Beni culturali e pubblicità
Che cosa dice la legge italiana in merito alla riproduzione di beni culturali per fini commerciali? I casi del Teatro Massimo di Palermo e del David di Michelangelo parlano chiaro.
La riproduzione di beni culturali per fini commerciali è stata oggetto di due recenti provvedimenti dei giudici nazionali, che hanno affermato la necessità della preventiva autorizzazione dell’amministrazione competente e del pagamento di un canone.
Il primo caso riguarda la riproduzione dell’immagine del Teatro Massimo di Palermo, senza l’autorizzazione della Fondazione Teatro Massimo, nell’ambito di una campagna pubblicitaria commissionata dalla Banca Popolare del Mezzogiorno al fine di promuovere le agenzie presenti sul territorio.
Il Teatro Massimo è un bene culturale esposto alla pubblica vista e liberamente visibile, di cui la Fondazione Teatro Massimo detiene i diritti di utilizzazione. Con sentenza del 21 settembre 2017, il Tribunale di Palermo ha accertato l’illecita riproduzione del bene per fini commerciali e ha condannato la Banca al risarcimento del danno, anche se in misura notevolmente inferiore rispetto a quanto richiesto dalla Fondazione.
Il secondo caso, invece, riguarda la riproduzione dell’immagine del David di Michelangelo nei mezzi pubblicitari (dépliant e sito internet) utilizzati dall’agenzia di viaggi Visit Today per promuovere la vendita di servizi turistici, tra i quali anche l’accesso alla Galleria dell’Accademia di Firenze con visita guidata.
Il David di Michelangelo è un bene culturale in consegna alla Galleria dell’Accademia, riconducibile al MiBACT; si tratta di un bene sottratto alla pubblica vista e custodito in luoghi ad accesso controllato e regolamentato dal soggetto che ha in consegna il bene. Con ordinanza del 26 ottobre 2017, il Tribunale di Firenze ha accolto (in parte) il ricorso del MiBACT e ha stabilito che la riproduzione del David di Michelangelo per fini lucrativi deve essere preventivamente autorizzata dall’autorità competente.
“Nessun canone è dovuto per la riproduzione eseguita da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero eseguita da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro”.
In entrambi i casi è stata applicata la normativa dettata dall’art. 108 del Codice dei beni culturali, che riserva all’autorità che ha in consegna il bene culturale il diritto di consentirne la riproduzione, previa richiesta di concessione e pagamento del canone fissato dall’autorità stessa. Sempre secondo la predetta norma, nessun canone è dovuto per la riproduzione eseguita da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero eseguita da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro.
Il caso del Teatro Massimo di Palermo pone anche il tema della libertà di panorama, ovvero delle condizioni di riproducibilità di beni situati in ambiente aperto e liberamente visibili. In tal caso, alla normativa nazionale dettata dal Codice dei beni culturali deve essere affiancata la normativa regionale o comunale che, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio culturale mobiliare e immobiliare, può prevedere il pagamento di canoni di concessione per la riproduzione di tali beni.
In questo senso si veda l’esperienza del Comune di Roma, che per la realizzazione di riprese cinetelevisive o fotografiche per finalità commerciali prevede la necessità della preventiva autorizzazione e il pagamento di un canone per i diritti di riproduzione e d’uso del patrimonio archeologico e storico-artistico, oltre che per l’occupazione di suolo pubblico.
‒ Raffaella Pellegrino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #41
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