalla sua genesi, è stato pensato per essere un museo for all, ovvero un museo attento all’accessibilità diffusa e all’inclusione, sia in riferimento alle scelte architettoniche sia ai contenuti informativi e alle attività di divulgazione scientifica. Un obiettivo preciso che passa anche attraverso l’attenzione ai termini.
Quindi sintetizzando: da museo accessibile a museo per tutti?
Esatto, a questo scopo, varrebbe la pena di sostituire, in futuro, i termini “inclusione” e “accessibile” con quelli di “interazione” e “per tutti”, dove la genericità che ora viene attribuita alla parola “tutti” presuppone invece un’attenta segmentazione del pubblico in base alle esigenze di ogni specifico target. Se la possibilità di questa sostituzione sembra forse prematura, all’interno di un contesto attuale che richiede ancora interventi significativi per rendere accessibili e inclusivi tutti gli ambienti e i servizi offerti, rimane però la possibilità che una tale riflessione funga da stimolo per un cambio di paradigma nel nostro modo di pensare e operare. Ecco dunque che l’impegno del MUSE in questi anni si è declinato in pratiche in grado di rispecchiare l’evoluzione teorica in atto e di riformularla, rispondendo così alle diverse necessità, dalla mappatura degli spazi e delle barriere architettoniche alla revisione dei contenuti testuali, fino alla creazione di attività non solo destinate a persone con disabilità ma piuttosto progettate ed erogate anche da queste. Nel complesso quindi l’idea che anima tutte le azioni del MUSE riferite all’accessibilità puntano a un museo che non sia semplicemente accessibile a tutti, ma che permetta piuttosto la partecipazione attiva di ciascuno al fine di creare un progetto culturale comune.
Quali sono le vostre proposte e i pubblici storici e quali le più recenti?
Azioni continuative sono quelle riferite all’interazione con le persone cieche e sorde, con le quali da anni lavoriamo in sinergia per proporre da una parte proposte educative che siano adeguate e dall’altra che favoriscano l’incontro con la diversità. Esperire in prima persona la mancanza ‒ ad esempio ‒ della vista semplicemente tramite una benda sugli occhi o entrando in una stanza completamente al buio cambierà per sempre la percezione perché “facendo” ‒diceva Confucio ‒ si facilita la comprensione e si fissa il ricordo. In quest’ottica, negli ultimi due anni, abbiamo sviluppato il progetto Visita in Tandem, nel quale le guide scientifiche del museo vengono affiancate nella spiegazione dei contenuti da persone con disabilità. Chiave della visita è evidentemente la relazione interpersonale, che permette di rendere la scoperta dei contenuti scientifici un’esperienza emozionante. L’obiettivo dell’attività è quello di far interagire i due conduttori della visita cercando di valorizzare le potenzialità di ognuno. La reazione del pubblico ha superato le aspettative iniziali: il 95% delle persone che hanno usufruito del servizio sono rimaste entusiaste.
Come avete costruito il rapporto con le risorse del territorio e come mantenerlo nel tempo?
Il MUSE è un museo per le persone prima che un museo sugli oggetti e la relazione con i cittadini e la città è uno dei focus maggiori della nostra visione. Questo si declina in un’istituzione che, se da una parte aspira a essere partecipativa e capace di accogliere i contributi e i bisogni dei cittadini, dall’altra si adopera per divenire essa stessa promotrice di cambiamento, guidando la comunità verso modelli di sviluppo sostenibile e coesione sociale. Il MUSE ha rappresentato un po’ di tutto questo già a partire dal suo edificio, nato da un progetto di riqualificazione urbana firmato dall’architetto Renzo Piano e inserito all’interno del nuovo quartiere Le Albere, che si è sostituito ai resti dell’ex area industriale Michelin, mutando, così, l’immagine dell’assetto urbano della città di Trento. All’inaugurazione della nuova sede museale, avvenuta nel 2013, è preceduta l’iniziativa Secondo Me, progetto partecipativo di durata quinquennale, realizzato dall’allora Museo tridentino di scienze naturali, al fine di coinvolgere, condividere e co-creare il nuovo progetto museale con e per gli abitanti del territorio. Il museo già allora uscì dalle proprie mura per proporre le attività nelle piazze della città, impiegando linguaggi nuovi, basati sulla contaminazione di arte e scienza e l’utilizzo dei nuovi media.
Diamo qualche numero??
