La fatiscenza della Fiera di Roma. L’editoriale di Fabio Severino
L’economista della cultura Fabio Severino riflette sulle condizioni in cui versa la Fiera di Roma. Tra disservizi e scarsissima manutenzione.
Quest’autunno sono stato alla Fiera di Roma per vedere Romics, fiera del fumetto e del videogame giunta alla sua 24esima edizione. La manifestazione è ridotta a un bancarellificio di venditori tutti uguali, tutti con le stesse cose. C’è qualche autore che va a personalizzare volumi, qualche evento, ma a mio avviso è un’iniziativa culturalmente modesta. Nonostante questo, ha avuto il suo successo di pubblico, perché ci sono stati gli appuntamenti con ospiti le nuove star mediatiche, gli youtuber e altri personaggi simili. Ma al di là dell’occasione di materializzare “vip” digitali e metterli a contatto con i loro fan, può essere che una fiera del genere non sia in grado di generare altri contenuti? Capisco l’esigenza degli organizzatori di fare cassa e quindi di vendere più stand possibili, ma perché non si richiede agli espositori una qualche specializzazione tematica o merceologica? Qualche unicum che li differenzi? Anche negli stessi loro interessi, altrimenti rimangono in concorrenza l’un con l’altro e l’unica arma competitiva rimane il solito prezzo più basso.
“Come può la Capitale d’Italia, un Paese di venditori, e Roma, la città dal turismo e dal fascino eterno, essere così scadente nell’offerta fieristica?”.
Ma la nota più dolente di tutte è il contenitore. La Fiera di Roma è un luogo orripilante. Pensato incredibilmente male e ridotto parecchio peggio. Un immobile costato una cifra astronomica (si dice 350 milioni di euro) appena nel 2006 (dunque ha la stessa età della Fiera di Milano), per di più in un’area apparentemente inadatta e instabile dal punto di vista idrogeologico. La Fiera è lontana dai parcheggi e dalla fermata del treno regionale, ma soprattutto i collegamenti pedonali hanno numerosi passaggi scoperti alla pioggia. Fatiscenza infrastrutturale ovunque. E poi il solito tripudio di esercenti gastronomici, con quelli permanenti costosi e scarsi nella qualità: basta che la gente “magni”. Degrado nella manutenzione del verde, dell’illuminazione, dei servizi igienici, nell’accessibilità. Percorsi di visita confusi, mal segnalati, mal serviti, con scale mobili non sempre funzionanti. Veramente una visione spiacevole e un’esperienza ancor peggiore.
“Le fiere andrebbero comunque ulteriormente attualizzate, riempite di contenuti: è necessario creare occasioni di ispessimento e articolazione dell’occasione di incontro”.
Come può la Capitale d’Italia, un Paese di venditori, e Roma, la città dal turismo e dal fascino eterno, essere così scadente nell’offerta fieristica? Al di là di quanto il prodotto promozionale e commerciale “fiera” possa essere ancora attuale. E non penso solo a quella del fumetto, ma a ogni genere di fiera. Non c’è dubbio che il digitale abbia accorciato le distanze tra offerta e domanda, e che sia facilissimo ormai raggiungersi. Pertanto sono fondamentali i momenti di materializzazione. Ma le fiere andrebbero comunque ulteriormente attualizzate, riempite di contenuti: è necessario creare occasioni di ispessimento e articolazione dell’occasione di incontro. Mentre il contenitore Fiera di Roma necessiterebbe non solo di un recupero conservativo, estetico, ma anche funzionale.
La città è in una spirale negativa da cui non solo non mostra segni di emersione, ma che ha tra i suoi tratti più inquietanti che i romani se ne stanno assuefacendo.
‒ Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #46
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