Non profit e appalti pubblici
Il Consiglio di Stato apre la porta degli appalti pubblici agli enti del Terzo Settore. Ora è possibile per un’associazione di volontariato la partecipazione e la successiva aggiudicazione di un appalto pubblico, non essendo in alcun modo ostativa l’assenza di fine di lucro connaturata a tale tipo di ente.
Nel caso oggetto della decisione l’appalto pubblico in questione era un appalto di servizi per la istituzione di laboratori di azione per la valorizzazione ambientale, delle tradizioni, dei mestieri e delle identità locali di un parco naturale. Il soggetto che si era aggiudicato l’appalto aveva quale capofila un’associazione di volontariato, che la seconda classifica – che ha poi proposto ricorso al Tar – riteneva non idonea proprio a causa della sua natura non profit.
Il Tar aveva accolto il ricorso fondando la decisione su tale tesi. Il Consiglio di Stato davanti al quale è stato proposto appello ha sposato la tesi contraria. Richiamando la giurisprudenza comunitaria, il Consiglio di Stato ha dichiarato infatti che l’assenza di fine di lucro non è di per sé ostativa della partecipazione ad appalti pubblici, poiché l’assenza di fini di lucro non esclude che associazioni di volontariato esercitino anche un’attività economica e costituiscano imprese. In particolare, per le associazioni di volontariato, è la stessa legge quadro sul volontariato che, nell’elencare le entrate di tali associazioni, menziona anche le entrate derivanti da attività commerciali o produttive svolte a supporto delle attività principali, “con ciò riconoscendo” – sono parole del Consiglio di Stato – “la capacità di svolgere attività di impresa”.
In tale prospettiva, anche l’art. 5, l. n. 266/2001, nell’indicare le risorse economiche delle Onlus, menziona “entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali”, con ciò dimostrando di riconoscere la capacità delle Onlus di svolgere attività commerciali e produttive e, dunque, anche quella di partecipare a gare di appalto, quantomeno nei settori di specifica competenza. Quindi, solo laddove si dimostrasse che la partecipazione dell’associazione all’appalto non ha il carattere di marginalità, la partecipazione sarebbe illegittima.
Anche l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici si è mossa lungo lo stesso orientamento: inizialmente infatti aveva escluso che le associazioni di volontariato potessero partecipare a gare di appalto, in ragione proprio della gratuità dell’attività di volontariato (parere 31/1/2008 n. 29; parere 29/12/2008 n. 266), successivamente ha invece affermato che per operatore economico si può intendere anche un soggetto senza fine di lucro che operi occasionalmente sul mercato o goda di finanziamenti pubblici (parere 23/4/2008 n. 127; determinazione 20/10/2010 n. 7).
Per quanto riguarda i requisiti di ordine più pratico, il Consiglio di Stato rileva che nel bando in esame non era necessario il requisito dell’iscrizione nel registro delle imprese, poiché lo stesso bando consentiva al concorrente di dichiarare la non necessità di iscrizione nel registro delle imprese, per la particolare forma giuridica. Né era necessario produrre il certificato di iscrizione alla camera di commercio, che gli enti non profit non possiedono, atteso che il bando non lo richiedeva espressamente.
Infine il Consiglio di Stato ha confermato che la partecipazione a un appalto pubblico da parte di una Onlus non determina una alcuna disparità di trattamento rispetto agli altri concorrenti. La possibilità per le Onlus di fruire di finanziamenti pubblici non altera la par condicio tra concorrenti: il diritto comunitario infatti non impedisce la partecipazione agli appalti di enti senza fini di lucro e consente che possa partecipare a un gara di appalto anche un soggetto che fruisce di aiuti di Stato a condizione che si tratti di aiuto di Stato lecito.
Claudia Balocchini
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