Professionista culturale. Un nuovo elenco e i soliti esclusi
A giugno la cosiddetta Legge Madia ha introdotto il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali. Ora sono inseriti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e hanno un elenco nazionale. Però sono rimaste escluse alcune categorie…
Il riconoscimento dei professionisti dei beni culturali è avvenuto attraverso due modifiche al Codice dei beni culturali. La prima ha affidato esplicitamente tutti gli interventi di tutela, vigilanza e conservazione dei beni culturali “alla responsabilità, secondo le rispettive competenze, alla responsabilità e all’attuazione di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale”, nonché alla responsabilità e all’attuazione degli operatori delle altre professioni già regolamentate. La seconda modifica, che mira a regolamentare le professioni dei beni culturali, ha istituito dei registri ufficiali per le singole professioni, ovvero elenchi aperti del Mibact ai quali potranno iscriversi tutti i professionisti delle specialità citate (archeologia, archivistica, bibliotecaria, demoetnoantropologia, diagnostica applicata ai beni culturali o storia dell’arte), purché in possesso di determinati requisiti minimi.
Nonostante siano stati presentati alcuni emendamenti in materia, il termine “gestione” tra gli interventi previsti e quello di “manager culturali” nell’elenco delle professioni citato non sono stati inseriti. Il relatore della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione ha motivato tale scelta spiegando che il riferimento necessario era quello agli “ambiti di azione che vengono già oggi indicati nel codice per i beni culturali e ambientali” e che occorreva “individuare dei profili professionali che abbiano un’univocità nel loro intervento sui beni culturali”.
In ogni caso la definizione delle modalità e dei requisiti per l’iscrizione dei professionisti negli elenchi sono demandate all’emanazione di un decreto ministeriale (da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge), previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il decreto ministeriale è emanato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e sentiti il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le rispettive associazioni professionali e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali maggiormente rappresentative.
Con riferimento alla figura di restauratore di beni culturali, la legge prevede un regime speciale: l’acquisizione diretta della qualifica è condizionata all’esito positivo di una procedura di selezione pubblica basata sulla valutazione di titoli e attività, ovvero, in presenza di altri requisiti, al superamento di una prova di idoneità.
Gli elenchi di operatori delle professioni dei beni culturali non costituiscono un albo professionale e sebbene “l’iscrizione all’elenco è condizione sufficiente allo svolgimento degli stessi interventi indicati”, la non iscrizione di un professionista negli elenchi indicati non preclude in alcun modo la possibilità di esercitare la professione.
Si attende il decreto ministeriale per comprendere, nella pratica, quali soggetti potranno iscriversi e quali requisiti saranno loro richiesti.
Claudia Balocchini
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