I 10 migliori stand di miart 2019 secondo Artribune
Le 10 gallerie con le proposte migliori secondo Artribune. La classifica degli stand tra i corridoi di miart.
È in corso la settimana dell’arte milanese, cominciata quest’anno con larghissimo anticipo e una valanga di proposte espositive (a proposito, avete scaricato l’Agendissima per non perdervi nessun appuntamento?), culminando poi nell’opening della fiera miart (Fieramilanocity 5- 7 aprile 2019). La rassegna diretta da Alessandro Rabottini anche quest’anno si rafforza, per qualità e partecipazioni dal respiro internazionale. E se le vendite non hanno mandato in sollucchero i galleristi (gli affari ci sono stati e tanti, ma certo non si naviga nell’oro) il motivo è da ricercarsi semmai nei noti problemi del sistema paese (siamo pur sempre nell’unico stato europeo in conclamata recessione e questo non si può nascondere sotto al tappeto). Ci sono artisti storicizzati ma anche importanti highlights sui giovani che stanno scalando le vette del sistema; sono rappresentati tutti i media e si nota un’ingente presenza di sculture e installazioni quest’anno (le vedremo poi nella nostra lista delle top 10 opere nei prossimi giorni) a riprova del ritrovato coraggio di galleristi e mercanti. I booth delle gallerie non raramente diventano, infatti, piccoli ambienti che presentano al meglio uno o più artisti in modo bilanciato e organico in mostra personali e collettive. Insomma, stand assai curati per lo più. Tutto ciò conferisce a questa edizione un carattere piuttosto attrattivo e godibile su più livelli. Ecco la nostra selezione degli stand migliori.
– Giulia Ronchi
Z2O SARA ZANIN, ROMA
È uno degli stand più osservati dell’edizione 2019 di miart. Un po’ per la scelta di portare un’artista emergente – che sta facendo passi da gigante nel sistema internazionale, come dimostrano la personale appena aperta alla Fondation Cartier di Parigi e le 5 opere acquisite dalla Tate Modern di Londra – e un po’ per l’allestimento di forte impatto, in uno spazio di grande passaggio posto accanto alla VIP Lounge. Evgeny Antufiev (Kyzyl, Russia, 1986) progetta per la Galleria Z2O Sara Zanin un display che rimanda a una tomba egizia o precolombiana, un ambiente sospeso nel tempo dal quale emergono sculture e oggetti in ceramica e bronzo realizzati attraverso tecniche antiche. A coronare l’audacia del progetto, le pareti vengono ricoperte da scotch marrone, che diventa l’involucro della sua archeologia contemporanea e immaginaria.
HAUSER & WIRTH, LONDRA/ST. MORITZ/NEW YORK/SOMERSET/LOS ANGELES/HONG KONG/GSTAAD/ZURIGO
Le luci della ribalta milanesi di questa world leading gallery si aprono con la monografica di Paul McCartney (1945, Salt Lake City, Utah): in mostra numerose fotografie tratte dalla serie degli anni ‘90 PROPO accompagnate da due sculture in resina. La tematica centrale è il corpo, quello artificiale, distopico, scartato, una visione che caratterizza da sempre questo artista. Bambole rotte vengono fotografate talvolta con un’estetica pubblicitaria che ne amplifica la dissonanza, mentre statue color carne presentano parti mutilate a laser o scomposte in modo programmatico. Così la poetica dell’orrore fa da sfondo a uno dei booth più affollati di miart.
PAOLA VERRENGIA, SALERNO
Non è un senso di nostalgia per i bei tempi andati, quello che si prova varcando lo spazio della Galleria Paola Verrengia, bensì l’urgenza di tenere accesa la memoria di uno degli eventi che ha segnato l’arte postmoderna, i cui insegnamenti sono ben visibili anche nelle pratiche di oggi. Attraverso l’occhio di Elisabetta Catalano (Roma, 1944-2015), vengono immortalati i momenti salienti di documenta 5 del 1972, diretta da Harald Szeemann. Personaggi quali Mario Merz, Vettor Pisani, Luciano Fabro, Lucio Amelio, Leo Castelli, (un insospettabile) Achille Bonito Oliva, dei giovani Gilbert & George, sono protagonisti, in momenti di convivialità e condivisione, di una rassegna che è stata indimenticabile per la presenza di performance e iperrealismo pittorico e scultoreo. Un lavoro realizzato a stretto contatto con l’Archivio Catalano, selezionando e ristampando gli scatti migliori da presentare al pubblico. Tra la carrellata di immagini in mostra compare, un po’ nascosto, anche un ritratto dell’autrice, di una bellezza da star hollywoodiana.
