I limiti delle grandi fiere. L’editoriale di Fabio Severino
Spesso le grandi fiere, in questo caso a tema librario, risultano così dense da non consentirne una piena fruizione. Perché allora non fare fiere più piccole, più tematiche, e soprattutto più frequenti?
Sono veramente utili le fiere annuali? Questo mi sono domandato visitando Più liberi più libri a Roma lo scorso dicembre. Un’idea vincente, dimostrata dai numeri, quella di portarla alla Nuvola di Fuksas, il nuovo centro congressi. Un boom di visitatori, un pubblico appassionato. Bellissima atmosfera. Di parte, posso dire che uno degli stand più animati e vivaci è stato quelle delle Biblioteche di Roma, che ha allestito un enorme spazio dedicato ai bambini. Per quanto ottime la scelta del contenitore e l’atmosfera, debole invece il contenuto. Ci si poteva inventare di più, più innovazione nel raccontare i libri. A questa edizione c’è stata una larga partecipazione di lettori medi (quelli che leggono un libro ogni paio di mesi) e forse anche deboli, complice la nuova location, che romani e non erano curiosi di vedere. Un’opportunità per parlare a chi ai libri è interessato, ma non ne fa un compagno di viaggio indispensabile e quotidiano. Ma non ho trovato, dei motivazionali che comunicassero in maniera nuova e più efficace la bellezza dei libri. Un’infinità di editori con il loro stand che vendevano a prezzo scontato.
“Le fiere dovrebbero essere un’occasione per mettere in contatto diretto offerta e domanda. Senza filtri. Affinché questo accada, dovrebbero essere più piccole, e selezionate nei contenuti e nei linguaggi, magari tematiche e soprattutto più frequenti”.
Si potevano incontrare gli autori e comprare libri con la dedica, c’erano tanti editori con i quali chiacchierare di progetti e di libri passati e futuri. Però in una cornice professionale, da addetti ai lavori. Io invece credo che le fiere dovrebbero essere un’occasione per mettere in contatto diretto offerta e domanda. Senza filtri. Affinché questo accada, dovrebbero essere più piccole, e selezionate nei contenuti e nei linguaggi, magari tematiche e soprattutto più frequenti. Dopo aver visto venti stand si perde l’attenzione (e si è svuotato il conto in banca). Troppe “informazioni”. Accade lo stesso nei grandi musei. Il Louvre, i Vaticani, il British si conoscono in decine di visite. Dopo dieci sale e centinaia di quadri si è “ubriachi” di stimoli. E si diviene impermeabili. Sarebbe più efficace una fiera del libro ogni due mesi, dove incontrare – per temi o per generi – editori, autori e libri. Vediamoci più spesso per entrare veramente in contatto. I libri hanno bisogno di essere letti e non solo sfogliati. Altrimenti rimangono nelle mani e negli occhi. Non nel cuore.
– Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #41
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