Alta formazione artistica in Italia. Pregi e difetti secondo Claudia Löffelholz
Come è cambiata la formazione artistica in Italia? Quali gli scenari possibili? Quali i necessari cambiamenti? Prosegue con l’opinione di Claudia Löffelholz, Direttrice della Scuola di alta formazione e del Dipartimento educativo Fondazione Modena Arti Visive, l’indagine di Artribune
Prosegue con Claudia Löffelholz, Direttrice della Scuola di alta formazione e del Dipartimento educativo Fondazione Modena Arti Visive, la survey che Artribune ha condotto sul tema dell’Alta Formazione Artistica. Il tema è oggetto di una importante inchiesta sul numero 57 di Artribune Magazine, che potete trovare in distribuzione in tutta Italia o sfogliare qui. Il presente impone una riflessione necessaria e generale sul mondo della scuola; in particolare quello dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, AFAM, è attraversato da grandi trasformazioni rendendo fondamentale un’analisi sulle potenzialità, ma anche sui possibili scenari e bisogni. Ne abbiamo parlato con i protagonisti (docenti e direttori di Accademie, professori universitari o di scuole di alta formazione artistica) in questa serie di interviste. Dopo gli interventi di Marco Scotini, Pietro Di Terlizzi, Alessandra Pioselli, Antonello Tolve, Angela Vettese, Giovanna Cassese, andiamo a Modena.
Quali sono i pregi e i difetti dell’alta formazione in campo artistico in Italia?
Credo fortemente che la formazione artistica in Italia sia migliore della sua reputazione. Le scuole e le accademie svolgono un lavoro fondamentale per le nuove generazioni di artisti, lo confermano l’alta qualità dei lavori nel panorama nazionale e internazionale. Tanti creativi italiani si recano all’estero dopo la formazione per trovare condizioni migliori di lavoro, opportunità, supporti economici; un mondo culturale più consolidato e riconosciuto e di conseguenza un differente sistema di welfare. La grande sfida italiana sta proprio lì: alti costi di vita, poche risorse per la cultura, mancanza di previdenza sociale e del riconoscimento economico del lavoro. Nel percorso di formazione artistica – oltre alla parte teorico-pratica – dovremmo trasmettere un know-how su come funziona il sistema dell’arte e come inserirsi, trovare bandi, residenze e finanziamenti, come preparare applications e crearsi networks e collaborazioni.
Quali sono i pregi e i difetti a livello formativo dell’istituzione in cui insegni?
Il nostro percorso formativo mira ad approfondire e ampliare le conoscenze nel campo della fotografia e dell’immagine contemporanea, sia dal punto di vista pratico che teorico. Gli studenti del Master e del Corso per curatori ICON vengono da background ed esperienze eterogenei. Durante gli studi sono affiancati e incentivati da docenti, artisti, curatori ed esperti per individuare e sviluppare il proprio linguaggio artistico e raggiungere così un profilo professionale da protagonisti nel sistema dell’arte. La didattica è contrassegnata dalla dinamicità non solo per le risposte tempestive a esigenze e richieste con modifiche e soluzioni alternative, vedi la pandemia, ma anche rispetto ad analisi e valutazione delle attività permettendoci di potenziare continuamente il programma. Uno dei punti di forza della Scuola è il forte coinvolgimento di professionisti internazionali e le numerose collaborazioni con partner e istituzioni, residenze artistiche e progetti di ricerca in tutto il mondo. Pregio che si è trasformato in una sfida con le attuali restrizioni di mobilità. I primi moduli a risentire dell’impatto pandemico sono stati quelli tenuti da docenti provenienti dall’estero: sulla base dei contenuti sono stati riorganizzati in forma alternativa da remoto o recuperati in presenza durante il periodo estivo, come la mostra di fine corso che non volevamo trasformare in un progetto virtuale.
Quali sono le best practice all’estero che ritieni andrebbero adottate anche in Italia?
Un maggiore investimento nella formazione delle nuove generazioni da parte delle aziende e dello stato con programmi di traineeship post-laurea nel settore creativo. Non il modello del tirocinante sottopagato e sottovalutato, ma un’offerta lavorativa incentrata sul profilo di laurea – della durata di 12/24 mesi – attraverso programmi che abbiano l’obiettivo di un futuro inserimento in aziende o enti.
