Didattica e musei. Il Palazzo delle Esposizioni di Roma
Il tatto è un senso fondamentale per la fruizione di un’opera d’arte, specie a fronte di una disabilità. Il Laboratorio d’arte del Palazzo delle Esposizioni di Roma sfida con coraggio la pandemia offrendo al pubblico un incontro ravvicinato con la poetica di Munari e Montessori
Al Palazzo delle Esposizioni di Roma sta per partire il Punti di vista Festival, la cui prima edizione è dedicata alla tattilità. Nonostante possa apparire come una provocazione in questo momento storico, lo staff del Laboratorio d’arte crede che garantire una continuità nell’offerta a tutti i pubblici in presenza sia un’urgenza non rimandabile. Abbiamo approfondito la questione con i responsabili del Laboratorio d’arte.
Gli spazi del Laboratorio d’arte stanno attualmente ospitando la mostra Toccare la Bellezza. Maria Montessori ‒ Bruno Munari proveniente da Ancona e ideata dal Museo Omero, Fondazione Montessori e Associazione Bruno Munari. Perché questa scelta e come è possibile fruirne in questo periodo con tutti i limiti imposti dal Covid?
Poter far toccare a tutti la bellezza è ormai da diversi anni per il Palazzo delle Esposizioni un imperativo. Nei nostri progetti, educativi o espositivi, miriamo a coinvolgere tutti i pubblici creando strumenti di fruizione che dimostrino che “la differenza non è una sottrazione”, ma una risorsa educativa, sociale e creativa per tutti. Non potevamo dunque non ospitare la meravigliosa mostra del Museo Omero di Ancona perché rispecchia pienamente la nostra filosofia, una mostra per tutti, che prevede come per le nostre mostre-laboratorio una partecipazione attiva del visitatore, chiamato a interagire con le opere esposte sui tavoli. Presentarla in questo periodo di pandemia ha creato non poche difficoltà, ma la abbiamo voluta comunque fortemente perché riteniamo sia un messaggio di speranza per il futuro, un modo per valorizzare e risvegliare un senso spesso declassato, il tatto, “l’unico senso della reciprocità” che può fornirci le chiavi per conoscere il mondo, per tornare lentamente, e in sicurezza, a difendere quel contatto, quelle relazioni con la realtà e con l’arte, che il Covid ci ha sottratto.
Come l’avete adattata a i vostri spazi?
La mostra nella tappa romana si è trasformata, ma quello che all’inizio ci sembrava un limite, poi si è poi rivelato una virtù, una sfida. Il visitatore non può esperire tattilmente tutta la mostra in una sola volta, ma, essendo il biglietto di ingresso gratuito, può tornare più volte e toccare il tavolo operativo su cui ogni mese si alternano materiali e opere diversi secondo una selezione tematica: l’errore amico, il disegno, la dimensione, le gradazioni sono le parole chiave (stilate attraverso il confronto tra l’architetto Fabio Fornasari e l’Opera Nazionale Montessori) che hanno messo in dialogo i due protagonisti della mostra. In tal modo sono ugualmente giunti nelle mani dei visitatori tutti i materiali esposti, ma attraverso un tempo più dilatato e lento, e una maggiore consapevolezza di questa semplice e preziosa azione del toccare.
La peculiarità dei vostri spazi laboratoriali è sempre stata quella di essere adattati ed adattabili alle mostre in corso, fino a diventare autentiche installazioni artistiche. Cosa avete pensato in occasione di questa mostra?
Per questa mostra è stato coinvolto tutto il “piano zero” del Palazzo delle Esposizioni, un piano accessibile in tutti i sensi perché a ingresso libero e senza barriere architettoniche, e in cui sono presenti tutti i servizi al pubblico. La mostra si estende dall’ingresso di Via Milano allo Spazio Fontana, fino al Forum e all’atelier, i nostri spazi di elezione. Nel Forum, sede dello “Scaffale d’arte”, si possono consultare le bibliografie tematiche legate a Munari e Montessori; l’atelier invece, per questa occasione, è divenuto il luogo dell’esperienza tattile con tutto il corpo, attraverso l’allestimento di una sala al buio in cui incontrare in totale oscurità una riproduzione di un’opera, ma anche la possibilità di attraversare il bosco tattile di Munari ed entrare in un’aula montessoriana.
IL TATTO AL CENTRO DEL PUNTI DI VISTA FESTIVAL
Dal 21 al 23 gennaio andrà in scena il Punti di vista Festival, la cui prima edizione è dedicata alla tattilità. Una vera scommessa. Ce ne volete parlare?
