Didattica e inclusione nel Giardino Sonoro di Pinuccio Sciola
Una lunga intervista a Maria Sciola, erede dell’artista Pinuccio, ideatore del Giardino Sonoro, in Sardegna. Un’affascinante cornice naturale per le sue celeberrime sculture, che trovano nel suono la loro ragione d’essere.
Visitare il Giardino Sonoro ideato da Pinuccio Sciola con la figlia Maria è un’esperienza incredibile, perché racchiude la magia di farsi guidare da una vera “erede”. Abbiamo parlato con lei della ripartenza tra tattilità e inclusività in tempo di limitazioni da Coronavirus.
Come è nato il Giardino Sonoro e qual è il rapporto con il territorio in cui si trova?
Lo spazio espositivo di Pinuccio Sciola fu l’agrumeto di famiglia, otto ettari disseminati di ulivi e arance che, negli Anni Sessanta, l’allora giovane scultore utilizzava come laboratorio per intagliare sapientemente legni di ulivastro e pietre in trachite o arenaria. Inaugura la sua prima esposizione nel 1963 quando Foiso Fois, Aligi Sassu e Beppe Viola, futuri grandi amici dell’artista, si recano a San Sperate per poter conoscere l’“artista contadino”. Le borse di studio e l’incessabile curiosità portano Sciola a viaggiare e studiare in giro per l’Europa, dal Magistero d’arte di Porta Romana a Firenze all’Università internazionale di Salisburgo, ma fu al rientro dagli anni all’Università della Moncloa a Madrid e dagli inverni a Parigi che, nel 1968, rendendosi conto del divario culturale oramai creatosi tra lui e i suoi coetanei che il pensiero di coinvolgerli in un’arte che fosse fuori dai musei e alla portata di tutti inizia a dar vita a uno dei primi atti di arte pubblica, trasformando il paese di San Sperate, paese di fango e di agricoltori, in un Paese Museo, che a oggi conta più di 800 murales e installazioni artistiche. Il Giardino di famiglia diventava luogo di riunioni, assembramento di menti, laboratorio di idee.
In tutto questo peregrinare però lui non ha mai abbandonato un elemento.
Sciola in tutto il suo percorso non ha mai abbandonato la pietra. “La pietra è natura e la natura è madre” e ha continuato a seminare i suoi monoliti con il pensiero e la speranza che ritornassero a essere parte della natura nella quale furono generate. A oggi il Giardino Sonoro è luogo di pellegrinaggio, cuore del Paese Museo che mantiene viva la filosofia dell’artista. Chi lascia quei luoghi avrà una nuova prospettiva verso il rispetto per la natura.
Da quando lo dirigi?
Ho iniziato a lavorare a pieno ritmo con mio padre nel 2014, concretizzando quel che era il mio desiderio fin da bambina e quel che poi con gli studi avevo appreso. Proprio quell’anno decidemmo di rendere il Giardino Sonoro uno spazio espositivo nel quale guide specializzate avrebbero potuto accompagnare i visitatori per potersi immergere a 360° nella sua poetica.
Il primo passo fu fatto per tutelare le opere che, essendo in gran parte pietre sonore, erano in balia di chi, non sapendo come approcciarsi, le danneggiava. La tipologia di suono viene diffusa grazie a un tocco molto delicato, anche se prodotto con un altro pezzo di pietra. In caso contrario la pietra viene danneggiata.
Quali sono le finalità del Giardino Sonoro?
Il Giardino Sonoro è uno spazio senza tempo, ognuno lo vive con il filtro delle proprie emozioni. Lasciando lacrime e sorrisi. Una nuova audioguida, composta dalla voce stessa dell’artista e dalla sua spiegazione, accompagna tra otto fra le opere più significative per comprendere il suo percorso storico artistico. Mentre le guide specializzate del Giardino Sonoro, spesso affiancate da tirocinanti delle università, accompagnano alla scoperta dei suoni dei differenti tipi di materiale.
Oltre a essere spazio museale interattivo, il Giardino Sonoro è luogo di studio che accoglie studenti d’arte, di architettura e di beni culturali che hanno la possibilità, seguiti dalla storica dell’arte Giulia Pilloni, di approcciarsi a questo artista visionario toccando con mano documenti e progetti storici.
Quali sono le tipologie di pubblico che vengono a visitarlo?
Pinuccio Sciola ha creato opere capaci di parlare tutte le lingue del mondo e con tutte le età, ecco perché il nostro lavoro volge al dialogo con i bambini e con gli anziani passando dall’accessibilità di un’opera che riesce a essere interattiva anche senza l’utilizzo della tecnologia.
