La Triennale di Milano: natura privata a maggioranza pubblica
La Triennale di Milano è e si deve considerare un’istituzione culturale privata, anche se di proprietà pubblica. Dopo nove anni di giudizio e il precedente provvedimento del Tar della Lombardia, il Consiglio di Stato ha confermato poche settimane fa la decisione del Tar del 2012.
Non si tratta solo di una questione giuridica, ma di una statuizione relativa a indipendenza e bilancio: il d.l. 223/2006, il cui art. 22 prescriveva la riduzione delle spese di funzionamento per enti e organismi pubblici non territoriali per il 2006 nella misura del 10%, a detto contenimento delle spese si associava l’obbligo di riversare nel bilancio dello Stato la corrispondente somma con ulteriore previsione che per il triennio 2006/2009 le previsioni di spesa non potessero superare l’80% di quelle dell’anno 2006 (nel caso di mancata osservanza, i bilanci degli enti e degli organismi pubblici non sarebbero stati approvati da parte delle rispettive Amministrazioni vigilanti).
La Fondazione La Triennale di Milano è stata riconosciuta come ente pubblico autonomo nel 1931 ed è poi stata trasformata in fondazione di diritto privato senza scopo di lucro con il D. Lgs. 273/1999, garantendo la personalità giuridica di diritto privato, in sostituzione di quella pubblica, per la possibilità di un migliore e più razionale svolgimento delle proprie funzioni.
La Fondazione era stata poi inclusa nell’elenco dei soggetti obbligati a rispettare la disciplina dettata dal d.l. 223/2006 e pertanto proponeva il primo ricorso che il T.A.R. della Lombardia accoglieva ritenendolo fondato. Tale sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dall’ISTAT, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, i quali ne hanno chiesto la riforma.
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del T.A.R. della Lombardia evidenziando che l’inclusione della Fondazione nell’elenco dei soggetti sottoposti alla disciplina citata dovevano presentare la compresenza (e in via cumulativa) di quattro requisiti: i) assenza di scopo di lucro; ii) personalità giuridica; iii) agire quale produttore di beni o servizi ‘non destinabili alla vendita’; iv) essere controllato e finanziato in prevalenza da amministrazioni pubbliche.
Il Consiglio di Stato si sofferma sul requisito di “produttore di beni o servizi non destinabili alla vendita” da verificarsi per costante giurisprudenza in base al criterio del cosiddetto “prezzo economicamente significativo”, escludendo tale qualifica nelle ipotesi in cui i proventi delle “vendite” non coprano una quota superiore del 50% dei costi di produzione. Considerato che in tale fattispecie si devono computare anche le attività di mercato svolte dalla società in house Triennale di Milano Servizi S.r.l. (interamente posseduta dalla Fondazione) l’effetto sarà quello di escludere l’applicazione per la Fondazione La Triennale.
Nonostante la difesa dell’ISTAT che negava la qualifica di holding alla Fondazione (non avendo, in particolare, quale funzione principale quella di “controllare e dirigere un gruppo di società controllate”), il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto che la questione fosse da impostare “in base alla diversa (e logicamente preliminare) questione relativa ai rapporti fra l’Ente/organismo controllante e il proprio organismo in house […] in coerente applicazione di principi di matrice in primis eurounitaria, deve ritenersi che l’organismo ‘in house’ (al di là del formale ‘velo societario’) si qualifichi come mera articolazione organizzativa interna dell’ente o organismo che lo controlla, in tal modo qualificando l’istituto medesimo come legittima declinazione del generale principio dell’autoproduzione”.
Difettando uno dei quattro presupposti richiamati, la Fondazione La Triennale ha visto confermata la sua natura autonoma. Il comunicato della Triennale ha poi però precisato: “Affermare che la Triennale di Milano è una istituzione culturale di diritto privato non significa che le sia consentito fare e disporre di tutto a proprio piacimento, bensì connota una accresciuta responsabilità alla migliore gestione di un bene pubblico cui possono aggiungersi, nelle forme consentite, i privati per il raggiungimento degli obiettivi della Fondazione”.
Claudia Balocchini
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