Il valore della cultura nella Terra di mezzo
Non vogliamo certo scomodare J.R.R. Tolkien o A.D. Forster quando usiamo espressioni come “Terra di mezzo”. Piuttosto evochiamo settori della fisica ove oggi si fa uso di esperimenti, per così dire, “addomesticati”, in una sorta di “terra di mezzo” tra la fisica teorica e quella sperimentale.
Dove aver a lungo parlato dei benefici dell’accountability per la cultura, non possiamo trascurare un’esigenza di comprensione, a cui i soli dati economici e finanziari spesso non riescono a rispondere.
In altre parole: se leggo un bilancio, lo capisco? La risposta è semplice ed è quasi sempre un no. Il linguaggio contabile, soprattutto per i “non addetti ai lavori”, presenta dei limiti. È legato al binomio costo/ricavo, attività/passività e al dare/avere. Di qui la necessità di individuare modalità nuove che possano integrare i dati economici, finanziari e patrimoniali dell’ente culturale con informazioni qualitative, e di farlo anche attraverso un “prova e riprova” di galileiana memoria.
È un grosso problema? Probabilmente non è un grosso problema, è un grosso lavoro. Che muove da assunti nuovi: l’approccio riduzionista (leggi economico-finanziario) non è più sufficiente, l’impresa culturale è un’organizzazione complessa, costituita da asset intangibili di incredibile valore, che sfida quotidianamente l’incertezza. Se volessimo riassumere in tag: approccio sistemico, complessità, intangibili, incertezza, valore.
Se quella che stiamo vivendo è prima di tutto una crisi cognitiva e valoriale che riguarda il modo di intendere i processi socio-economici, come ogni crisi dialettica ci offre la possibilità di cambiare il nostro filtro cognitivo e adottare nuovi modelli. Per questo l’impresa culturale deve sforzarsi di “ideare nuovi giochi” più che di “essere il giocatore migliore”, parafrasando Anderson, Premio Nobel per la Fisica nel 1977, trasferendo il concetto sull’accountability museale, nel tentativo di rendere lo strumento non solo un mezzo ma anche un messaggio.
Un messaggio che forse è sfuggito ai più, o peggio non ancora partito, mentre indagini recenti posizionano il settore cultura latamente inteso al 9% del PIL nazionale, con elementi significativi quali la presenza di imprenditori di prima generazione, la tenuta della competitività del sistema Paese, lo sviluppo di un humus creativo nelle aree urbane.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
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