Hai percepito cambiamenti negli ultimi anni a livello didattico, imputabili a cambiamenti dal punto di vista delle risorse economiche e/o degli interventi ministeriali sui piani di studio e/o degli obiettivi a cui mirano gli studenti?
Lavorando nell’ambito formativo in Italia solo da pochi anni non credo di potermi permettere una risposta esaustiva. Per quanto riguarda gli obiettivi degli studenti, nel panorama italiano e non, si è visto un crescente focus sul mercato e sulle gallerie già negli anni di formazione durante i quali dovrebbero invece correre più rischi puntando sulla propria ricerca individuale e non sulla compatibilità di mercato.
Ritieni che vi sia uno scollamento fra l’ambito formativo e il mondo del lavoro, nella fattispecie il “sistema dell’arte”? Se sì, quali strategie andrebbero adottate per colmarlo, ammesso che lo si debba fare?
In parte credo che non sia possibile ottenere un placement del 100% per laureati in ambito artistico o curatoriale, per natura dell’attività non esiste né esisterà mai. Ciò che completa la formazione è invece l’integrazione di moduli pratici, job training con professionisti del settore, creazione di network, condivisione e collaborazione. Inoltre l’aspirante artista deve individuare le strade professionali in cui riesce ad applicare le proprie conoscenze in ambiti connessi, come la didattica dell’arte, il settore editoriale o pubblicitario.
Qual è il rapporto con la formazione universitaria? Ritieni che sia complementare o alternativa a quella sviluppata nell’istituzione in cui insegni?
Il nostro modello percorre una strada alternativa essendo una piattaforma dinamica in cui si intreccia l’alta formazione con le mostre, le collezioni e i programmi culturali della Fondazione: un circuito virtuoso in cui attività espositive e scuola agiscono in sinergia ispirandosi a vicenda. Grandi nomi dell’arte italiana e internazionale, protagonisti delle mostre di FMAV, sono coinvolti nelle attività progettate per gli studenti in qualità di docenti o di visiting professor, fino a job training con stakeholder e i vari dipartimenti della Fondazione. Questi intrecci costituiscono un inestimabile valore aggiunto per gli studenti e sono un’occasione preziosa anche per gli artisti che possono confrontarsi con le nuove generazioni per sviluppare insieme riflessioni inedite e stimolanti.
A livello di strumenti didattici, ritieni che sia necessario un adeguamento a nuove forme di comunicazione e rapporto con gli studenti, che tengano conto della penetrazione ad esempio di fenomeni come i social network e l’utilizzo della Rete?
L’integrazione nella didattica è inevitabile e nello stesso momento è altrettanto importante creare percorsi formativi in cui si alternino digitale e analogico. Le risorse della rete e dei digital media sono risultati, soprattutto in pandemia, ottimi strumenti per la formazione e divulgazione e ci hanno mostrato ulteriori potenzialità dell’era digitale.
Come ha impattato il lockdown e la didattica a distanza sul tuo modo di insegnare? Ritieni che il distanziamento forzato abbia contribuito a sviluppare nuove metodologie?
Tutti – chi più, chi meno preparato – abbiamo fatto questo salto nell’acqua fredda per garantire la continuità dei percorsi formativi e fornire supporto creando spazi di insegnamento e sperimentazione, confronto e scambio. Le lezioni a distanza hanno ulteriormente evidenziato che il coinvolgimento attivo è indispensabile per la crescita degli studenti. Ovviamente una lezione frontale da remoto è molto più facile da fare ma nella formazione artistica il modello passivo dovrebbe riguardare solo lo studio, la lettura e il lavoro individuale a casa o in biblioteca. Solo attraverso la condivisione, la discussione e il confronto continui, i numerosi stimoli e interrogativi si favorisce ed incentiva la capacità di analisi, l’approccio critico rispetto alle coordinate della nostra società e della cultura dominante.
– Santa Nastro e Marco Enrico Giacomelli
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