Top e Flop miart 2018: cosa ci è piaciuto e cosa no della settimana dell’arte di Milano
Ecco come di consueto la nostra classifica dei Top e Flop da miart: ecco cosa ci ha convinto e che cosa buttiamo giù dalla torre della caldissima settimana dell’arte milanese appena conclusasi.
TOP-LA PROPOSTA ESPOSITIVA E IL PROGRAMMA COLLATERALE
Sarà l’incrocio virtuoso tra Art Week e Design Week, sarà che la città ha risposto bene all’invito, sarà l’entusiasmo, ma in questi giorni Milano si è presentata davvero al meglio a chi ha deciso di recarsi nel capoluogo lombardo per miart, con una offerta degna delle capitali europee Londra e Parigi. Con tante mostre, aperture di privati, progetti, iniziative. Tra tutte, belle bellissime le mostre di Hangar Bicocca e Fondazione Prada che come sempre tengono molto in alto l’asticella. La kermesse di Germano Celant e quella su Matt Mullican sono eventi di caratura mondiale. Ma poi a contorno anche altre mostre di gran livello (la Margolles al Pac, la Fioroni al Museo del Novecento, la mostra – questa volta un po’ caotica – ai Frigoriferi Milanesi).
TOP-PUBBLICO
miart si è rivelata una piazza veramente importante nei crocevia nazionali dell’arte contemporanea. In fiera sono venuti veramente tutti gli operatori del settore, – tra collezionisti, curatori e galleristi – con flussi di pubblico continui che hanno affollato (a volte anche troppo!) ogni giornata di fiera, anche quella di venerdì, di solito la meno frequentata.
TOP-UN ANTICIPO DI SALONE
Ci è piaciuta la sezione dedicata al design della fiera miart, piccola ma con allestimenti bellissimi da shooting design e un bell’assaggio edizioni limitate che costituiscono una ghiotta e raffinata anticipazione della design week di Milano.
TOP-MILANO TIRATARDI
Non parliamo di aperitivi o cene, parliamo proprio di party, di quelli che puoi starci fin quasi all’alba. Anche in questo, Milano e miart si distinguono nettamente dalle omologhe di altre città italiane ed europee. Nel confronto si salva Torino, ma soltanto grazie alla coincidenza di date con Club2Club. Insomma, l’art week milanese offriva l’imbarazzo della scelta, dal Bar Basso al mitico Plastic, fino al top del party organizzato proprio da Club2Club insieme a Gucci in una location “segreta” del clubbing meneghino, quello Striptease che sta in fondo in fondo a viale Padova, praticamente a Crescenzago. Alle macchine si sono alternati Elysia Crampton con lo show Red Clouds, la tedesca Helena Hauff, e ancora Karyyn, Lsdxoxo e, a chiudere, il dj set di Mura Masa.
NEL MEZZO
Non possiamo dire che sia stato top né flop l’intervento di Jeremy Deller, curato da Massimiliano Gioni e promosso da Fondazione Trussardi a City Life. Sicuramente un tentativo di arte pubblica interessante che ha molto divertito amanti dell’arte e non, ma nonostante tutto molto controverso. La Stonehenge ha fatto discutere gli operatori del settore: “è un intervento vecchio, del 2012”, ha commentato qualcuno, altri non hanno apprezzato la coda per entrarvi, altri ancora hanno detto che è astorica e diseducativa, altri ancora hanno notato la disparità tra realizzazione e foto social. A prescindere, molti l’hanno amata e tutti sono andati a vederla.
FLOP-TRA ARTISSIMA E MIART
Ha veramente senso avere in Italia due fiere così simili tra loro? Nonostante la notiziona della partecipazione di Gagosian al miart, in fiera si è notata l’assenza di gallerie che scelgono invece la piazza torinese di Artissima. Tra queste gallerie importanti come Franco Noero, che sostengono come è naturale la propria città, ma anche spazi di più piccola taglia, ma non per questo meno interessanti, che non possono pensare di investire budget su due fiere italiane con un target così simile. In città a pochissimi km di distanza tra loro. Un problema da affrontare e da risolvere.
FLOP-TRA GLI STAND
Lo abbiamo detto: la qualità generale tra gli stand di miart è alta: tante opere belle, interessanti, chicche soprattutto tra le proposte giovani, stand ben curati. Insomma, fiera riuscita. Con qualche ma. Sarà la crisi economica, sarà la necessità di portare a casa il risultato, ma in fiera si sono viste cose belle, ma non da capogiro. Tantissima pittura e molti lavori-souvenir. Sono mancate le grandi installazioni e la sperimentazione. Insomma si è cercato di andare sul sicuro.
FLOP-IL COMUNE LATITA
Nonostante l’offerta culturale notevole di cui abbiamo già parlato, non possiamo non notare una questione sostanziale. La parte del leone la stanno facendo i privati e in parte lo Stato (vedasi Brera), mentre il Comune latita. L’amministrazione Del Corno non sta ancora dando, a nostro parere, l’impronta giusta. Tutto va alla perfezione a Milano: economia, architettura, urbanistica, trasporti pubblici. Ma la cultura fatica ad avere una sua identità ed il timone sembra non essere saldamente nelle mani del Comune. Bastino gli esempi del Museo del Novecento (pesantemente senza budget), del Pac e della Gam di fatto appaltati a operatori privati – con una programmazione non sempre all’altezza – e di certa discutibilissima arte pubblica recentemente apparsa in città. Non si può sfruttare la presenza di grandi operatori culturali privati come scusa per non tenere salde le redini: coraggio!
FLOP-SERVIZI IN FIERA
È senz’altro una questione più fatua, rispetto a quelle fondamentali che abbiamo affrontato in precedenza, ma per una fiera che vuole incrementare sempre più un pubblico VIP e che ha competitor come Artissima, senz’altro sostanziale. Molti operatori hanno espresso disappunto per il malfunzionamento dei servizi in fiera: file lunghissime per entrare e per lasciare il cappotto o la valigia in guardaroba, sala stampa surreale con musica assordante e desk carenti. In fiera, si sa, si corre e si lavora e la pazienza, spesso, viene meno.
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