Il meglio di Arte Fiera Bologna. La top 10 delle opere d’arte che ci sono piaciute di più
Ecco la classifica delle dieci migliori opere presenti ad Arte Fiera. Rigorosamente selezionate dalla nostra redazione.
Ecco l’attesissima top ten delle 10 opere che ci hanno convinto di più ad Arte Fiera Bologna. Tra fotografia, maestri e opere storiche, abbiamo selezionato per voi il meglio della manifestazione, alla sua 42. Edizione e diretta per il secondo anno da Angela Vettese. Non è stato semplice, tra gli stand sono molte le proposte di qualità, come ad esempio i lightbox di Beatrice Pediconi da Z2o di Roma, o la pittura disarticolata di Matteo Fato da Michela Rizzo, Venezia, o i bei lavori nuovi di Silvia Camporesi da MLB di Ferrara, per fare solo alcuni esempi, in una rassegna che ha avuto il merito di farci vedere in pochi giorni cosa c’è di buono e interessante nell’arte italiana. Ce l’abbiamo fatta e alla fine la redazione ha “deliberato”. Ecco cosa ci ha convinto di più. Voi che ne pensate?
LUIS LÓPEZ-CHÁVEZ ‒ GALLERIA CONTINUA
In Los síntomas del engaño, l’artista cubano Luis López-Chávez, classe 1988, dispone all’interno di una piccola teca una serie di boccette apparentemente innocue. Uno sguardo più attento, però, ne svela il contenuto, ovvero diverse tipologie di veleno ricavate da piante tossiche di origine cubana. Rendono il tutto ancora più straniante i “dedicatari” di ciascun intruglio: artisti contemporanei, e viventi, che spaziano da Roman Signer a Gabriel Orozco, inconsapevoli “ispiratori” di una sottile e pungente ironia.
VALERIO BERRUTI – MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA
La delicata evocazione dell’infanzia che contraddistingue la poetica di Valerio Berruti è protagonista di Frammenti, l’opera esposta sulla parete esterna dello stand targato Marcorossi. Stavolta a colpire è l’uso del cemento armato, cui l’artista ricorre per dare forma alla galleria di silhouette infantili declinate nelle tonalità pastello del verde e dell’azzurro. Figure abbozzate e leggere, ma saldamente ancorate al materiale che le anima.
ARMIN LINKE – VISTAMARE
Parla di architettura e attenzione al dettaglio la fotografia di Armin Linke, sempre sospesa tra atmosfere rarefatte e un approccio saldamente documentario. La serie di scatti proposti da Vistamare si inscrive nel medesimo solco, ponendo in sequenza un’infilata di piani visivi, con l’abituale dose di distacco garantita dall’obiettivo.
GIACOMO COSTA ‒ GUIDI&SCHOEN
Anche Guidi&Schoen puntano sulla fotografia, accordando ampio margine di visibilità alle opere di Giacomo Costa, interessato alle dinamiche del paesaggio urbano. Le sue “rovine” aprono scorci vertiginosi su facciate di palazzi che sembrano divorati da un baratro. Giocando su piani percettivi falsati e usando gamme di colori plumbei per restituire il senso di claustrofobia generato dallo spazio cittadino.
DAVID REIMONDO ‒ MAZZOLENI
New entry nella scuderia degli artisti di giovane generazione da Mazzoleni di Torino e Londra ‒ anche grazie all’eccellente lavoro curatoriale portato avanti da Gaspare Luigi Marcone ‒, David Reimondo presenta una piccola ma imponente selezione dalla sua Etimografia. Progetto iniziato nel 2013, consiste nella re-invenzione di un linguaggio ideogrammatico a partire dal nostro linguaggio alfabetico, che finora ha generato 4mila segni. Una delle innumerevoli diramazioni del lavoro di Reimondo, che qui come in altre occasioni miscela con sapienza modernità artigianale e strumenti digitali, nella fattispecie ricavando i simboli in legno del neo-linguaggio con una fresa, ma a controllo numerico.
GILBERTO ZORIO ‒ GALLERIA DE’ FOSCHERARI
Gli ultimi mesi hanno visto Gilberto Zorio brillare nel panorama espositivo nostrano, complice la grande retrospettiva in corso al Castello di Rivoli. Anche ad Arte Fiera la presenza dell’artista piemontese si è fatta sentire, echeggiando fra svariati stand. L’opera messa in campo dalla Galleria de’ Foscherari rispecchia le scelte formali, materiche e tematiche che guidano la poetica di Zorio ‒ l’iconica stella, l’organicità della pelle ‒, testimoniandone l’intramontabile attualità.
ROBERT INDIANA ‒ CONTINI ART UK
Nel rutilante stand della londinese Contini Art Uk, tutto incentrato sulla produzione di Robert Indiana, merita una menzione a sé l’ultima serie grafica realizzata dall’artista statunitense classe 1928, Like a Rolling Stone (Bob Dylan Suite). Se il ricorso alla parola scritta e la sua rappresentazione in cromie contrastanti sono la cifra stilistica a cui Indiana è più spesso associato, gli interventi della cosiddetta Bob Dylan Suite costituiscono un’appropriazione perfetta da parte dell’autore di alcuni versi scritti e cantati dal Nobel per la Letteratura 2016: mentre risuona nella testa, il ritornello di Like a Rolling Stone contrasta efficacemente con la più popolare, epica segnaletica del sogno americano, dai cartelli stradali delle highway ai loghi dei brand. Portando allo spettatore un messaggio cinico, con buona pace dei toni squillanti e delle palette perfettamente calibrate.
REGINA JOSÉ GALINDO – PROMETEOGALLERY
Un video mostra in loop la performance La Sombra (2017) di Regina José Galindo in un angolo dello stand di Prometeo Gallery, di fatto espandendo in una dimensione temporale senza soluzione di continuità la versione contemporanea del supplizio di Sisifo: la performer guatemalteca corre su un terreno brullo, circondata dai campi, ma soprattutto implacabilmente tallonata da un carro armato – la sua ombra, cui allude il titolo del film. Per quanto corra, per quanto faccia appello a ogni residuo di forza, non c’è dubbio che sarà la tecnologia, l’inumano, il metallo – la fredda ragione? – ad avere la meglio sulla disperata determinazione della corridrice. La cui condanna senza appello risulta tanto più spietata se ripresa con piani lunghi e poca enfasi. Perché la storia si legge solo su sequenze dilatate e orizzonti estesi, con scarsa considerazione per quegli umani – troppo umani – che finiscono stritolati dai suoi ingranaggi.
PAMELA DIAMANTE- ROSSMUT
L’artista pugliese è in mostra nello stand della galleria romana con L’estetica dell’Apocalisse (2017), in cui mette a confronto alcuni disastri della storia con opere di artisti contemporanei. Le immagini coincidono, ma cambiano le emozioni. Così Shibboleth, l’opera concepita nel 2007 da Doris Salcedo per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, diventa – in una traslazione di significati e iconografie compiuta dalla giovane artista – l’immagine di un terremoto in California del 2014, in una sovrapposizione intellettuale che ricrea il gesto dell’artista, per mano dell’artista stesso.
MARCO GASTINI- GALLERIA DELLO SCUDO
La galleria di Verona propone Qui, là, altrove, un’opera a tecnica mista del 1987 di Marco Gastini, realizzata con carbone su vetro, ferro e legno. Laddove la leggerezza del vetro dà la dimensione precaria dell’opera e il legno la sua veste scabrosa, interviene il carbone a conferire la pesantezza espressiva di un gesto estremo, passionale, lo stesso che ritroviamo in altri pezzi di Gastini presenti nello stand. Da non perdere.
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