Svolta glocal per l’Accademia di Belle Arti di Lecce. L’intervista al nuovo presidente
Valorizzare il territorio guardando anche all’estero. È questo l’intento cardine dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, che invita gli studenti a scegliere il Sud per la propria formazione.
Nel Sud a rischio di desertificazione culturale, è fondamentale, da parte di istituzioni educative come l’Accademia delle Belle Arti di Lecce, ampliare e innovare la formazione, avviando relazioni che innescano un dialogo tra il territorio e l’estero, nell’ottica della valorizzazione del “created in Italy”. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, Nicola Ciracì.
La nuova politica culturale e di formazione che lei ha intrapreso, per quanto riguarda la gestione dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, è basata sullo sviluppo di un “nuovo mecenatismo”. Ci può spiegare nel dettaglio?
Il punto essenziale è che non ci possono essere Accademie e Istituzioni AFAM che vivono la loro condizione di formazione in maniera statica. Bisogna essere necessariamente in movimento, perché questa è un’esigenza che gli studenti chiedono. Infatti oggi i ragazzi, soprattutto quelli del Sud, sono immersi metaforicamente in una tenaglia: da un lato, hanno la possibilità di adottare una visione ampia del mondo attraverso gli strumenti tecnologici ‒ l’open mind che ci permette di raggiungere qualsiasi luogo ‒ e dall’altro lato c’è la difficoltà di rimanere al Sud, che chiaramente diventa il problema principale. Noi rischiamo una desertificazione culturale. Le Accademie, dunque, devono adeguarsi ai tempi nuovi, alle nuove arti, alle tecnologie, e aprirsi a relazioni glocal.
Come, nel concreto?
Il Welcome office International è un’iniziativa finalizzata a contaminare il nostro territorio con quanti più studenti stranieri possibile, perché non possiamo pensare di realizzare le università solo per noi stessi, ma bisogna aprirsi. Una buona pratica che abbiamo avviato è l’interazione con l’Università delle Arti di Tirana, d’altronde i Balcani sono il nostro naturale front artistico. Abbiamo, infatti, stretto una relazione molto forte con Apulia Film Commission, scambiandoci esperienze, fornendo stagisti e realizzando progetti come la collaborazione con l’OFF – Film Festival di Otranto di Stefania Rocca.
DA LECCE ALL’EUROPA
Secondo lei, l’Accademia di Belle Arti di Lecce deve riappropriarsi di una visione da capitale europea della cultura. Infatti sono state programmate tante nuove attività, partendo dalla formazione. Siamo, dunque, a una svolta, rispetto a prima, per l’Accademia. In che modo è stato realizzato, finora, questo progetto?
Innanzitutto l’Accademia sarà la sede del Premio Nazionale delle Arti del prossimo anno: per la prima volta, il Miur ha scelto Lecce. In più, stiamo partecipando e patrocinando il progetto relativo alla candidatura di Mesagne come Capitale della Cultura. Il tema che accompagnerà il Premio Nazionale delle Arti è il Created in Italy. È questa una risposta al territorio, visto che Mesagne è l’unica città dell’area jonico-salentina che ha proposto questa candidatura. Questi sono dei messaggi di presenza, vicinanza e collaborazione con il territorio che diamo all’esterno. Penso che la miscela vincente sia interagire con il territorio e aprirsi agli studenti stranieri. Occorre che il territorio inizi a parlare di mecenatismo, una delle grandi carenze esistenti. Qui al Sud sono rare le fondazioni e le organizzazioni delle imprese attive nel sostegno all’arte, eppure vi sono norme che agevolano molto.
Tra le manifestazioni e le iniziative per la celebrazione del 60esimo anniversario dell’Accademia, è stata da poco inaugurata la mostra Aperto 60 + /OFFF- ART, al Castello di Otranto, con la partecipazione dei docenti dell’Accademia. Come nasce questo progetto?
Il direttore Nunzio Fiore ha promosso queste iniziative perché siamo orgogliosi del know-how dei nostri docenti e abbiamo scelto di esporre le loro creazioni coinvolgendoli in prima persona, affinché all’esterno ci si renda conto del buon livello dell’Accademia di Lecce, che comprende varie scuole: pittura, scultura, decorazione, grafica e adesso cinema.
È questo il messaggio che intendiamo dare, e che alla fine è sempre lo stesso: bisogna rimanere a formarsi qui, dopo c’è il mondo che ti aspetta. Non c’è bisogno di andare altrove: qui la formazione c’è, anzi, più rimaniamo più ci rafforziamo, più ce ne andiamo più ci indeboliamo.
CULTURA, FORMAZIONE, ECONOMIA
A suo avviso, con la cultura si mangia? La cultura può creare forza-lavoro, attivare l’economia?
Cultura, arte e turismo vanno insieme: non esiste una regione turistica che non metta a disposizione dei visitatori il proprio patrimonio artistico-culturale. L’arte e la cultura costituiscono dunque il fulcro, il biglietto da visita di una regione turistica, e questo è importante soprattutto al Sud. Le arti, la creazione, la gastronomia, il mondo del design: sono tutti riconoscibili come Created in Italy. Ed è questo il messaggio che l’Italia può portare all’esterno. Noi, per esempio, adesso non siamo più nemmeno riconosciuti come Made in Italy, perché la produzione avviene in altre parti del mondo. Il Created in Italy è da valorizzare, perché abbiamo la capacità di creare la bellezza in qualsiasi settore: dall’arte al fashion al design alla food art. È su questo che si lavora, quindi non è vero che con la cultura non si mangia, perché tutto questo fa “mangiare” tante persone, e soprattutto le rende uniche al mondo.
‒ Cecilia Pavone
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati