I tempi del museo
Voi quanto ci restate in un museo? E quali sono i fattori che influenzano la durata della visita? Certo, l’estensione di collezioni e mostre. E poi?
Tue Manno priegho provegi a quello ch’è di bisongno
e noe perdere tenpo […]
in però che tenpo perduto non si raquista mai
e ‘l tenpo è la pùe chara chosa che noi abiamo;
[…] e pertanto ti chonsilglo che tue volgla essere di quelli
che spende bene il tenpo e noe male.
Francesco Datini a Manno di Albizzo degli Agli, 13 maggio 1394
CRONO-LOGIE
“Lo scorrere del tempo è palese per ciascuno di noi. Possiamo immaginare un mondo senza colori, senza materia, anche senza spazio, ma non senza tempo”. È Martin Heidegger che ha espresso con forza questo nostro “abitare il tempo”. Chissà se il dibattito sul tempo museale (ma anche culturale) possa inserirsi nella querelle filosofica secondo cui si può optare per una classificazione di tipo A (come qualcosa di oggettivo e indipendente da noi) oppure di tipo B (come qualcosa di relativo).
Il museo giunge a noi da un tempo passato che sembra lunghissimo e lentissimo, la stessa sensazione si prova pensando alle sue collezioni stratificate, ordinate, per le quali l’asse temporale è spesso anche un criterio di allestimento. Ma il tempo della visita, come si colloca nello spazio artistico e antropico del contenitore museale? E come si misura?
QUANTO SI RESTA AL MUSEO?
L’orario di apertura del museo rappresenta un importante strumento per consentire un’adeguata fruizione e una politica culturale di accesso. Vi sono musei, soprattutto all’estero, che ne hanno fatto un mezzo di comunicazione strategico, collegando l’estensione temporale, o anche semplicemente una proposta flessibile, all’offering culturale. Visite-sneak caratterizzano per esempio l’utilizzo della pausa pranzo per lavoratori che “impiegano bene” uno spazio temporale usato spesso frettolosamente. Il tè o l’aperitivo al museo come format di edutainment che allungano l’orario pomeridiano e serale, così come le aperture notturne, soprattutto in estate, consentono di vivere il museo come luogo di incontro, informale e colloquiale.
La permanenza è una variabile influenzabile da molteplici fattori: la dimensione del percorso di visita, la consistenza e numerosità della collezione, la disponibilità soggettiva del tempo, le aspettative di durata, le modalità di fruizione, sono tutti elementi (molti soggettivi) che incidono profondamente sulla permanenza nel museo. È indubbio però che, anche nella prospettiva culturale, la permanenza indica un valore di per sé, e ciò è intuibile empiricamente in quanto da un posto poco accogliente o non gradito si tende a fuggire velocemente.
COME USARE I DATI
Molte più informazioni qualitative giungerebbero se riuscissimo a combinare i dati della permanenza con il gradimento del tempo a disposizione: sono riuscito a vedere tutto quello che volevo? Vorrei ritornare? Ho trovato, nel percorso di visita, strumenti di apprendimento e di riposo? L’esperienza culturale è anche una questione di tempi.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #27
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