Art bonus. Come funziona e il punto della situazione ad oggi
Approvato nel 2014, l’Art bonus diventa una misura permanente che sembra ormai pronta a essere estesa anche all’ambito privato. Qualche riflessione sui risultati ottenuti e su possibili evoluzioni future, imprescindibili da una necessaria semplificazione di una procedura ancora troppo macchinosa.
NON SOLO PUBBLICO
La necessità di individuare schemi giuridici e modelli operativi idonei alla creazione di un virtuoso rapporto di collaborazione tra pubblico e privato per la valorizzazione dell’arte e del patrimonio culturale è oramai ampiamente riconosciuta a livello istituzionale (o comunque non è più un tabù dalle parti del MiBACT).
Una spinta in questo senso è infatti senz’altro arrivata dalla normativa del cosiddetto Art bonus, che – lo si è siglato qualche mese fa nell’ambito di un accordo, più ampio, tra il Ministero della Cultura, l’Agis e Federculture – si pensa di estendere anche ai privati.
L’Art bonus, quindi, approvato nel 2014 come misura triennale, non solo – come previsto dalla legge di stabilità 2016 – diventa un’agevolazione permanente, ma sembra oramai pronto a essere esteso in favore e a sostegno delle offerte culturali dei privati.
Questo potrebbe far decollare maggiormente uno strumento che – va detto – non è risultato, finora, particolarmente attrattivo, soprattutto per le imprese e gli enti, che continuano a preferirgli lo schema delle sponsorizzazioni.
Da un’analisi della normativa, si tende a ritenere che l’ulteriore passo da compiere sia quello di rendere deducibili le erogazioni e, parallelamente, semplificarne la procedura.
IN TEORIA…
Come funziona, infatti, l’Art bonus?
In estrema sintesi, era stato previsto come un sistema di agevolazioni fiscali, sotto forma di credito d’imposta, pari al 65% delle donazioni fatte negli anni 2014 e 2015 e al 50% per il 2016. Tale credito può essere utilizzato in compensazione nei tre anni successivi all’anno in cui è stata fatta la donazione.
Più nel dettaglio, il primo provvedimento prevedeva che per le erogazioni liberali in denaro effettuate nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013, per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, spetta un credito d’imposta, nella misura del: a) 65% delle erogazioni liberali effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013; b) 50% delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
Il credito d’imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile, ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Il credito d’imposta è riconosciuto anche quando le erogazioni liberali in denaro effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.
Tale credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo; per i soggetti titolari di reddito d’impresa è utilizzabile tramite compensazione e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
… E IN PRATICA
A livello operativo, il procedimento è il seguente: i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali (inclusi i soggetti concessionari o affidatari di beni culturali pubblici destinatari di erogazioni liberali in denaro effettuate per la realizzazione di interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni stessi), devono comunicare mensilmente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel mese di riferimento; devono provvedere inoltre a dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e in un apposito portale, gestito dal medesimo Ministero, in cui ai soggetti destinatari delle erogazioni liberali sono associati tutte le informazioni relative allo stato di conservazione del bene, gli interventi di ristrutturazione o riqualificazione eventualmente in atto, i fondi pubblici assegnati per l’anno in corso, l’ente responsabile del bene, nonché le informazioni relative alla fruizioni (fatte salve le disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali).
PAROLA D’ORDINE: SEMPLIFICARE
Insomma, trasformato l’Art bonus in misura permanente (sempre nella forma di credito d’imposta pari al 65% dell’importo erogato utilizzabile in tre quote annuali di pari importo); ripensata la limitazione del medesimo che – si auspica a breve – verrà esteso dagli interventi di sostegno, manutenzione, restauro e protezione esclusivamente a favore di beni culturali pubblici così come di musei, enti e istituti culturali pubblici, anche ai medesimi interventi a favore dei privati e più in generale dell’offerta culturale dei privati, non resta a questo punto che semplificarne la procedura (piuttosto macchinosa, come abbiamo appena visto); e magari spingersi ulteriormente in avanti, rendendo deducibili le erogazioni. Sotto il profilo fiscale, infatti, per come è attualmente impostato, l’Art bonus non ha rilevanza ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP ma, per contro, al fine di non duplicare i vantaggi nel caso di applicazione del regime agevolato, non sono ammesse le normali deduzioni/detrazioni previste in dichiarazione dei redditi.
Quel che è certo è che non si può prescindere, perché il sistema sia davvero virtuoso, da una corretta informazione e sensibilizzazione di imprese ed enti.
Silvia Segnalini
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