AKAA, acronimo di Also Known As Africa, è una fiera giovane (nata nel 2016), sicuramente ricca di una vitalità alimentata anche dal fertile dinamismo di tutti quegli artisti africani che, spostandosi a macchia di leopardo lungo gli assi Sud-Nord-Sud (non a caso nell’edizione di quest’anno uno dei temi centrali di riflessione è stato il concetto di “Global South”), ed Est-Ovest-Est, hanno tracciato negli ultimi decenni le nuove vie della diaspora contemporanea. Complici le gallerie stesse (fra cui tre italiane: Galleria Continua, C-Gallery e VisionQuesT4rosso), che rispecchiano la molteplicità dei fuochi di un mercato in piena espansione. Talvolta dotate di doppie sedi, in Africa e in Europa, in altri casi addirittura “itineranti”, ovvero pronte a trasferire l’attività espositiva là dove le opportunità si profilino più interessanti, stimolano il confronto fra gli artisti africani ‒ residenti in Africa o nell’area caraibica-sud americana o in Europa ‒ e chi africano non è ma coltiva profondi legami con il Continente Nero per affinità spirituali o specifiche frequentazioni culturali.
L’EDIZIONE 2018
Giunta quest’anno al terzo appuntamento (il primo, previsto per il 2015, era stato cancellato per gli attentati di Parigi), la manifestazione si è presentata nella sua suggestiva location (anche se un po’ “stipata”) de Le Carreau du Temple, ai margini del Marais, con quarantanove espositori, un numero raddoppiato rispetto al 2016, con una cura maggiore dell’immagine e con una più articolata formulazione di eventi a corollario dell’esposizione.
“Siamo partiti inizialmente dalla fotografia, che viveva un momento molto intenso, per arrivare poi via via a includere in toto, in questi tre anni, quelle arti visive, e non solo, che esprimano lo ‘spirito africano’ vivo in tutto il mondo, dando spazio anche al design, per esempio dell’Africa nord occidentale e, in particolare, del Burkina Faso, alle arti applicate (batik e wax textiles, fra Indonesia e Africa), ai dibattiti e agli eventi musicali”, spiega la direttrice della fiera Victoria Mann, dal vivace background maturato grazie agli studi negli Stati Uniti, le esperienze professionali al MET, al Louvre e alla Pace Gallery. Per la serie Les Rencontres AKAA si sono infatti susseguiti incontri modulati sui temi del collezionismo, dell’editoria, del cinema, della diaspora (Galleria Continua ha presentato in questo contesto l’artista afro-cubana Susanna Pilar, autrice della monumentale installazione Lo que contaba la abuela…), delle nuove mappe geopolitiche e artistiche, e, a seguire, concerti dal vivo di musica marocchina, malgascia, afro-colombiana.
GLI ARTISTI
Che dire della qualità delle opere? Alterna. Alcuni i nomi noti dell’african wave: Soly Cissé e JP Mika per la pittura, Roger Ballen (cui è stato dedicato un focus da Artco Gallery riguardo alla sua collaborazione con Hans Lemmen) e Adama Kouyaté per la fotografia. Fra le tante proposte significative, quelle di Magnin-A (con i dipinti di Amadou Sanogo e le sculture di Gonçalo Mabunda), di Galerie Vallois (con le sculture di JLM Carracedo e Dominique Zinkpé), di October Gallery (con le foto, i video e i mixed media di Alexis Peskine), di C-Gallery (con le opere di Tony Gum). Da segnalare, infine, gli artisti Kendell Geers (sud-africano, ma belga di adozione), che ha “firmato” lo stand della Galerie Didier Claes (uno dei più raffinati ad AKAA, anche per il sottile dialogo fra tribalità e arte contemporanea), e la presenza di Lavar Munroe, esponente della cultura vudù alle Bahamas, incluso da Okwui Enwezor in All the World’s Futures alla Biennale di Venezia del 2015, e presentato qui dalla Nomad Gallery. Si sono contati 15mila visitatori in tre giorni (9-11 novembre) e si è parlato di successo commerciale. Ma c’è chi è pronto a giurare che i tempi per AKAA, da tale punto di vista, non siano ancora maturi.
‒ Alessandra Quattordio
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati