Imprese culturali: abbiate cura dei vostri bilanci
Quante sono le imprese culturali che considerano il bilancio preventivo uno strumento indispensabile per la loro programmazione e non una mera imposizione statutaria, laddove presente? E se la risposta è positiva, come lo redigono e per chi?
Il bilancio di previsione può essere un elenco di voci di entrata e uscita o, piuttosto, un documento capace di fornire informazioni utili prima di tutto ai soci, agli amministratori e ai portatori di interesse in genere.
Il bilancio preventivo diventa una narrazione qualitativa e quantitativa nella misura in cui è ricco di dati relativi alla parte economica (confrontando costi e proventi), finanziaria (indicando il fabbisogno monetario), patrimoniale (rappresentando i beni da acquisire o conservare), fiscale e, non ultima, organizzativa (quali competenze per quale struttura di staff). Insomma, un buon preventivo è anche un documento utile per lavorare con un approccio sostenibile, capace di garantire efficacia, efficienza ed economicità alla gestione.
Sembrerà banale, ma mettere per iscritto la previsione delle componenti del bilancio di una gestione che verrà rappresenta non solo una presa d’atto delle risorse necessarie, quanto l’acquisizione di un impegno consapevole, moralmente da rispettare. E qui arriviamo alla prima indicazione da seguire: il preventivo va costruito indicando a latere i dati del pre-consuntivo dell’anno in corso, meglio se corredato anche da due o tre annualità, così da avere chiaro il trend storico. Di contro, ha davvero poco senso deliberare su preventivi la cui colonna di confronto afferisca ai preventivi degli anni precedenti. Eppure succede.
Seconda indicazione operativa: costruire il modello di previsione sulla base del rendiconto e quindi utilizzando le medesime voci del piano dei conti contabile e lo stesso criterio di redazione (meglio se economico, corredato anche dal cash flow ed eventualmente e se significativo dalla previsione patrimoniale). Anche in questo caso potranno apparire notazioni scontate, eppure si trovano imprese culturali che adottano modelli diversi a seconda che debbano rendicontare o prevedere le attività.
L’ultimo spunto riguarda la capacità del modello di articolarsi per centri di costo/ricavo (e qui vengono in aiuto le “colonne” per evidenziare i vari ambiti: mostre, education, eventi, ricerca ecc.) in maniera da ottenere nello stesso documento una serie preziosa di informazioni. A questo punto avremo un bilancio di previsione redatto per competenza economica sul modello del rendiconto con, in colonna, tre anni di confronto di cui il pre-consuntivo dell’anno in corso e la suddivisione per centri di costo/ricavo: un documento in grado di programmare e controllare la gestione come un vero e proprio “cruscotto”.
Uno straordinario vantaggio di questo strumento, così strutturato e opportunamente implementato, è che impedisce l’“effetto sorpresa”, di trovarsi cioè a distanza di quasi un anno e mezzo, alla chiusura del bilancio consuntivo, con i conti in rosso senza ormai poter più intervenire.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #29
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