Si fa presto a dire artista. Ma le tasse le paga? E dove e come le paga?
Spesso gli artisti che espongono in Italia sono stranieri, e quindi non fiscalmente residenti in Italia. Come funziona allora per il pagamento delle tasse? La parola all’esperta.
In Italia, dal punto di vista fiscale l’artista è privo di una specifica definizione, diversamente dalla normativa internazionale. In via indiretta possiamo fare riferimento all’articolo 53 comma 1 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che inserisce, tra i redditi di lavoro autonomo, i redditi derivanti dall’esercizio abituale di arti e professioni, mentre secondo quanto previsto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni costruite sul modello OCSE, la fiscalità degli artisti (e, a dire il vero, anche degli sportivi) è regolata in modo autonomo, secondo l’art. 17 del modello, indipendentemente dalle modalità con cui viene svolta l’attività. La terminologia OCSE usa l’espressione “entertainers” includendo gli attori teatrali o cinematografici, i presentatori televisivi, i cantanti e i componenti di band musicali ecc.
In Italia il reddito prodotto può quindi essere alternativamente: di lavoro dipendente, se esiste un contratto di lavoro subordinato con il committente della prestazione; assimilato a quello di lavoro dipendente, se, pur in assenza di un vincolo di subordinazione, la prestazione non è abituale e professionale; o di lavoro autonomo, se l’attività artistica è resa con abitualità e professionalità.
L’articolo 17 del modello di Convenzione disciplina una tassazione nello Stato della fonte (reddituale) sottintendendo una ratio che dovrebbe rendere più facile l’emersione, tenendo conto che la stessa norma si applica anche alle società di entertainment e non solo al singolo artista.
È ricorrente che gli artisti che si esibiscono in Italia siano stranieri (e non fiscalmente residenti in Italia), per cui occorre valutare “a monte” se i compensi percepiti sono soggetti a tassazione in Italia.
Sono molteplici le casistiche che possono configurarsi a partire dalla fonte reddituale fino al luogo della prestazione (in Italia? All’estero? E se all’estero, dove?). È ricorrente infatti che gli artisti che si esibiscono in Italia siano stranieri (e non fiscalmente residenti in Italia), per cui occorre valutare “a monte” se i compensi percepiti sono soggetti a tassazione in Italia. E altrettanto varie possono essere le situazioni ibride che vengono a crearsi quando per esempio uno stesso soggetto svolge più attività artistiche contemporaneamente nel medesimo Stato o quando la remunerazione è riferita a prestazioni svolte in Stati diversi. In questa indeterminatezza applicativa non possiamo che invocare un attento esame della singola fattispecie, andando a verificare, caso per caso, se possa meglio applicarsi il metodo della distinzione o il metodo della prevalenza/assorbimento; il tutto sulla base di un’osservazione empirica.
I problemi pratici, come è facile intuire, non mancano e le soluzioni, inevitabilmente, sono rimesse alla giurisprudenza con le sue discrezionalità.
– Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #36
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati