Dimmi che autore sei e ti dirò quanto paghi
Con il messaggio n.14802 del 19 settembre 2013 l’INPS ha precisato quali sono le regole in materia fiscale e contributiva per i compensi legati all’utilizzo e allo sfruttamento economico del diritto di autore. Qui di seguito i dettagli.
L’INPS ha emanato un chiarimento in ordine al trattamento contributivo di somme percepite a titolo di compenso per lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di immagine, allegando anche schede sinottiche che riepilogano il trattamento fiscale e contributivo dei compensi per lo sfruttamento del diritto di autore e di immagine.
Premettendo che il diritto di autore è disciplinato e tutelato dal codice civile (artt. 2575-2583) e dalla Legge n.633/1941 (Legge sul diritto d’autore), le opere comprese nella protezione fornita dalla legge citate espressamente dall’INPS sono: 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma scritta quanto se orale; 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale; 3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti; 4) le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia; 5) i disegni e le opere dell’architettura; 6) le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora; 7) le opere fotografiche; 8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore; 9) le banche di dati; 10) le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico.
In ogni caso, il documento precisa che l’elencazione delle opere protette va intesa in senso non tassativo, ma esemplificativo, pertanto la protezione propria del diritto di autore, nonché il trattamento fiscale e contributivo dei compensi ad esso afferenti vanno estesi anche ad opere non citate in tale elenco che presentino elementi apprezzabili di creatività (citando la giurisprudenza della Cassazione, anche uno scritto di pubblicità commerciale cui sia riconoscibile un carattere creativo consistente nella sistemazione ed organizzazione delle notizie in base a criteri dotati di una certa originalità).
Sul piano tributario, il compenso per lo sfruttamento economico del diritto di autore, è assoggettato a diversa imposizione a seconda dal soggetto che lo percepisce:
– se percepito dall’autore, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore (se non si tratta di proventi conseguiti nell’esercizio di impresa commerciale ovvero assimilabili ai redditi di lavoro dipendente), rientra nell’esercizio abituale di arti o professioni e comporta il trattamento del compenso come reddito di lavoro autonomo. Per la determinazione del reddito imponibile, all’importo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione pari al 25% (per contribuenti con età superiore a 35 anni) ovvero al 40% (per contribuenti con età pari o inferiore a 35 anni) della misura del compenso medesimo (art. 54, co. 8, primo periodo, TUIR);
– se percepito da aventi causa a titolo gratuito (ad esempio gli eredi), il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi e costituisce reddito imponibile per l’intero importo;
– se percepito da soggetti che abbiano acquisito a titolo oneroso l’utilizzazione economica di tale diritto, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi, ma all’importo lordo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione in misura pari al 25% del suo importo (art. 71, TUIR).
Sotto il profilo previdenziale, invece, il reddito per lo sfruttamento economico del diritto di autore risulta soggetto ad imposizione esclusivamente laddove derivi – fatti salvi i rari casi in cui è assimilato al reddito di lavoro dipendente e, pertanto, soggetto a tassazione da parte del datore di lavoro – dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di arti e professioni, vale dire la fattispecie alla lettera a).
Il soggetto titolare dei redditi in questione può rientrare in una delle seguenti fattispecie:
1. si tratta di un libero professionista iscritto ad una delle forme previdenziali previste dal D.Lgs. n. 509/1994 e dal D.Lgs. n. 103/1996 (Casse dei professionisti). In questo caso, l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni adottate dalle singole Casse;
2. è un artista iscritto al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo ex ENPALS. In questo caso, l’obbligo contributivo (e informativo), in deroga ai principi generali che regolano l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori autonomi, sussiste in capo al datore di lavoro, con diritto di rivalsa nei limiti della contribuzione posta a carico del lavoratore. Inoltre, sono da assoggettare a contribuzione previdenziale tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo maturati nel periodo di riferimento in relazione al rapporto di lavoro. Fanno eccezione invece le cd. royalties, che sono assoggettate a contribuzione nel mese di corresponsione, vale a dire istituti retributivi tipici del lavoro subordinato;
3. si tratta di un lavoratore autonomo non iscritto ad una delle Casse dei professionisti e non rientrante nelle categorie degli artisti iscritti alla gestione di cui al punto 2. In questo caso, trattandosi di redditi qualificati alla stregua di redditi di lavoro autonomo, si configura la necessità dell’iscrizione alla Gestione separata ed il conseguente assoggettamento a contribuzione obbligatoria. Pertanto la misura dell’imponibile è pari all’importo del compenso al netto delle deduzioni forfettarie disposte dal TUIR, entro i limiti dei massimali annui di imponibile previdenziale.
Claudia Balocchini
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