Il cuore del paese ora è l’enorme eredità artistica che Sciola ci ha lasciato. Dagli interventi artistici sui muri alle strade colorate che portano nel suo museo a cielo aperto, il Giardino Sonoro, uno spazio artistico senza tempo, un orizzonte di pietre megalitiche pervaso dal profumo degli agrumi dove i visitatori possono immergersi in un’esperienza che tocca tutti i sensi ‒ il tatto per la percezione della vibrazione della pietra, la vista, l’udito, come quando solamente poggiandoci l’orecchio par di tornare nel ventre materno.
Come è strutturata la vostra offerta didattica?
Il nostro spazio riserva particolare attenzione ai bambini e alle scuole. Percorrendo le strade colorate del Paese Museo con l’Associazione Fentanas, che in base all’età crea visite specifiche, tra caccia al tesoro e laboratori di giochi antichi, si arriva nel Giardino Sonoro, dove Federica Collu, responsabile dei progetti musicali del PS museum, promuove l’importantissimo ritorno all’utilizzo delle mani e alla creatività partendo da materiali semplici come gli ortaggi, che con un poco di fantasia si trasformano in personaggi fantastici.
Sarà ancora possibile compiere delle visite tattili, visto il perdurare dell’emergenza sanitaria?
Mio padre ha lavorato una vita intera e oltre per riportare le persone a riutilizzare le mani, anche nel museo la tattilità è sempre stata importantissima per poter usufruire di tutte le potenzialità delle opere. A livello sonoro Sciola lavorava principalmente rocce di origine effimera vulcanica, come il basalto, e sedimentaria come il calcare. Le pietre calcaree si formano sott’acqua e il suono che poi ne deriva è un suono liquido e melodioso. Il basalto, invece, è la pietra che simboleggia le nostre origini, la nostra cultura. Il suo suono è totalmente differente, più profondo.
Queste opere, infatti, quando vengono suonate rimandano al corpo tutta la vibrazione che da esse viene propagata: tutto il suono nasce da una vibrazione, ma poterlo cogliere tramite le proprie mani, da un elemento sempre definito inerme, diviene un’esperienza indimenticabile. Come quella di poter poggiare l’orecchio sulla pietra per poterne sentire i suoni, o le vibrazioni per i non udenti, quei suoni che sembrano quasi innati nella nostra memoria, quasi a riportarci dentro il ventre materno.
Dunque l’obiettivo è rendere ancora una volta l’arte alla portata di tutti.
Sì, la nostra attenzione perché sia e resti un’arte per tutti vede l’utilizzo di storie sociali, di linguaggi in Comunicazione aumentativa e alternativa, di visite speciali per persone non udenti e non vedenti. Addirittura con una associazione sarda abbiamo intrapreso una collaborazione grazie alla quale le persone ipovedenti o non vedenti accompagnano i visitatori, bendati da una fascia nera e quindi privi del senso della vista, in un modo totalmente nuovo e importante per l’empatia, per le nuove emozioni che può regalare.
A oggi, nel momento storico importante che stiamo vivendo, legato all’emergenza sanitaria, la tattilità vien meno per la tutela delle persone ma anche delle opere, che rischierebbero di danneggiarsi per via dei prodotti utilizzati per l’igienizzazione, ma con estrema sincerità noto che l’emozione è comunque forte e porta le persone a voler tornare in Sardegna anche solo per poter sentire nuovamente suonare le pietre.
Quali progetti e collaborazioni avete in cantiere?
Nel Giardino che ora è curato da me e dai miei fratelli, Tomaso e Chiara, si organizzano eventi culturali e concerti contestualizzati nell’ambiente ancestrale che si ricrea in particolare la notte con un enorme fuoco acceso in mezzo ai monoliti, come piaceva all’artista. Lui amava dire: “Qui le stelle non cadono, qui nascono”.
Stiamo quindi lavorando a una serie di eventi che dall’alba al tramonto ci accompagneranno nelle giornate di agosto, quando, dal 7 al 10, si svolgerà Sant’Arte, Festival di arti visive e performative nato da un’idea di Pinuccio Sciola: “Sant’Arte dovremmo festeggiarla tutti i giorni dell’anno perché sarà l’unica che salverà l’uomo dall’appiattimento mentale”.
‒ Annalisa Trasatti
https://www.psmuseum.it/
http://www.pinucciosciola.it/
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