Il 5 per mille che diventa 4
Per l’anno 2011 i contribuenti hanno fatto raggiungere al 5 per mille la quota di quasi 488 milioni di euro. Lo Stato italiano ha però destinato alle organizzazioni inserite negli elenchi dei beneficiari la diversa (e minore) somma di 395 milioni.
Solo dopo l’interrogazione dell’onorevole Luigi Bobba (che, lo scorso 29 maggio, aveva chiesto al Governo se le somme che l’Agenzia delle Entrate distribuirà ai beneficiari del 5 per mille corrispondano al totale devoluto dai contribuenti), il viceministro all’economia Stefano Fassina ha finalmente dato una risposta.
Fassina ha precisato, peraltro correttamente, che la misura del 5 per mille introdotta a partire dalla legge finanziaria del 2006 è una misura sperimentale che non ha ancora trovato una stabilizzazione legislativa. Ogni anno, infatti, il legislatore si premura di rinnovare tale possibilità per i contribuenti senza emanare una disciplina definitiva in materia.
Ciò che fino ad adesso era meno chiaro e mai ufficialmente comunicato ai contribuenti è che esiste un meccanismo di calcolo particolare: nel caso in cui le somme complessive delle scelte operate dai contribuenti risultino superiori agli stanziamenti previsti, su richiesta del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, l’Agenzia delle Entrate deve provvedere a rimodulare la ripartizione degli importi spettanti sulla base delle effettive disponibilità.
C’è quindi, detto più semplicemente, un tetto al 5 per mille: un limite oltre il quale lo Stato italiano non procede all’erogazione bensì rimodula le cifre. In base a questo ricalcolo, il 5 per mille diventa di fatto poco più di un 4 per mille. Relativamente all’esercizio finanziario 2011, infatti, mancherebbero all’appello 92 milioni di euro, ovvero la differenza tra i fondi raccolti (488 milioni circa) e i fondi effettivamente ripartiti (395 milioni circa).
Approfondendo l’analisi, in due anni lo Stato ha ricalcolato le somme da erogare alle organizzazioni beneficiarie “trattenendo” una somma complessiva che secondo le stime sarebbe pari a 172 milioni. Già nell’esercizio 2010, infatti, i contribuenti italiani avevano destinato tramite la scelta del 5 per mille la somma di circa 463 milioni di euro alle organizzazioni non profit; di questi fondi, lo Stato ha trattenuto 80 milioni di euro circa, accreditandone solo 383 milioni.
Una delle prima realtà del terzo settore ad alzare la voce, dopo l’intervento del Viceministro all’Economia Fassina, è stata AISM. L’ente, che finanzia circa il 70% della ricerca fatta in Italia sulla sclerosi multipla, ha sottolineato che quanto dichiarato in Parlamento si traduce per le ultime due edizioni del 5 per mille in una perdita di 2,5 milioni di euro da destinare alla ricerca.
Stando così le cose ed essendo particolarmente difficile ipotizzare che la proposta di legge sulla eliminazione del tetto del 5 per mille sia analizzata dal Parlamento in tempi brevi, la preoccupazione per il ricalcolo delle somme da erogare per l’anno 2012 si fa ancora più seria.
Considerando che, a partire dall’anno 2012, appunto, tra le finalità alle quali poteva essere destinata la quota pari al 5 per mille dell’Irpef era stato inserito anche il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, le organizzazioni non profit culturali (che sull’onda della necessità e dell’entusiasmo per la nuova opportunità, hanno aderito investendo risorse ed energie nella comunicazione e nella sensibilizzazione sul 5 per mille) sono purtroppo avvisate.
Claudia Balocchini
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