Crisi e cultura. E se si pensasse a un incentivo per la partecipazione?
E se, per far ripartire il settore culturale, si creassero incentivi fiscali per la fruizione? In parole povere: se compro un biglietto per andare a teatro o entrare in un museo, non ci pago le tasse. La proposta - in realtà più articolata di quanto qui sintetizzato - di Stefano Monti.
Più volte ho avuto l’occasione di esprimermi sul tanto discusso rapporto fra politica fiscale e politica culturale, sull’interconnessione che si viene a creare fra due sfere del vivere sociale apparentemente distanti come fisco e cultura, in realtà più legate che mai. La crisi economica che dal biennio 2007-2008 sta così tanto condizionando l’economia italiana e internazionale esercita la sua pressione anche accelerando la flessione del sostegno pubblico diretto alla cultura, fenomeno questo non esclusivamente italiano quanto di portata europea.
Da questo punto si riparte, ripensando il ruolo dello Stato nel finanziamento alla cultura, un ruolo chiamato a evolvere con una strategia che sappia coniugare misure volte ad aumentare l’indipendenza finanziaria del settore con altre volte a supportare una partecipazione diffusa da parte dei cittadini, i quali dovrebbero costituire – almeno secondo l’approccio teorico – i destinatari ultimi dei benefici generati dalla fruizione diffusa del patrimonio e delle attività culturali.
Lo strumento principale con cui lo Stato deve ora imparare a esercitare il proprio ruolo è il finanziamento indiretto, un’arma importante in vista della creazione di un ecosistema incentivante per il settore cultura, che agevoli e renda possibile l’intervento del privato, in tutte le sue declinazioni – singolo cittadino, organizzazione non profit e impresa commerciale –, nel sostegno e nella partecipazione alla vita artistica e culturale del nostro Paese.
Dopo aver argomentato a favore della defiscalizzazione per le transazioni con oggetto beni artistici, della stessa defiscalizzazione ma applicata ai costi operativi per i produttori di cultura e della necessità di estendere la piena deducibilità delle erogazioni liberali anche alle persone fisiche, voglio proporre un ulteriore punto di vista, chiamando in causa un altro intervento possibile, già ampiamente sperimentato in Slovacchia, Germania e Regno Unito. Mi riferisco alla strutturazione di incentivi fiscali per la fruizione culturale.
Vere e proprie agevolazioni per il cittadino, con questa espressione si fa riferimento a tutte quelle forme d’intervento incentivante che hanno come destinatario la persona fisica o la famiglia, sviluppate con l’obiettivo di sostenere la spesa in cultura, rilanciando una partecipazione più attiva e diffusa alla fruizione del patrimonio e delle attività culturali proposte. Una tipologia d’intervento che può prendere diverse forme, dalla detraibilità delle spese effettuate dal singolo o dalla famiglia alla defiscalizzazione del prezzo di vendita dei biglietti relativi alle attività culturali, alla concessione di voucher e agevolazioni da spendere esclusivamente per scopi culturali tarati sulla base del reddito imponibile.
In un periodo di forte crisi economica e politica come quello che stiamo attraversando, per lo Stato sviluppare un intervento a sostegno della partecipazione culturale della cittadinanza vorrebbe dire farsi promotore di un messaggio tanto importante quanto complesso, volto a sottolineare il valore primario della cultura e delle attività culturali nella vita individuale e collettiva. Sostenere la spesa in cultura dei cittadini implica, di fatto, per il governo, prendere una posizione. Sviluppare una misura in questo senso non solo significa rilanciare il coinvolgimento proattivo nella vita culturale quale esperienza di arricchimento per il singolo e la comunità, o stimolare una conoscenza sempre maggiore del nostro inestimabile patrimonio storico artistico, ma comporta, allo stesso tempo, promuovere la formazione continua dell’individuo e lo sviluppo di una coscienza civile, oltre che artistica e culturale.
I tempi sarebbero più che mai opportuni. Sfogliando i dati dell’ultimo Rapporto Annuale di Federculture notiamo come, dopo oltre un decennio di crescita costante, nel 2012 in Italia si sia registrato un calo della spesa in cultura e ricreazione delle famiglie del 4,4%. Gli stessi dati sulla fruizione culturale si rivelano negativi, con netta inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni e per tutti i principali settori: teatro -8,2%, cinema -7,3%, concerti -8,7%, musei e mostre -5,7%.
Fra le varie misure possibili per stimolare un atteggiamento favorevole nei confronti dell’arte e della cultura, forse è proprio l’intervento volto a sostenere la domanda e la partecipazione della cittadinanza quello che avrebbe un’eco più forte allo stato attuale. Vale forse però la pena di chiedersi quanto l’aumento delle possibilità di accesso per i cittadini, la riscoperta dell’entusiasmo nei confronti del patrimonio storico artistico e della cultura e la presa di coscienza che in genere si accompagna al miglior impiego del tempo libero da parte della cittadinanza costituisca, di fatto, una priorità nell’agenda di chi, dall’alto, scrive le regole del nostro sistema politico, economico e culturale.
Stefano Monti
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