Alta Formazione Artistica e Musicale, Università e l’eredità del Bauhaus (in chiave europea)
Continua su Artribune il dibattito sullo stato e le possibili riforme del sistema delle Accademie di Belle Arti e del mondo AFAM. Il contributo del docente, storico e critico d’arte Gabriele Simongini
In un paese come l’Italia, per il suo passato ma soprattutto per il suo presente, una potenziale ma ancora non realizzata eccellenza come il mondo dell’Alta Formazione Artistica e Musicale dovrebbe essere al centro delle strategie culturali e formative. Potrebbe essere, addirittura, una prima incubatrice sperimentale, vista l’importanza del nostro paese nell’arte e nella creatività, per il progetto di un nuovo Bauhaus europeo (New European Bauhaus) lanciato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ovvero “uno spazio di co-creazione in cui architetti, artisti, studenti, ingegneri e designer potranno lavorare insieme. […] Dobbiamo cambiare il modo in cui trattiamo la natura, come produciamo e consumiamo, viviamo e lavoriamo, mangiamo e ci riscaldiamo, viaggiamo e trasportiamo. […] Dobbiamo trovare un’estetica specifica per questo cambiamento di sistema”, identificabile nell’eredità che ha lasciato il Bauhaus con l’idea di istituire una perfetta integrazione tra arte, industria e design, ma anche di formare una nuova società progressista, ispirata ai principi della condivisione e dell’uguaglianza. Non a caso, verrebbe da dire, la parola “estetica” ingloba in sé anche “etica”.
ACCADEMIE E BAUHAUS
Ciò potrebbe accadere proprio a partire da uno degli elementi di forza e di specificità delle Accademie di Belle Arti, il dialogo osmotico fra i corsi teorici e quelli laboratoriali, e quindi fra la teoria e la prassi, in rapporto ideale con quanto fu fatto in quel modello di assoluta eccellenza didattica e creativa che fu proprio il Bauhaus, nel primo scorcio del XX secolo. Nel sistema AFAM si evidenzia che la tradizione è parte integrante dell’innovazione: è il suo humus, tanto più oggi, in tempi dominati dal rischio della cancellazione della memoria e della storia. E un’altra potenzialità delle Accademie, quella di proporre dal punto di vista formativo un “umanesimo tecnologico” (per inciso, all’Università di Amsterdam esiste una cattedra di Digital Humanities and History), è oggi indispensabile e irrinunciabile per la stessa salvaguardia di un’identità specificamente umana. Come ha detto un grande architetto quale Daniel Libeskind, “ogni frammento del nostro pensiero, anche il più viscerale, fa parte di un più viscerale essere uomo e quando inizio a disegnare metto tutto quello che ho dentro di me. Il disegno è il simbolo di qualcosa di più grande, del nostro modo di essere uomini”. Così, nelle Accademie, il gesto creativo originario, millenario, può dialogare con quello del presente tecnologico più avanzato, in un arricchimento reciproco e fertile che implica anche il passaggio di consegne fra generazioni senza farsi travolgere dall’uragano del presentismo senza storia. Il problema, invece, è che il comparto AFAM non è né carne e né pesce, sospeso com’è nel limbo fra scuola secondaria e formazione universitaria, con una pericolosa deriva che va verso la secondarizzazione come dimostra il contratto ancora agganciato al comparto scuola e che invece dovrebbe essere sostituito dal regime pubblicistico vigente nell’Università ma anche l’adozione, ormai realizzata, di una fascia unica di docenza che rende appunto l’AFAM quanto mai vicino alla scuola secondaria e non all’Università.
AFAM E UNIVERSITÀ
Non basta mettere toppe alla legge di settore, la 508/99, peraltro incompiuta, ma è necessario investire una volta per tutte in questo comparto così essenziale per portarlo davvero, con tutte le sue positive specificità, nell’ambito universitario. Invece, l’autonomia, peraltro molto relativa, delle istituzioni AFAM viene spesso usata dal Ministero competente come un pretesto per non dare indirizzi strategici e visioni di lunga durata, pur sfornando provvedimenti ed ordinanze che talvolta hanno un profilo effimero e molto discutibile giuridicamente, come la recente ordinanza sulla mobilità ideata da un dirigente che si porta ancora dietro la mentalità dell’ente locale di provenienza e che penalizza fortemente i docenti di prima fascia in attesa di trasferimento da molti anni, o come la mancanza di volontà nel controllare la legittimità di conversioni di cattedre spesso ingiustificate e punitive. Per trasformare definitivamente l’AFAM in quella eccellenza che potrebbe e dovrebbe essere ci vorrebbe una visione politica capace di fare scelte coraggiose e lungimiranti, con un minimo ma concreto investimento, per aiutare le Accademie di Belle Arti, i Conservatori di musica, gli Istituti superiori per le industrie artistiche, l’Accademia nazionale d’Arte drammatica e l’Accademia nazionale di Danza ad affrontare i cambiamenti epocali e di mentalità, direi a livello antropologico, posti dai nostri tempi.
– Gabriele Simongini
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