Collezionismo, mercato dell’arte e legalità
Il giurista d’impresa e collezionista Edoardo Marcenaro approfondisce i temi del collezionismo e del mercato dell’arte, con qualche spunto finale di carattere legale. A partire dalla sua raccolta di dollari americani firmati da artisti.
Iniziare a collezionare dollari americani originali firmati da artisti facendo un vero e proprio baratto: un bozzetto di un artista italiano per una banconota da un dollaro con varie firme, che Andy Warhol regalava a tutti i partecipanti alle feste che organizzava alla Factory, in modo che tutti tornassero a casa con un pezzo di Pop Art.
Cercare altre banconote con disegni di Keith Haring o utilizzate in opere di Joseph Beuys, individuare vari artisti che già lavorano sulla banconota americana, commissionare agli artisti amici un lavoro fatto su un dollaro originale. Così nasce una collezione di arte contemporanea sul tema del denaro, che attualmente comprende artisti quali Andy Warhol, Keith Haring, Banksy, Michelangelo Pistoletto, Dan Tague, vari street artist americani, inglesi e italiani, fotografi e giovani artisti italiani. Nell’aprile 2018 i dollari sono andati in mostra da Rosso27 a Roma, Art is Money – Money is Art, che è poi diventato un “modulo” esportato nel 2019 prima a New York poi a Bogotá: le gallerie lanciano una call for artist per opere su dollaro, con prestito di alcuni pezzi “storici” come punto di partenza della mostra. È così nato un movimento artistico a partire dal denaro fino ad arrivare a qualsiasi forma di arte in cui vi sia un rinnovo del ciclo vitale: la circulart economy, con un sito dedicato dove pubblicare opere, mostre e scritti vari.
DAL MERCATO DELL’AURA AL MERCATO DEI CERTIFICATI DI AUTENTICITÀ
“Alcune aziende erano recentemente interessate all’acquisto della mia aura, non volevano i miei prodotti. Continuavano a dirmi voglio la tua aura. Non sono mai riuscito a capire che cosa volessero. Ma sarebbero stati disposti a pagare un mucchio di soldi per averla. Ho pensato allora che se qualcuno era disposto a pagarla tanto, avrei dovuto immaginarmi cosa fosse” (Andy Warhol, La filosofia di Andy Warhol da A a B e viceversa). Andy Warhol così descrive il mercato dell’arte degli Anni Sessanta, in cui i collezionisti cercano l’“aura” definita nel 1934 da Walter Benjamin come l’autenticità dell’opera d’arte, l’hic et nunc, “un singolare intreccio di spazio e tempo: l’apparizione unica di una lontananza, per quanto questa possa essere vicina” (Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica).
L’“aura” negli ultimi decenni si è materializzata nel certificato di autenticità, documento contenente paternità, descrizione e data dell’opera, debitamente sottoscritto dall’artista, se vivente. Da qui un consiglio da parte di un collezionista d’arte al contempo giurista: privilegiare l’acquisto di artisti vivi rispetto ad artisti del passato, e soprattutto mai farsi incantare da offerte di maestri dell’arte classica o moderna a prezzi bassi, anche in considerazione di due diverse esperienze vissute negli ultimi anni.
La prima: un bellissimo bozzetto di Keith Haring, trovato in un’asta online con venditore ucraino, inizialmente persa sui rilanci dell’ultimo minuto e poi aggiudicata per ritiro del primo offerente. Dal sito della Fondazione Haring scarico i moduli per avere il giudizio di autenticità della temutissima Julia Gruen, fotografo il bozzetto seguendo le istruzioni molto dettagliate ivi contenute, sottoscrivo l’Examination Agreement, spedisco il tutto a New York e circa un mese dopo arriva il certificato di autenticità firmato da Julia Gruen in persona. Il bozzetto è autentico, e con la certificazione della Fondazione Haring vale certamente di più del prezzo che ho pagato in asta.
La seconda esperienza: un mercatino romano, una banconota da 10000 lire italiane con una scritta stampata a lato: “Questa banconota fa parte del bottino rubato a ciascun cittadino con la legge del finanziamento pubblico ai partiti. La Lista Pannella ha deciso di non usare questo danaro rubato e restituirlo. Fanne buon uso“; e la scritta Kunst = Kapital firmata da Joseph Beuys. Sul retro il timbro del movimento artistico Fluxus, cui apparteneva l’artista, e un “misterioso” timbro della Lista Pannella. La banconota è accompagnata da un certificato di autenticità. Peccato che queste 10000 lire vennero distribuite dal Partito Radicale per combattere il finanziamento dei partiti nel 1997, vale a dire undici anni dopo la morte di Joseph Beuys. Un perfetto falso, con tanto di autenticazione, che si riesce a scoprire semplicemente ricostruendo un momento di storia della politica italiana.
