Aliquota IVA agevolata e fotografie. Cosa dice la legge
Affinché si possa applicare l’aliquota agevolata alle fotografie, queste devono rispettare alcuni parametri che ne evidenzino il carattere creativo. Ecco quali
Uno studio fotografico che si occupa di fare servizi per ricorrenze varie (battesimi, cresime, matrimoni, etc.) ha interpellato l’Agenzia delle Entrate chiedendo se in relazione alla sua attività dovesse applicarsi l’IVA ordinaria al 22% oppure quella agevolata al 10% prevista per gli oggetti d’arte. Lo studio in questione affermava infatti che, in base a una recente sentenza della Corte di Giustizia (5 settembre 2019 nella causa C-145-18), i ritratti e le fotografie scattate per questa tipologia di eventi da parte di un fotografo professionista sarebbero oggetti d’arte per i quali trova applicazione l’aliquota ridotta. L’Agenzia delle Entrate ha dato il suo parere con la risposta a interpello n. 188/2022.
L’Agenzia ha richiamato il Decreto IVA ai sensi del quale rientrano tra gli “oggetti d’arte” “le fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti dei trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”.
Questa norma è identica a quella contenuta nella c.d. Direttiva IVA (n. 2006/112/CE) e oggetto di analisi da parte della Corte di Giustizia che, con la pronuncia sopra richiamata, ha affermato che l’IVA ridotta “non riguarda fotografie artistiche”, ma appunto tutte “le fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti dei trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”.
“La normativa fiscale àncora la definizione di fotografia quale oggetto d’arte a criteri fissi e oggettivi, relativi all’identità del fotografo, alla modalità di tiratura, alla firma, alla numerazione e alla limitazione del numero di esemplari”.
Che cosa significa in concreto quanto affermato dalla Corte e quali sono le differenze tra le norme fiscali e quelle previste dalla legge sul diritto d’autore in materia di fotografie?
La c.d. Legge Autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633) distingue tra “opera fotografica” e “fotografia semplice”: mentre la prima è protetta come tutte le altre opere dell’ingegno (delle arti figurative, letterarie, musicali, etc.) per tutta la vita dell’autore e per 70 anni dopo la sua morte, la seconda è protetta tramite un diritto connesso della durata limitata ai 20 anni dallo scatto. Per essere qualificato come opera fotografica ai sensi della Legge Autore, lo scatto deve possedere il c.d. “carattere creativo”, che la giurisprudenza individua nell’attività di interpretazione personale del dato di realtà da parte del fotografo.
È evidente che l’individuazione di questo carattere artistico – già assai complessa per il giudice civile chiamato a pronunciarsi in materia di tutela delle opere fotografiche, in quanto introduce una inevitabile componente soggettiva nel giudizio (quando si può davvero dire che quello scatto rappresenta una interpretazione personale della realtà da parte del fotografo?) – sarebbe foriera di interpretazioni assai difformi da parte del fisco e dell’Agenzia delle Entrate, che hanno invece bisogno di criteri il più possibile oggettivi per stabilire quando un’aliquota vada applicata o meno.
LA FOTOGRAFIA COME OGGETTO D’ARTE
Per questo la normativa fiscale àncora la definizione di fotografia quale oggetto d’arte a criteri fissi e oggettivi, relativi all’identità del fotografo, alla modalità di tiratura, alla firma, alla numerazione e alla limitazione del numero di esemplari.
Perciò, ogniqualvolta ci si trovi di fronte a “fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti dei trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”, alla loro cessione si applicherà l’aliquota IVA agevolata del 10%, anche se si trattasse della foto di gruppo degli amici dello sposo, con buona pace del “carattere artistico”!
‒ Federica Minio
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