cheFare… coi bandi?
La seconda edizione del bando cheFare è l’occasione utile per approfondire le tematiche relative a come poter partecipare a un bando “privato”. Ultimamente sono molto aumentati, infatti, i bandi offerti da soggetti che non rientrano tra le categorie di enti pubblici o di origine bancaria. Questo ha come conseguenza che l’impostazione nella indicazione dei requisiti essenziali è diversa, così come deve esserlo l’approccio per i potenziali concorrenti nel partecipare.
I nuovi soggetti che si stanno affacciando alla scena del fundraising mediante l’organizzazione di bandi e/o concorsi non hanno una forma predefinita: sono spesso fondazioni private, ma vi sono anche associazioni o gruppi di enti che, unendo le proprie forze, riescono a raccogliere una somma considerevole e a organizzare tutte le fasi del complesso meccanismo di gara.
La natura e la forma del soggetto erogatore, le circostanze e il contesto nel quale è nato il bando e le indicazioni valoriali che sono individuate in tutti i documenti ufficiali legati a esso sono fonte di indicazioni preziose per chi voglia provare a partecipare con il proprio progetto.
Quest’anno la seconda edizione di cheFare, promossa dall’associazione culturale DoppioZero, assegnerà un contributo in denaro di 100mila euro a un progetto di innovazione culturale caratterizzato da un forte impatto sociale. Fino al 9 dicembre sarà possibile inviare il proprio progetto affinché sia esaminato nella prima fase di selezione, i progetti più meritevoli dovranno poi essere valutati dal pubblico del web mediante votazione su piattaforma online. Infine, sarà una giuria a scegliere il progetto più meritevole tra gli otto più votati dal pubblico.
Il bando si propone di incentivare le dinamiche positive che emergono dalla messa in rete delle competenze di diverse imprese culturali, nonché di supportare il mondo delle imprese culturali nella costruzione di nuovi modelli di business economicamente e socialmente sostenibili. I requisiti richiesti al progetto sono infatti: la promozione di collaborazione attraverso la costruzione di reti territoriali e reti online; la ricerca di forme innovative di progettazione, produzione, distribuzione e fruizione della cultura; la riproducibilità e l’ambizione a un ulteriore sviluppo dimensionale; la sostenibilità nel tempo; l’equità economica e contrattuale dei lavoratori impiegati; un impatto sociale territoriale positivo; l’inquadramento della cultura come bene comune (tecnologie hardware e software opensource e freesoftware, impiego di licenze Creative Commons ecc.); la capacità di coinvolgere le comunità di riferimento e i destinatari.
I meccanismi di valutazione e i requisiti richiesti scardinano l’impostazione vecchio stile sin qui utilizzata per la redazione dei progetti, troppo spesso scardinata da logiche di sostenibilità, riproducibilità e ricaduta sociale, e allo stesso tempo incoraggiano ad attivare una rete il più vasta possibile in vista della fase di valutazione online.
cheFare si autodefinisce “uno spazio che permette ad associazioni e imprese profit e non profit di sviluppare il proprio fare, dando vita a collaborazioni diffuse e attivando network territoriali”. Tale vocazione relazionale e reticolare è strettamente connaturata per cheFare alle nuove tecnologie che nel panorama contemporaneo stanno contribuendo allo sviluppo dei processi cooperativi, dando vita a nuove pratiche di produzione sociale, culturale, economica. Mediante l’uso di una intelligenza collettiva, stimolata dalla partecipazione emotiva che i processi di rete sanno attivare, possono infatti essere immaginate nuove formule che nelle varie fasi di progettazione, organizzazione e distribuzione della cultura abbiano la funzione di moltiplicatori di senso.
L’analisi dei valori e del contesto di riferimento è un valido strumento per comprendere quali sono gli elementi da sottolineare con maggiore enfasi e attraverso quale linguaggio, anche al fine di sfruttare a proprio favore tutte le fasi del bando. Nello specifico caso del bando cheFare, inoltre, la redazione del progetto dovrà necessariamente accompagnarsi alla creazione e/o al consolidamento della propria base allargata di partecipazione e di consenso.
Claudia Balocchini
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