Pensiero laterale e posizionamento
Irene Sanesi e la sua rubrica “Gestionalia” guardano alla Swot. No, non gli omofoni reparti speciali statunitensi, ma un metodo di analisi per valutare il posizionamento delle imprese culturali.
Le scelte di un’impresa culturale passano dall’enunciazione degli obiettivi qualitativi e quantitativi, dall’esame dei vincoli interni e delle variabili esterne; in altre parole, dal posizionamento strategico.
La S.W.O.T. Analisys (S-trenghts W-eakness O-pportunities T-hreats) è la metodologia più diffusa in merito. Si basa su una matrice divisa in quattro campi (si veda l’immagine qui sopra).
Per trarre utilità dalla matrice è necessario porsi domande, ad esempio in relazione ai punti di forza:
– in cosa ci distinguiamo?
– quali sono i nostri vantaggi competitivi?
– cosa sappiamo fare bene?
– su quali risorse strategiche possiamo contare?
In ambito museale (ma ciò vale anche per i teatri, i centri di arte contemporanea ecc.) la swot analisys è utile per l’analisi della concorrenza. I musei non hanno come loro esclusivi competitor gli altri musei. Una circostanza che allarga i confini e le tipologie:
– concorrenza indiretta, tra bisogni alternativi;
– concorrenza allargata, tra prodotti sostitutivi;
– concorrenza diretta, tra operatori esistenti.
I beni del consumo culturale in concorrenza fra loro si distinguono fra beni search, quando il consumatore può verificare la qualità del prodotto prima del consumo e può conseguentemente valutarne l’utilità; beni experience (per esempio l’arte dal vivo, i dischi, i libri), la cui qualità può essere valutata dopo il consumo, e non prima; e beni credence (i musei), la cui qualità risulta, anche dopo il consumo, di non facile e comunque soggettiva valutazione.
Nella costruzione della matrice si dovranno considerare anche altre variabili, fra le quali:
– comportamenti del pubblico di riferimento
– bisogni manifesti o latenti
– valutazione offerte alternative
– rapporto fra rischi e vantaggi della scelta
– rapporto fra obiettivi attesi e percepiti
Insomma, ci troviamo “dentro” una griglia di idee/riflessioni/interazioni/scambi che, soprattutto all’inizio, sarà libera (secondo l’approccio del brainstorming, più storming che brain) per poi essere ricondotta a un approccio più schematico, fino a fornire una base affidabile per assumere decisioni. Assecondando questo “pensiero laterale” si è infatti “costretti” ad analizzare il problema da quattro punti di vista diversi e contrastanti, quando invece si tende per natura ad avere un solo punto di vista.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15
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