Il Punti di vista Festival nasce con l’obiettivo di ribaltare lo sguardo sull’arte, sul mondo e sulla disabilità, intesa appunto come risorsa. Un evento multidisciplinare di tre giorni per abbattere gli stereotipi e scoprire nuovi punti di vista attraverso linguaggi diversi, dall’arte alla scienza, dal cinema alla danza. Coinvolgerà tutti i piani del Palazzo e tutte le mostre, con visite tattili, lezioni di danza e laboratori sulla percezione tattile dello spazio, presentazioni di libri e proiezioni in Sala cinema. Questa prima edizione è dedicata alla tattilità, come per la mostra Toccare la bellezza può sembrare una provocazione in questo momento, ma crediamo che garantire una continuità nell’offerta a tutti i pubblici in presenza sia un’urgenza non rimandabile. Prossima edizione giugno 2022!
Quella delle proposte educative accessibili è diventata una bella tradizione, sempre più radicata e pensata dall’interno, grazie al vostro storico staff, ma impossibile da attuare senza la collaborazione di associazioni, esperti e valenti collaboratori. Con chi avete stretto rapporti particolarmente proficui e creativi in questi anni?
In questi anni abbiamo lavorato con i partner più diversi e il festival vuole essere in qualche modo anche una festa in cui celebrare queste felici collaborazioni. Dalle case editrici ad artisti e illustratori, da associazioni come La Lega del Filo d’oro, l’UICI, la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi, l’ENS e Parkinzone alla Rete scuole migranti, alle Università e a realtà legate al movimento e alla danza come la Compagnia Virgilio Sieni e Choronde. Dalle Fiere della Piccola e Media Editoria di Roma e Bologna Children’s Book Fair alle Biblioteche di Roma, dalla Casa circondariale di Rebibbia all’INAF-Istituto Nazionale di Astrofisica e all’Itabashi Art Museum di Tokyo!
EDITORIA IN PRIMO PIANO AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
Ma diamo uno sguardo anche all’editoria, altro vostro punto di forza, nel panorama dell’accessibilità? Cosa volete segnalare?
Il nostro Scaffale d’arte è una biblioteca specializzata in editoria internazionale d’arte per ragazzi con più di 2000 titoli provenienti da tutto il mondo. Un patrimonio prezioso da cui noi attingiamo quotidianamente per il nostro lavoro. All’interno di esso, nel 2016 è nata una nuova sezione dedicata all’accessibilità. Ci sono i TIB ‒ Tactile Illustrated Book, libri tattili d’artista per educare e risvegliare i sensi e imparare a “guardare” la realtà con occhi e mani nuovi. A partire dai grandi maestri, che occupano un posto speciale da sempre nei nostri scaffali e con cui sono nati, possiamo dire, i libri tattili, penso a Munari e ai suoi Prelibri, a Snake di Komagata, Ali ou Léo? di Sophie Curtil, ma anche i libri della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e della casa editrice francese Les Doigts Qui Revent. Libri per costruire “la prima galleria d’arte nella mani di un bambino“, direbbe Kveta Pakovska, strumento democratico di prima educazione allo sguardo e, in questo caso possiamo aggiungere, al tatto. Libri unici fatti a mano, in nero e braille, che attraverso espedienti originali riescono a porre sullo stesso piano vedenti e non vedenti valorizzando l’unicità di ognuno.
Quali sono gli altri libri di cui disponete?
Abbiamo poi libri in Lingua dei segni per avvicinare a questo affascinante linguaggio, come l’elegante Mil Orejas del sudamericano Samuel Castano Mesa che, con delicati giochi di sovrapposizione grafica e tratti leggeri, invita a riflettere sulla capacità di ascoltare mettendo in discussione l’idea di normalità e diversità. Infine gli albi con protagonisti bambini e bambine disabili, di cui è un meraviglioso esempio il coreano Look up di Jung Jin-ho con la sua piccola protagonista sulla sedia a rotelle. Insieme a lei guardiamo il mondo dall’alto del suo balcone e vediamo le teste dei passanti come tanti insignificanti punti neri, finché un giorno un bambino guarda in su, cambia il suo punto di vista e la vede, si stende allora sul marciapiede per permetterle di vedere il suo corpo per intero, piano piano altre persone lo seguono, la bambina sorride, è felice, scende per strada insieme agli altri e il libro passa dal bianco e nero al colore.
‒ Annalisa Trasatti
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