A oggi, questa istituzione attesta una media di oltre 500mila visitatori e 300 eventi pubblici all’anno, 250 persone occupate, 200 proposte educative differenziate per età, approccio e disciplina, 49 progetti di ricerca attivi e 36 imprese coinvolte in un programma di corporate membership. È evidente che una realtà del genere, all’interno di un contesto urbano che conta poco più di 100mila abitanti, ha mutato l’immagine stessa della città di Trento, che oggi vive un prima e un dopo MUSE. È così che un tradizionale museo di scienze naturali, per inserirsi nella sua contemporaneità, è dovuto andare al di là della sola attenzione al patrimonio materiale da collezionare, conservare, studiare, interpretare ed esporre, per porre al centro delle sue azioni la relazione con la cittadinanza. Da qui, la scelta di intrecciare la consueta divulgazione delle discipline naturali con la trattazione delle questioni ambientali e sociali di forte attualità, facendo propri i modelli di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Rendere accessibili e rilevanti questi temi globali, apparentemente troppo astratti e distanti, è un obiettivo ambizioso, che non può realizzarsi se non intercettando i bisogni, o persino i desideri e i gusti differenziati di diverse fasce della popolazione (infanti, teenager, persone con bisogni speciali, immigrati).
L’apertura verso tanti e diversi pubblici quali risorse creative ha “liberato” o meglio quale arricchimento ha apportato alla vostra esperienza educativa?
Le azioni volte a favorire e stimolare l’accessibilità museale nel loro complesso sono simbolo di un’evoluzione di visione all’interno delle istituzioni museali, che oggi puntano a uno sviluppo culturale basato principalmente sulla relazione con i propri cittadini. Anche una ricerca di marketing culturale, volta a comprendere la percezione della personalità del brand MUSE da parte dei suoi visitatori, si è basata su questo nuovo paradigma. Secondo i risultati di cinquecento questionari somministrati, il MUSE risulta avere una personalità attiva e responsabile, affascinante e allo stesso tempo divertente. Anche qui emerge, pertanto, l’intento del museo di rinnovare la propria immagine e di rompere lo stereotipo di una scienza asettica e neutrale. È solo con questo rapporto di reciproca conoscenza che si potrà accorciare la distanza tra attori e spettatori del sapere. Da qui potranno scaturire i cosiddetti musei contemporanei, ovvero istituzioni capaci di evolvere in sincronia con la propria comunità, accompagnare i cittadini fuori dalla propria zona di comfort e stimolare comportamenti dettati da scelte consapevoli.
Progetti e sogni nel cassetto?
Penso a tre progetti, due di questi avviati da quasi un anno e uno completamente in fase embrionale. Il pubblico degli studenti è un target che, da sempre, fa dialogare e riflettere i professionisti museali. Il cambio di prospettiva del MUSE è stato quello di aver deciso di consegnare per una giornata le chiavi, le scelte e i programmi di tutto il museo ai teenager stessi, responsabilizzandoli. Ci siamo messi a diposizione come personale scientifico, esperti di organizzazione di eventi e addetti ai servizi, consci che l’obiettivo di inserire la frequentazione del museo nella quotidianità dei ragazzi renderà il museo un vero e proprio luogo di crescita. A fronte di quest’esperienza, gli studenti delle scuole secondarie superiori del territorio hanno deciso di organizzare un’assemblea di istituto al MUSE e di programmare un evento di protagonismo giovanile dal titolo OTIUM a fine maggio 2020).
E l’altro progetto?
L’altro progetto è un percorso di avvicinamento all’istituzione da parte dei nuovi residenti del territorio (extra-comunitari) che visitano il MUSE per la prima volta mentre frequentano i corsi di avvicinamento alla lingua italiana. Dulcis in fundo vi è il desiderio di costruire una visita guidata del museo insieme agli anziani delle case di riposo in cui i nomi dialettali riferiti ad animali e piante stimolino il riaffiorare dei ricordi nei partecipanti non più giovani e dall’altra possano incuriosire i turisti e il giovane pubblico, perché nella scelta dei nomi dialettali si nascondono tante curiosità ed elementi storici sconosciuti ai più che determinano però la ricchezza e la biodiversità del territorio. In conclusione, quindi, più che un traguardo raggiunto, l’accessibilità nei musei è e deve essere sempre in continua evoluzione, proprio perché va sempre considerata da più punti di vista e non solo legata alle persone con disabilità conclamate.
‒ Annalisa Trasatti
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