Chi andrebbe a pensare che si potessero arrivare a falsificare memorabilia, bozzetti e autografi visto l’esiguo valore rispetto ai falsi di artisti quali Warhol, Haring, Basquiat, Fontana o Schifano per restare in Italia, spesso pagati ben altre cifre, senza parlare della falsificazione dei certificati di autenticità.
Una dimostrazione di come si sia passati dal mercato dell’“aura” al mercato delle autentiche, rispetto alle quali alle volte l’opera in sé passa in secondo piano.
Da qui un suggerimento: mai spendere grandi cifre per artisti del passato, seppur maestri della storia dell’arte, se non autenticati dalle relative fondazioni o per lo meno comprati da mercanti seri e affidabili, con rilascio del certificato di provenienza e autenticità dell’opera, considerando che oggi il mercato dell’arte è un mercato tendenzialmente deregolamentato, con opere non più solo quadri e sculture ma installazioni e performance od opere di arte concettuale che già dal punto di vista della proprietà intellettuale sono difficilmente definibili e tutelabili.
Si aggiunga il problema che molte fondazioni, quelle di Andy Warhol, Keith Haring e Jean-Michel Basquiat in primis, hanno cessato di rilasciare autentiche a partire dal 2011; al riguardo, cito per tutti Joel Wachs, presidente della Andy Warhol Foundation for the Visual Arts di New York, che ha dichiarato di non avere più alcuna intenzione di sostenere spese legali derivanti dal sempre crescente numero di cause: “Eventually, we decided that we wanted our money to go to artists and not to lawyers”. L’argomento delle autentiche di opere d’arte è stato addirittura oggetto di un atto emanato nel maggio 2014 dalla New York State Legislature in un’ottica di “make lawsuits against art authenticators more difficult to win and to punish ‘nuisance” lawsuits’”. Ed è comunque sempre più difficile ottenere autenticazioni da quelle fondazioni o archivi che ancora hanno commissioni e board per giudicare l’autenticità di un lavoro. Cosa succede se sorge una controversia circa l’autenticità di un’opera d’arte?
Il pensiero di Joel Wachs resta valido in qualsiasi altro Paese del mondo, dove i tempi dei giudizi pendenti davanti ai tribunali ordinari sono lunghi, con ingenti costi a carico del collezionista ed esiti nella maggior parte dei casi incerti.
Due esempi riportati durante il XXXIII Congresso del Comitato Franco Italiano dei Notariati Ligure e Provenzale: “Giorgio de Chirico, ‘pictor Optimus’ e maggior esponente della pittura metafisica, rispondendo ad un giudice da cui era stato interpellato su quale di due opere contese fosse l’originale e quale la falsa copia rispose, molto metafisicamente: ‘né l’una è la copia dell’altra né l’altra è la copia dell’una’, non essendo quindi di alcun aiuto alla causa. (…) Lo stesso dicasi per alcune opere di Mario Schifano, da lui vendute direttamente ai collezionisti e poi dallo stesso sconfessate in occasione di una verifica fiscale nei suoi confronti” (La circolazione di opere di arte contemporanea: consigli pratici e problemi (non risolvibili?), scritto da Redazione Federnotizie il 2 febbraio 2016 @ 8:18 Argomento: Approfondimento giuridico).
Non oso pensare cosa avrebbe potuto fare Andy Warhol con le sue opere serigrafate in collaborazione con i vari assistenti succedutisi alla Factory nel corso degli anni, all’insegna del suo motto “I want to be a machine”, aggiungo io che produce arte, per non dire denaro che tanto amava dipingere e riprodurre in multipli numerati e firmati.
L’IMPORTANZA DELLA MEDIAZIONE
Il tema della autenticità dell’opera d’arte non è il solo a poter suscitare l’interesse degli esperti del settore ma al contempo di altre figure professionali che hanno avuto occasione, per passione o per motivi di lavoro, di confrontarsi con il mondo dell’arte da vicino.
Tra questi altri professionisti si annoverano, ormai in numero sempre maggiore, operatori del diritto che, dedicandosi alle questioni inerenti al mercato dell’arte, sono in grado di dare un apporto significativo alla circolazione e, in particolare, alla tutela dei prodotti artistici.
Esperti di mediazione e arbitrato trattano gli aspetti caratteristici dei metodi di risoluzione delle controversie che li rendono specificamente adeguati e di agevole uso per risolvere i conflitti che possono insorgere nel settore dell’arte (Oltre L’opera d’arte: quali conflitti e quali soluzioni? ‒ Convegno AIA / CAM tenutosi a Roma, 22 novembre 2019).
Le controversie in materia di arte sono per loro natura di difficile definizione.
