Il modello del valore
Nelle prossime generazioni il vero analfabeta sarà colui che è incapace di capire un bilancio? L’idea che avevamo lanciato sul numero 9 di Artribune Magazine, “Il valore della cultura nella Terra di mezzo”, riguardava la costruzione di un modello di accountability museale che integrasse dati quantitativi e qualitativi-informativi, privilegiando un approccio di sistema, non riduzionista. Nella “terra di mezzo”, appunto.
L’obiettivo è cominciare a guardare il museo come organizzazione emergente dalle relazioni che lo costituiscono, oltre le prassi “salvaguardiste” o “promozionali”. E questo perché i fenomeni rilevanti, e dunque interessanti da conoscere e misurare, si rivelano principalmente come relazioni e processi piuttosto che come “cose” o “oggetti”, e richiedono un’epistemologia e una prassi inedite.
L’approccio del “modello del valore” prende le mosse dall’osservazione del museo come organizzazione complessa, non isolata, basata su fondamenta giuridiche e normative, e al contempo su asset intangibili d’incredibile valore, e formula una proposta di bilancio che consideriamo originale, presentata come framework e ottenuta come messa a sistema dei criteri tecnico-scientifici e standard per il funzionamento dei musei, gli indicatori del VAC (valore aggiunto culturale) e gli intangibili.
L’idea di proporre un libro che parla di bilancio museale utilizzando tre strumenti finora isolati fra loro – Standard, Vac e Intangibili – ha trovato ispirazione nella nuova deriva artistica contemporanea per cui i soggetti coinvolti non sono più due, come in passato: l’opera e l’artista, ma tre. Il pubblico è il grande protagonista del cambio di paradigma dell’arte contemporanea avviato da Duchamp. La sfida è riuscire a formulare con il modello del valore anche un’idea di unità (di bilancio), che è cosa diversa da un’idea di topicità. Sì, perché il modello del valore, come l’arte contemporanea per cui oggi si parla non tanto di arte in generale ma di singola opera d’arte, si presenta come approccio più che come format standardizzato.
La vera utilità sta nella personalizzazione del modello, flessibile nei contenuti e modificabile nel tempo, poiché il museo, come ogni forma organizzata, muta nel tempo e nello spazio, è un’identità dinamica. La scoperta e la presa di coscienza del sé museale, anche attraverso l’uso del modello del valore, quale strumento di autorappresentazione, e un continuo e costante perfezionamento – quasi come le superfici specchianti di Michelangelo Pistoletto – non possono che assicurare la mappatura delle funzioni, la plasticità del modello, la tensione all’unità.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #10
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