AFAM: cosa fa il CNAM e quali sono i risultati raggiunti fino ad oggi. Lo racconta il Presidente
Il ruolo del CNAM nel prisma dell’autonomia delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale, coreutica, drammatica del restauro e del design. Ecco cosa si è fatto fino ad oggi. Lo racconta il Presidente del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale del MUR
Il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale ha il dovere di costruire sistemi, tessere connessioni, produrre visioni e immaginare soluzioni. Compito arduo ma non impossibile. Nel distretto dell’impossibile il tema della perseveranza è lo strumento che può consentire a un organo come il CNAM di fare la differenza. Joy Forrester, scienziato americano che mi aveva affascinato con la sua “analisi dei sistemi”, all’inizio degli anni Settanta dimostrò – attraverso gli allora potenti calcolatori dell’MIT di Boston (con la produzione di grafici sofisticati) – che se fossero continuate le pessime abitudini dell’umanità, già fortemente consumista, si sarebbe giunti a un destino di depauperamento delle risorse disponibili e a un crescente inquinamento e peggioramento della salute. Oltre, ovviamente, al destino di un’incipienza concreta di scarsità di cibo. Le ricerche di Forrester furono presentate in Senato nel 1972 da Fanfani all’interno della Commissione sui “Problemi dell’ecologia” (termine che muoveva i primi passi). Già la primissima Repubblica aveva posto, implicitamente, le basi di un ecologismo (almeno di facciata) cui non seguirono provvedimenti adeguati. E questa è una costante dei processi di “cambiamento” del nostro Paese.
CNAM: UNA AZIONE DI SISTEMA
Il metodo dell’analisi dei sistemi non era un modo per predire il futuro, ma uno modo scientifico per capire quello che potrebbe succedere: insomma un calcolo ragionato delle probabilità che si addentellavano al futuro. E la parola futuro è la parola-chiave che mi ha fatto ritornare a Forrester. Un futuro che dovrebbe essere costruito dalla nostra comunità utilizzando il concetto di sistema, nell’accezione voluta dallo stesso Forrester. Infatti, nel suo I principi dei Sistemi, Forrester scrive: “(…) il termine sistema sta ad indicare un insieme di parti che operano per uno scopo comune”. È la migliore espressione che possiamo usare per definire questo Consiglio nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale. E qual è lo scopo comune che deve informare di sé il CNAM e le sue azioni come organo consultivo del Ministero dell’università e della ricerca e del suo Ministro? E, soprattutto, a quale sistema di idee dovrà votarsi e operare di conseguenza? Diceva Edgar Morin, filosofo e sociologo francese ben noto, che “(…) un sistema d’idee è costituito da una costellazione di concetti associati in maniera solidale (…). Mediatori tra mente e mondo, i sistemi d’idee prendono consistenza e realtà oggettiva a partire dalla loro organizzazione”. Altra parola chiave che si lega alla parola sistema: organizzazione e sistema, dunque, sono le chiavi per azioni efficaci. Tenendo conto, però, che i due tipi esistenti di sistemi d’idee, ovvero le “dottrine” (che sono sistemi chiusi) e le “teorie” (che rappresentano invece sistemi aperti), producono effetti profondamente diversi: da un lato (con le dottrine) si cade nel dogmatismo mentre dall’altro (con le teorie, anche se magari falsificabili) ci si può avvalere della flessibilità. Un organo come il CNAM deve tenere ben presente la linea di demarcazione tra questi due vettori di risultati (dogmatismo e flessibilità), costruendo nessi e logiche che consentano alla legge 508/99 (che riguarda il mondo AFAM) di aderire al suo spirito di autonomia presupposta e stampata sulla carta. Autonomia che deve, giocoforza, perdere lo statuto di ologramma cosmetico e inverarsi nella realtà dei fatti.
AFAM: NECESSITÀ DI CAMBIAMENTO
Se guardiamo, come modello, al sistema universitario, il CNAM dovrà aiutare a sviluppare la consapevolezza dell’analogia strutturale tra i due sistemi: essi condividono il campo della formazione superiore. E questo è uno snodo cruciale e dirimente. Il CNAM è chiamato – in estrema sintesi – a esprimere pareri e formulare proposte: pareri sui dispositivi in itinere e proposte sulle inedite modalità di sviluppo organico dell’AFAM. Queste istituzioni negli ultimi dieci anni sono cresciute esponenzialmente, soprattutto sul versante dell’internazionalizzazione, e hanno necessità di usare nuovi strumenti più performativi anche per sostenere le sfide che l’Europa ci chiede e anche le sfide che l’Europa non ci chiede. Con tutto quello che questo comporta, a partire dalla fatica di sfrondare il campo da rappresentazioni errate del sistema che sono il primo ostacolo più difficile da superare: riportando in auge modelli reputazionali più efficaci e più aderenti alla realtà. “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. Non aveva torto Churchill quando ha prodotto questo paradosso. L’AFAM è dentro il paradosso, che dovrà essere preso dal CNAM in carico con serietà e competenza per poterlo dissezionare e risolvere. Se l’arte è il giardino, il fiore all’occhiello, il tesoro e il gioiello del nostro Paese, con tutte le potenzialità del rapporto tra bellezza ed economia ben descritte nel Rapporto Symbola-Unioncamere 2021, è necessario un serrato cronoprogramma che traghetti queste istituzioni – in pieno – nell’area della formazione superiore. Senza esitazione, senza distinguo, senza pregiudizi e senza timore di scardinare steccati oramai desueti e visioni inquinate da slittamenti di (non)senso divenute oggetto di radicamento nella pubblica opinione di superficie. Il CNAM dev’essere, da un lato, la cartina di tornasole dei problemi che divorano il sistema e, dall’altro, deve individuare soluzioni da proporre al decisore politico. “O porti almeno una soluzione o anche tu sei parte del problema”. Ecco, il CNAM dovrà essere interprete di quest’affermazione di Confucio per disegnare un mondo-AFAM all’altezza del patrimonio storico su cui si tenta conservazione e valorizzazione, nell’idea che bisogna continuare ad alimentare tale patrimonio anche per il futuro, attraverso le nuove generazioni di artisti, musicisti, designer, registi, etc. Riconoscendo l’indissolubile rapporto tra istruzione e cultura, la “Dichiarazione di Roma dei Ministri della cultura G20” del 29 e 30 luglio 2021 sottolineò “la necessità di dotare i professionisti della cultura e della creatività di nuove capacità, tra cui quelle creative, digitali, tecnologiche, manageriali, di accessibilità, di mediazione e ambientali per superare le profonde incertezze del panorama operativo post-COVID-19 e contribuire a costruire società ed economie più sostenibili, resilienti e inclusive”. Nel modello anglosassone i poteri pubblici lasciano la cultura essenzialmente al mercato, mentre – ad esempio – nel modello francese lo Stato investe massicciamente nella cultura e tenta di indirizzarla secondo i propri obiettivi. Ognuno di questi modelli, è evidente, ha i suoi vantaggi e i suoi pericoli. In Italia invece la pubblica amministrazione è vittima di una sorta di paradosso anamorfico: vorrebbe investire (e investe) poco sulla formazione e sulla cultura; eppure, vuole pesare molto come in Francia. “Continua a piantare i tuoi semi, perché non saprai mai quali cresceranno – forse lo faranno tutti”. Albert Einstein ha ragione, ma non ci vuole un genio per comprenderlo.
CNAM: LA RIFORMA DELLE AFAM
Accanto a un’attività primaria davvero incisiva da parte del MUR negli ultimi due anni di modifiche tecniche dell’esistente, grazie alla spinta iniziale dell’ex ministro Manfredi e all’impegno lucido e fattivo del Ministro Messa, è stato affiancato il lavoro per modificare o costruire ex novo alcuni regolamenti previsti dalla legge originaria sull’AFAM, ovvero la legge 508 del 1999. I regolamenti in itinere sono di fondamentale importanza e il CNAM dovrà dare il suo supporto allo sviluppo attraverso i pareri previsti dalla legge di riforma per i provvedimenti. Anche se, in realtà, si sente l’assenza del testo unico di riordino previsto dalla L. 508/99. Testo unico innovativo (o Ddl di riordino) che, prima o poi, qualcuno deve avere il coraggio di affrontare con fermezza di intenti, per mettere ordine nel complicato puzzle dell’arcipelago AFAM. Bisognerà, inoltre, pensare a una generale riforma dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica anche se – come dicevo prima – l’Europa non ce lo chiede. Che l’Europa non ce lo chieda non importa, l’esigenza di cambiamento è già una piattaforma da cui le riforme e i progetti devono partire. Non si può lasciare indietro un settore – con tutta la sua complessa filiera – che segue spesso modelli ottocenteschi e che vive di una rendita che diventa – via via – una sorta di fenomenologia del vuoto a perdere. Con, in più, l’ignominia di una secondarizzazione neanche tanto strisciante, nonostante gli sforzi dell’amministrazione sull’AFAM siano ingenti e d’impatto riconosciuto e conclamato. Abbiamo necessità si tagliare il cordone ombelicale dell’”abbiamo la più alta percentuale di beni artistico-culturali al mondo”, per costruire didattica, ricerca, produzione e terza missione che dovranno porre le basi per permettere a questo Paese di continuare ad essere riconosciuto per i suoi, come si usa dire con infelice espressione, “giacimenti culturali”. Ecco, questa idea che in Italia ci siano solo le risorse culturali ed artistiche del passato, depositate e accalcate da qualche parte, non restituisce il sentimento di innovazione che il contemporaneo pone (e di cui si sente l’esigenza) anche come questione di sopravvivenza delle arti nel futuro. Questo come si fa? Intanto si fa ponendosi il problema. Una volta riconosciuto, e una volta fatta la diagnosi, si può procedere con la cura: parola chiave che dovrebbe informare di sé ogni atto sia esso PNRR o altro. Reagire, opporsi, resistere, appunto. Ri-esistere come fuga dalla damnatio memoriae che incombe su queste istituzioni se non facciamo davvero qualcosa di concreto per un settore che può costruire col talento l’immagine dell’Italia anche per il futuro. E il CNAM, in questo processo, potrà e dovrà essere utile perché come diceva Socrate nel decimo libro della Repubblica di Platone: “L’arte di fare la sella ce l’ha il cavaliere, non il sellaio. Se il sellaio sa fare la sella è perché ospita nella sua mente il sapere del cavaliere: il cavaliere, dice Platone, ne ha vera scienza, mentre il sellaio ne ha credenza, crede, cioè, a quanto gli dice il cavaliere”. Ecco perché è importante il CNAM. Esso, poiché è formato da “cavalieri” che conoscono l’arte di far la sella (perché la indossano e perché sono anche gli utilizzatori finali) dovrà aiutare il sellaio (ovvero chi fa le norme e ha il magistero della legge) a costruire sistemi tangibili che contribuiscano a consolidare il presente che ci è accanto e sviluppare il futuro che attrae il nostro sguardo: con la certezza che futuro dev’essere una condizione di cui dobbiamo chiedere le chiavi per entrarci da protagonisti e da attori del cambiamento. In tutto questo, il CNAM ha il compito di aiutare il MUR a scrivere – per le prossime generazioni – una traccia di sviluppo dell’alta formazione artistica che sia degna della storia di questo Paese. Con l’idea che il motivo-guida di questo progetto debba essere il principio non derogabile dell’autonomia: unico strumento, costituzionalmente garantito per le AFAM, in grado di superare e sanare tutte le antinomie che hanno costellato il sistema negli ultimi venti anni. Ex aequo et bono.
-Antonio Bisaccia
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