Rientrano in questo ambito le liti, sia contrattuali che extracontrattuali, che abbiano un soggetto (artista, gallerista, collezionista, restauratore, art advisor, casa d’aste, museo, fondazione d’arte, associazione d’arte), un oggetto (quadro, scultura, fotografia, beni da collezione) o una materia d’arte (copyright, diritto d’autore, restituzione di opera rubata). La conflittualità “artistica” si caratterizza inoltre per la sua multidimensionalità, internazionalità e riservatezza, richiedendo specifiche competenze tecniche e legali che non sempre il giudice possiede. Senza voler entrare nel dettaglio della materia della risoluzione delle controversie (nonostante sia una delle mie favorite nel mondo del diritto), mi limito a citare alcune istituzioni dedicate al contenzioso avente per oggetto opere d’arte, riportando quanto descritti nei siti della istituzione stessa.
Innanzitutto cito il progetto ADR Arte, nato nella Camera Arbitrale di Milano (“CAM”) nel 2015 per offrire un primo servizio italiano di risoluzione alternativa delle dispute specificatamente dedicato ad arte e beni culturali. Il metodo prescelto è la mediazione, uno strumento informale, il cui obiettivo è consentire alle parti in conflitto di costruire, di comune accordo, una soluzione che permetta di superare i problemi e risponda agli interessi di tutti. Il mediatore non è un giudice o un avvocato; non decide né impone alcuna soluzione, ma è un facilitatore del processo negoziale tra le parti (si veda https://www.camera-arbitrale.it/it/mediazione/adr-arte).
In Italia, accanto al servizio ADR Arte della Camera Arbitrale di Milano, la Camera Arbitrale di Venezia sta fortemente promuovendo l’arbitrato, con un regolamento mirato specificatamente al campo dell’arte in via di definizione (si veda www.cameraarbitralevenezia.it Interessante l’articolo di Giuditta Giardini, Asse Aja – Venezia per l’arbitrato dell’arte, in Arteconomy del 28 giugno 2018, in www.ilsole24ore.com)
Da ultimo, il 7 giugno 2018 è nata la prima camera arbitrale in Europa dedicata all’arte, la Court of Arbitration for Art (CAA), con sede a L’Aja (Paesi Bassi), in forza della collaborazione tra il Netherlands Arbitration Institute (NAI) e l’Authentication in Art (AiA), con lo scopo di favorire l’arbitrato amministrato proprio per le controversie in arte (si veda www.cafa.world).
In ciascuna istituzione arbitrale sono previsti esperti chiamati a certificare l’autenticità e la provenienza di un’opera, scelti dal Tribunale arbitrale e non dalle parti. Requisiti fondamentali degli esperti sono, oltre la competenza specifica in materia artistica, indipendenza e imparzialità, le stesse richieste nel Regolamento della Camera di Commercio Internazionale di Parigi per arbitri ed esperti.
Altra caratteristica del Regolamento della CAA è la riservatezza per quanto riguarda collezionista, artista o mercante parti della controversia, regola comune alle principali istituzioni arbitrali. Il lodo infatti non indicherà i nomi delle parti, ma identificherà l’opera d’arte, considerando che “nel mercato dell’arte, le persone apprezzano (‘prize’) il loro anonimato” (W. Charron). La pubblicazione del nome dell’oggetto può essere vantaggiosa se la controversia ha a oggetto il riconoscimento della provenienza o dell’autenticità di un’opera. In altri casi, il fatto che ci sia stata una disputa su un’opera d’arte potrebbe influire negativamente sul suo valore in futuro, quindi una parte potrebbe voler considerare di opporsi alla pubblicazione (Anna Paola Negri Clementi, Le controversie in materia di arte: l’arbitrato, in Art&Law 1/2019).
Da ultimo, il lodo a conclusione di qualsiasi procedimento arbitrale non è impugnabile davanti ad alcun tribunale o altro organismo per motivi di merito, ma solo per sollevare un errore fondamentale nello svolgimento della procedura.
CONCLUSIONE
Concludo con alcune domande per una riflessione più sul piano legale che non su quello artistico (a conferma della mia deformazione professionale).
La mediazione e l’arbitrato in materia di arte potranno sostituirsi alle fondazioni nel riconoscere l’autenticità di un’opera d’arte? Il parere di un expert della CAM o della Camera Arbitrale dell’Aja avrà lo stesso valore dell’autentica della Fondazione Haring firmata da Julia Gruen? Il lodo final and binding sancirà che il dollaro della mia collezione è opera di Andy Warhol? Expertise e lodo arbitrali saranno certamente strumenti più affidabili rispetto alla prassi invalsa negli ultimi anni di accompagnare memorabilia e piccole opere d’arte con certificati di riconoscimento della firma rilasciati da esperti di autografi, ottenibili seguendo una semplice procedura online (caricando foto dell’opera e, in particolare, della firma dell’artista), ovviamente verso corrispettivo.
‒ Edoardo Marcenaro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati