Le 10 migliori opere viste a miart 2019
Torna anche quest’anno la lista delle opere che più ci hanno colpito tra gli stand della fiera milanese. Un mix di proposte che spaziano dalla fotografia alla ricerca sulla materia, chiamando in causa interlocutori nostrani e internazionali
ELISEO MATTIACCI ‒ GALLERIA POGGIALI
La lista delle migliori opere viste a miart non può che aprirsi con il Colpo di Gong di Eliseo Mattiacci, imponente installazione presentata dalla galleria Poggiali e datata 1993. L’eccezionale dominio della materia da parte dell’artista risuona visivamente ‒ è il caso di dirlo ‒ tra gli affollati corridoi della kermesse milanese, evocando una “scuola” che ha fatto della essenzialità organica il suo marchio di riconoscimento.
UGO LA PIETRA ‒ CA’ DI FRA’
Si resta in ambito italiano con l’intervento di Ugo La Pietra esposto nello stand di Ca’ di Fra’. Emblema dello studio sul legame tra soggetto e ambiente, l’opera veicola un messaggio immediato, inserendolo in un contesto che, pur restando nell’ambito della bidimensionalità, sembra immergere lo sguardo in una sequenza infinita di piani prospettici.
URS LÜTHI ‒ OTTO GALLERY
La Otto Gallery di Bologna ospita la riflessione sul tempo di Urs Lüthi, estrinsecata dall’artista attraverso un parallelismo con la polvere: la celebre sequenza di autoritratti che compone Just another story abo
ULAY – RICHARD SALTOUN
Si va oltremanica, ma si resta in tema di autoritratto, con White Mask, la meditazione visiva di Ulay sulla mutevolezza del corpo ‒ e dell’identità ‒ servendosi di un espediente semplice soltanto in apparenza: una maschera bianca, stesa sul volto a dissimularne e insieme confermare le sembianze. Un gesto ben radicato nella pratica performativa di Ulay, che ha fatto del proprio corpo un perenne terreno di indagine.
JANUARIO JANO – PRIMO MARELLA GALLERY
Si resta in tema performativo con la selezione di sei fotografie che documentano Ilundo, l’azione firmata da Januario Jano, giovane artista angolano, classe 1979, presentato dalla galleria milanese. La performance associa all’idea di colonialismo la sottile fisicità di un laccio rosso: un filo apparentemente innocuo, capace però di avviluppare individui e tradizioni in un reticolo difficile da sbrogliare.
LATIFA ECHAKHCH ‒ KAUFMANN REPETTO
Sono i resti di un’azione distruttiva i vetri sparsi sul pavimento dello stand di kaufmann repetto. A spezzare gli equilibri della materia è Latifa Echakhch, artista nata a El Khnansa nel 1974, che in Erratum offre una distesa di frammenti di vetro, un tempo bicchieri da tè della tradizione marocchina. L’opera si inscrive nell’indagine condotta dall’artista sui temi dell’identità e delle radici culturali, proprio a partire dalla sua terra d’origine.
IGOR ESKINJA ‒ FEDERICO LUGER GALLERY
Insiste sul concetto di sottrazione il lavoro di Igor Eskinja esposto nel booth di Federico Luger. Panel discussi
ANDREA MASTROVITO – WILDE
Con A brief history of 21st century according to the stuff on my desk, Andrea Mastrovito sintetizza le istanze politiche e culturali alla base dell’epoca attuale. Un viaggio a due dimensioni tra i simboli di un passato recente e di una storia senza tempo, come testimoniato dal rimando all’Arte della guerra di Sun Tzu ma anche dalla copertina di Life del 30 aprile 1945 o dal conflitto cui inneggia Trump. Terreni scoscesi e instabili, che trovano un parallelismo nelle fiamme acuminate sopra le quali si libra il funambolo di Qu’est-ce que la vérité ?.
ELGER ESSER ‒ GALLERIA ALESSANDRA BONOMO
Non conosce filtri o ritocchi lo scatto di Elger Esser che ritrae il porto di Dieppe, in Francia. Risalente al 2008, l’opera anticipa le recenti sperimentazioni del fotografo sui propri lavori, consegnando all’occhio l’idea di una immagine rigorosa, libera da interventi in post produzione. Uno scorcio essenziale, fatto di linee e direttrici implacabilmente equilibrate.
WOLF VOSTELL – CARDI GALLERY
Pur essendo datata 1973, la serie Calatayud di Wolf Vostel
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati