Nasce la Scuola Jack London, polo didattico che unisce fotografia e letteratura
Angelo Ferracuti, scrittore e fondatore, insieme al fotografo Giovanni Marrozzini, della Scuola di letteratura e fotografia Jack London a Torre di Palme, nelle Marche, racconta origini e intenti di un nuovo organismo didattico che coinvolgerà professionisti della parola e della immagine.
Non mi hanno mai troppo convinto le scuole di scrittura creativa, arrivate come molte cose da un’altra cultura, quella americana, e da un Paese, gli Stati Uniti, dove si vive nella convinzione, forse nell’illusione, che tutto si può insegnare e tutti possono diventare maestri di tutto a condizione di avere denaro a disposizione. Invece, quelli che mi hanno insegnato davvero qualcosa, come per esempio Mario Dondero, me lo hanno insegnato sul campo attraverso la condivisione e i molti suggerimenti di studio, letture, punti di vista, allenando una cosa che già possedevo, la passione e l’amore per gli altri, quella cosa che chiamo da sempre racconto empatico. Non credo che la scrittura o la fotografia possano nascere da questioni tecniche, o almeno solo da esse, tutte dentro i propri meccanismi leziosi e artificiosi, per quanto riguarda la letteratura all’interno dei dispositivi della fiction, della finzione seducente. Questo può valere per uno scrittore stanziale, ma non per un buon reporter, indissolubilmente legato non solo al mezzo, cioè alla scrittura, ma anche al viaggio, all’avventura, al rischio, tutto ciò che è umano, troppo umano, e significa penetrare nature, paesaggistiche e dell’uomo, spesso avverse, per conoscerle e sviscerarle. Non esiste solo un risultato estetico, e come ha scritto Herman Broch “non c’è estetica senza un’etica”. Così quando io e Giovanni Marrozzini ‒ il fotografo con il quale ho fatto molti lavori, come per esempio il grande reportage in Amazzonia che uscirà il prossimo anno per Mondadori – abbiamo pensato di dar vita a una scuola, che in realtà era il suo sogno, il sogno che ho condiviso, abbiamo pensato, non a caso, di intitolarla a Jack London, il più vitalistico degli scrittori, il più temerario dei reporter, e anche un eccellente fotografo.
I DOCENTI DELLA SCUOLA JACK LONDON
Intitolare una scuola a Jack London è già una dichiarazione di poetica. La nostra scuola, che avrà sede a Torre di Palme di Fermo, la città dove siamo nati, che nonostante il nome del luogo dove si terranno le lezioni sarà tutt’altro che stanziale, i due mesi di preparazione, che sono intensivi e propri di un corso didattico, prepareranno all’azione sul campo, che si potrà fare successivamente con otto borse di lavoro, e un viaggio di due settimane a bordo di un battello sul Rio delle Amazzoni in Brasile, a raccontare popoli indigeni minacciati, villaggi, foreste impenetrabili. Un viaggio corso del quale Marrozzini e io metteremo a disposizione degli studenti tutte le nostre esperienze e conoscenze maturate in molti anni di rigoroso lavoro. Per questo la Scuola di fotografia e letteratura Jack London, non è solo una scuola ma un’esperienza, è qualcosa che va oltre la didattica, l’insegnamento, le tante materie che altrettanti docenti metteranno a disposizione, come Lorenzo Cicconi Massi, fotografo e cineasta, Ignacio Maria Coccia, reporter dell’Agenzia Contrasto, Marco Longari, fotoreporter della France Press, Renata Ferri, editor del gruppo RCS-Corriere della Sera, Massimo Raffaeli, filologo, critico letterario del Venerdì di Repubblica, Nadia Terranova, scrittrice per Einaudi, Franco Arminio, scrittore per Bompiani e paesologo, Pier Luigi Celli, ex direttore generale Rai, Alberto Rollo, editor e consulente per la narrativa italiana di Mondadori, Marino Sinibaldi, direttore di Radio3, Stefano Trasatti, giornalista e fondatore di Redattore sociale, Marco Filoni, filosofo, conduttore di Pagina 3 Radio 3 e responsabile editoriale di Treccani Libri, Christian Caliandro, storico dell’arte contemporanea dell’Accademia delle Belle arti di Foggia, e Michela Fusaschi, antropologa dell’Università Tor Vergata di Roma.
UNA SCUOLA COME UNA FACTORY
Sono tanti e compongono una comunità di persone – una factory ‒ che credono nella possibilità di raccontare storie lungo le tante strade del mondo, interpretare e intercettare culture altre, conflitti bellici, esperienze di emancipazione e di resistenza civile, narrare in viaggio, “pensare camminando” come faceva Chatwin, on the road, e allargare quelli che una volta il poeta Allen Ginsberg chiamava gli “orizzonti della coscienza”. Una scuola che vuole affrontare la complessità come noi da sempre affrontiamo il nostro lavoro in Europa e nel mondo, affinando sguardo e taglio estetico, ma nel contempo cercando di possedere tutte le conoscenze possibili, culturali, geografiche, antropologiche, di nozione paesaggistica e visiva, per decifrare o comunque avvicinarsi il più possibile a quella che quel genio di Kapuscinski, il più grande reporter di tutti i tempi, chiamava “la selva delle cose”.
‒ Angelo Ferracuti
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