9 opere top a miart: ecco cosa ha scelto la redazione di Artribune tra i corridoi della fiera
Tra giovani ed estabilished e grandi maestri della storia, abbiamo selezionato per voi 9 opere che ci hanno colpito. E voi cosa ne pensate?
Gli stand da non perdere ve li abbiamo già segnalati: in questa nuova selezione abbiamo cercato di non fare scelte ovvie e non abbiamo considerato ad esempio le grandi mostre, le personali, o le doppie personali, allestite nelle sezioni che attraversano la fiera. La scelta era ardua: come non pensare alla bellissima collaborazione tra Galleria Mazzoleni e Gagosian che hanno portato un confronto tra Sterling Ruby e Alberto Burri? O certi bellissimi lavori di Giulio Turcato? E il mosaico contemporaneo presentato dalla Galleria Veda di Firenze, firmato da Emily Jones? Le bolle di sapone, giocose e un po’ inquietanti, di David Medalla da Astuni? Ornaghi & Prestinari, architettonicissimi da Galleria Continua? C’è l’imbarazzo della scelta. Abbiamo cercato qualche chicca qua e là, ed ecco a voi il risultato del nostro peregrinare. E ora aspettiamo il vostro “best of”.
IL PLINTO DI MONITOR
Si fa subito notare presso lo stand ricco di pittura figurativa di Monitor (Roma, Lisbona) Wanderer di Peter Linde Busk (Copenhagen, 1973). L’artista danese porta a Milano la sua ricerca sul tema dei freak, con una scultura in ceramica glassata che rappresenta l’inafferrabile figura del joker. A fare da contrasto il bellissimo plinto su cui poggia, che mostra nel gioco di pieni e vuoti, di intagli e colori, la maestria da incisore dell’artista. Da non perdere.
LE BARBE DI GG
Nonostante l’età e un ruolo ormai inattaccabile nel mondo dell’arte contemporanea, la coppia Gilbert&George è sempre giovane. A miart presenta nello stand di Alfonso Artiaco a Napoli un’opera della recentissima serie The Beard Pictures, che incarna nella “barba” tutti gli stereotipi culturali che affollano il nostro mondo sempre più selvaggio, ragionando sui concetti di civilizzazione ed evoluzione. Attualissima in questi giorni.
SULLE ORME DI LE CORBUSIER
Porta a Milano dei pezzi della serie My House is a Le Corbusier (High Court) Cristian Chironi (Nuoro, 1974),evoluzione del famoso progetto dell’artista sviluppato a Chandigarh in India, nel corso di una residenza svoltasi alla fine dello scorso anno. Il progetto di Chandigarh che ha visto il famoso architetto francese impegnato con il cugino Pierre Jeanneret, rappresenta una sintesi di tutto il lavoro di Le Corbusier ed è ritenuta il suo capolavoro. Il percorso di Chironi sulle sue orme continua con splendidi risultati presentati a Milano da Ex Elettrofonica, Roma, in un bel combo stand con Norberto Ruggeri-Sales.
L’AMERICA DI OTTO ZOO
Si fa notare da Otto Zoo, Milano, la grande installazione multicolore dell’artista Jacin Giordano (Stamford, 1978). Riempie tutta la parete, ma si può comprare in porzioni di 200 pezzi. Piccoli capolavori d’arte pittorica che fanno pensare a paradisi hippy multicolori, alla tradizione visiva dei nativi d’America, a paradisi rocciosi o lisergici. Lavorando sulla stratificazione pittorica (in un bel confronto con la collega Maria Morganti, presente in stand) e sulla essicazione del colore sulle spatole, in un lavoro concettuale che però recupera i misteri della pratica in studio.
IL MAESTRO
Catalizza subito l’attenzione, Untitled (2007) di Jannis Kounellis nello stand di Sprovieri, Londra. Visto frontalmente, trae l’occhio in inganno: pare una tela, un trompe l’œil che mima la profondità di spessori e piani intersecati di neri e bianchi. Ma appena ci si avvicina e si rende laterale lo sguardo, si comprende che quello spessore esiste eccome, ed è determinato da quattro tavoli in legno fissati alla grande tela, e a loro volta ricoperti da un manto nero. Semplice, potente, polisemico.
FRANCIS ALŸS
Uno dei lavori più potenti della fiera è Silence di Francis Alÿs (Anversa, 1959). Un enorme tappetto di tessere colorate, tutte diverse per colore e dimensione, occupa l’intero perimetro del pavimento della galleria svizzera Peter Kilchmann. L’opera è figlia di un lavoro di Alÿs del 2003, il video One minute of silence, nel quale l’artista chiedeva ai passanti di restare un minuto in silenzio. I 300 tappeti che compongono l’installazione sono un omaggio a tutte le vittime di violenza cadute nell’oblio in Messico, paese in cui l’artista ha scelto di vivere. Intenso, potente, bellissimo.
PAOLA MATTIOLI
È tutta giocata sul paradosso della sessualità la serie di opere di Paola Mattioli che la Galleria Frittelli porta a miart. Una re-edizione di due lavori degli anni settanta Jouissance (1975) e Cinema a luci rosse (1979) che sono qui messi in relazione tra godimento e vergogna. Da un lato, alcune immagini che rappresentano, in primo piano, volti di donne colte nel momento dell’orgasmo, con gli occhi e la bocca completamente trasfigurati dal piacere; dall’altro uomini ripresi nel momento in cui escono da alcuni cinema a luci rosse di Milano, con lo sguardo basso nel tentativo di celare la propria identità e non essere riconosciuti.
LISI RASKIN
La serie Untitled (2016) che Lisi Raskin (Miami, 1974) presenta nello stand di Riccardo Crespi è figlia di Leaden Hearts, la mostra di opere inedite esposte in galleria nel settembre 2016. Un corpus di opere raccolte negli ultimi cinque anni, dalle vestigia delle sue installazioni su larga ispirati ai rifugi antiatomici e ai silos missilistici, spesso clandestini, costruiti durante la Guerra Fredda. Un lavoro di dimensioni più ridotte rispetto alle grandi installazioni ambientali a cui ci ha abituato, ma non per questo meno incisivo. Questa serie di opere, pensate dall’artista come “pegni d’amore” nei confronti della società, hanno anche una finalità benefica. Parte del ricavato sarà devoluto ad associazioni di beneficenza che, negli Stati Uniti, offrono assistenza legale a chi non può permettersela.
MARLENE STEYN
La sudafricana Smac Gallery presenta in fiera uno stand monografico su Marlene Steyn (Cape Town, 1989), al suo debutto internazionale. Buona la prima, verrebbe da dire. L’artista ha curato personalmente l’intero allestimento decidendo di intervenire anche sulle pareti con alcuni wall-paper su cui poi sono state montate le tele. Opere dal forte impatto visivo, coloratissime, che rappresentano immagini femminili sovrapposte. Nessuna sensualità, ma donne rappresentate nella maniera più naturale possibile, con la peluria evidente sul corpo e con un occhio chiuso sul proprio inconscio e l’altro aperto sulla realtà circostante.
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