Mecenatismo anacronistico
Le radici storiche del mecenatismo si innestano nel fenomeno del collezionismo quando, disposti a spese “improduttive”, i sovrani dal Trecento e più tardi i principi europei siglano un rapporto strettissimo fra artista e committenza. Se Cosimo de’ Medici avesse reinvestito i suoi guadagni solo nelle aziende, oggi non sapremmo quasi più nulla di lui. Con i loro investimenti economicamente “improduttivi”, hanno ottenuto la più grande rendita immaginabile: avere nomi immortali.
Con questo numero di Gestionalia inauguriamo la tematica fiscale, complice la grande attualità di un trend tributario a dir poco sfavorevole per gli investimenti culturali. Sul fronte liberalità delle persone fisiche (detraibili per il 19% dall’imposta Irpef) la scure della spending review ha introdotto una franchigia e un tetto, scoraggiando così le donazioni di modesta entità, preziose per alimentare quel senso di “individuale collettivo” ben espresso dall’articolo 9 della Costituzione, snodo per una partecipazione identitaria e diffusa fiscalmente rilevante. Le liberalità da parte delle imprese resistono, con la deducibilità (con abbattimento dell’imposta Ires) parziale (nei limiti del 2% o del 10% del reddito con il tetto dei 70mila euro) o totale (art. 100 TUIR, co 2), ma è stato subito bloccato il tentativo promosso dalla Regione Toscana di prevedere anche una deduzione Irap, dichiarata incostituzionale (è in corso un dibattito fra la Corte e gli uffici giuridici della Regione).
Intanto la Cassazione sta interpretando in maniera restrittiva le sponsorizzazioni, affermando l’integrale deducibilità solo se sussiste un “nesso logico fra l’attività dello sponsor e la promozione dedotta”, con onere probatorio a carico del contribuente. Chissà se, nel tentativo di dimostrare il “nesso logico”, se ne vedranno di tutti i colori: clausole ad hoc per la crescita di fatturato, il do ut des fra sponsor e sponsee (la sinallagmaticità) riferito a obiettivi di espansione dei mercati (reali!). Altro che reputazione, visibilità del marchio, formazione delle risorse umane: la sponsorizzazione culturale deve garantire all’azienda-mecenate le vendite! E noi che ci eravamo sentiti più civili quando anche il Codice dei Beni Culturali accolse la sponsorizzazione (art. 120), affidandole quella dignità di strumento d’investimento prima ancora che di agevolazione tributaria.
Ma non era l’economia a dover sostenere la cultura, traendo da questo rapporto la migliore delle rendite immaginabili?
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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