Gianfranco Sanguinetti contro la Biennale di Venezia
Ve la ricordate l’installazione “Sanguinetti Breakout Area” alla Biennale di Venezia di quest’anno? È di Samson Kambalu ma utilizza materiali d’archivio di Gianfranco Sanguinetti. E i due sono finiti in tribunale.
L’AUTORE E I SUOI DIRITTI
L’utilizzazione ed elaborazione di opere altrui per la creazione di nuove opere artistiche è una pratica sempre più diffusa, che sul piano dei diritti d’autore pone diversi problemi interpretativi. Si pensi, per esempio, all’appropriazionismo e ai casi giudiziari Patrick Cariou vs Richard Prince oppure Fondazione Alberto e Annette Giacometti vs Fondazione Prada e John Baldessari.
Sul piano giuridico, il quesito cui dare risposta è se l’utilizzazione di opere altrui, in tutto o in parte, per la creazione di una nuova opera dell’ingegno debba essere autorizzata dall’autore dell’opera originaria. In proposito è bene ricordare che la legge sul diritto d’autore (n. 633/41) attribuisce il diritto esclusivo di elaborazione e modificazione dell’opera all’autore, che deve autorizzare eventuali elaborazioni della propria creazione. L’opera derivata, se creativa, sarà autonomamente tutelata, ma è comunque necessario chiedere il permesso all’autore dell’opera originaria oggetto di elaborazione, modificazione e adattamento.
SANGUINETTI QUAND’ERA SITUAZIONISTA
Su questi temi si è recentemente pronunciato anche il Tribunale di Venezia (Trib. Venezia, 7.11.2015, ord. cautelare) in un caso che ha visto coinvolti l’artista Gianfranco Sanguinetti, da una parte, e la Fondazione La Biennale di Venezia e l’artista Samson Kambalu dall’altra, relativamente all’installazione Sanguinetti Breakout Area. In particolare, Kambalu ha realizzato l’installazione, allestita alla Biennale di Venezia 2015, utilizzando fotografie di opere di Sanguinetti provenienti dall’archivio Beinecke Rare Book & Manuscript Library, che aveva acquistato all’asta l’archivio situazionista di Sanguinetti.
Secondo Sanguinetti tale installazione, realizzata senza chiedere alcun permesso per l’utilizzazione del materiale d’archivio, sarebbe lesiva dei diritti d’autore di riproduzione, esposizione, distribuzione, pubblicazione ecc.
Dall’altra parte, la Biennale e Kambalu si sono difesi evidenziando che l’artista si sarebbe appropriato delle opere di Sanguinetti per realizzare un’opera provocatoria, satirica e parodistica, espressione di un nuovo messaggio e significato artistico. Prendendo spunto dalla cessione all’asta dell’archivio situazionista di Sanguinetti, l’installazione metterebbe in evidenza, mediante la pratica del détournement, la contraddizione tra l’atto di mercificazione e i principi teorici del movimento dell’Internazionale Situazionista cui aveva aderito Sanguinetti.
Per avvalorare le proprie argomentazioni, la difesa giunge ad ipotizzare una sorta di licenza generalizzata, gratuita e non esclusiva, concessa dagli artisti che hanno aderito al movimento situazionista (“Secondo la stessa teorica situazionista, l’opera dell’intelletto sarebbe appropriabile, al fine di rendere la stessa liberamente fruibile e non mercificata, con la conseguenza che lo stesso Sanguinetti, propugnando dette teorie, avrebbe offerto a chiunque una licenza gratuita e non esclusiva per la riproduzione delle sue opere, rappresentando il détournement il diniego situazionista della proprietà intellettuale”). È evidente che quest’ultima argomentazione, per quanto suggestiva e interessante, potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio per gli artisti, a prescindere dal caso Sanguinetti.
A VINCERE È LA PARODIA
Il Tribunale ha deciso il caso applicando i principi giuridici in materia di parodia e critica sarcastica, nonché i principi politico-artistici teorizzati dal movimento dell’Internazionale Situazionista, di cui Sanguinetti era esponente. In particolare, il giudice ha sottolineato che “l’installazione si fa veicolo di un messaggio creativo, originale ed autonomo chiaramente percepibile e che nel suo complesso, utilizzando il linguaggio del movimento situazionista in ragione dell’uso del détournement, dello scandalo e della beffa, ha evidenziato la contraddizione tra la teorizzata lotta alla mercificazione dell’opera dell’intelletto propria dello stesso ricorrente [Sanguinetti, N.d.R.] e la messa in vendita delle opere da parte di Sanguinetti”.
Inoltre, il messaggio sarcastico e creativo voluto dall’artista Samson Kambalu è confermato anche dalla scelta del titolo dell’installazione Sanguinetti Breakout Area, posto il suo duplice significato di installazione dedicata al “contrattacco” critico a Sanguinetti ovvero di installazione dedicata alla “fuga” di Sanguinetti dal suo ideale situazionista.
Sulla base dell’iter argomentativo sopra sommariamente esposto, l’utilizzazione non autorizzata delle opere di Sanguinetti è stata considerata lecita e non una mera contraffazione e plagio di opere altrui.
A questo punto non resta che attendere il seguito giudiziario della Sanguinetti Breakout Area e l’eventuale impugnazione del provvedimento cautelare, di cui ad oggi non c’è notizia.
Raffaella Pellegrino
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