MIMMO SCOGNAMIGLIO, MILANO
La Scognamiglio presenta a miart un booth dall’assetto ordinato e ammaliante, in cui ognuno dei tre artisti coinvolti trova il proprio spazio visivo, formando allo stesso tempo in un ecosistema armonico. Forme animali ricoperte da intrecci a maglia nei lavori di Joana Vasconcelos (Parigi, 1971), fitti labirinti di fili come tele di ragno svelano a malapena degli oggetti nelle sculture in Chiharu Shiota (Kishiwada, Giappone, 1972) e i fiori dall’aspetto barocco, un po’ decadente ma vivace caratterizzano l’opera di Keith Edmier (Chicago, 1967): un allestimento che riprende quello dell’esposizione, che ha avuto luogo recentemente nella stessa galleria milanese, dal titolo Che fine ha fatto il cagnolino di mia nonna?, a cura di Antonio D’Amico. Un gioco, un tentativo di recuperare i ricordi d’infanzia, un modo di guardare la realtà abbracciando il punto di vista creativo degli artisti in mostra.
REVOLVER, LIMA/BUENOS AIRES
Scientifico ma anche un po’ esoterico è il mondo che ci presenta la galleria Revolver, con artisti italiani, sudamericani e statunitensi. A spiccare maggiormente è l’installazione al neon che occupa la parete grigia di fondo: Instruments for Inquiring into the Wind and the shaking Earth, di Andrea Galvani. Si tratta di un reticolo di formule fisiche e matematiche – già apparso a Frieze London nel 2018, sottoforma di una ancora più densa nuvola di numeri appesi al soffitto – che spiega le leggi della natura. Marco Di Giovanni con Urantia (matita e foglia oro su Moleskine) si confronta con la cartografia del mondo disegnato dalla famosa agenda, sovrapponendovi segni a matita e punti in foglia d’oro che compongono un’utopistica piantina di Atlantide. Ancora ricollegandosi ai fenomeni atmosferici, GT Pellizzi compone Soft Architecture con 44 coperte in tessuto di Cuzco che, sfidando ogni legge della gravità, vengono unite tra loro formando un arcobaleno variopinto.
MASSIMO DE CARLO MILANO/LONDRA/HONG KONG
Del fatto che i panda fossero genitori migliori degli umani eravamo già stati avvertiti nello stand della Galleria Massimo De Carlo allestita al Nomad Festival di St. Moritz; ma ora le cose si fanno più grandi, e la galleria sceglie di presentare ancora una volta l’artista Rob Pruitt (Washington, 1964), dandogli più spazio e esponendo più opere. Il risultato è un tripudio di oro sull’abbacinante fondo bianco della fiera: i leziosi specchi a forma di cuore rivelano frammenti di immagini che raffigurano questi animali, protagonisti della produzione dell’artista. Al centro dello spazio troneggia, invece, un tavolino arcobaleno adornato con piante di arancio, risultato di un progetto al limite tra arte e design.
MARIAN GOODMAN, NEW YORK/PARIGI/LONDRA
È l’altra grande new entry alla kermesse milanese di quest’anno, come era stato già anticipato con entusiasmo dal direttore Alessandro Rabottini tempo fa. E non delude la sua presenza, seppur composta da un booth consueto, ricco di autori established e storicizzati e privo di allestimenti audaci. Accanto a una fotografia di grandi dimensioni di Hiroshi Sugimoto (Pantheon, Rome, 2015) ci sono le sculture di Annette Messanger (Hommage à Giacometti e La lune-nez). Alla monumentalità della storia ammicca anche lo scatto di Nan Goldin, Cupid with his wings on fire, vicino alla più sospesa Blue Hills, Italy. I “big” sono italiani (i marmi di Giuseppe Penone e l’installazione di Giulio Paolini) e stranieri (la tela di Gerard Richter e la stampa di John Baldessarri), per una selezione che lascia evidentemente ampio spazio a un’oculata strategia commerciale.
GALLERIAPIÙ, BOLOGNA
Un tappeto rosa carne diventa il biglietto da visita dell’intimo mondo di Yves Scherer (Solothurn, Svizzera, 1987), a cui la Galleriapiù dedica un progetto personale, identificandosi come uno tra i booth più interessanti della sezione Emergent di quest’anno. La sua ricerca artistica, solitamente caratterizzata dal sottile velo che sta tra la vita pubblica e quella privata, tra immagine mediatica e il reale, si concretizza nei tre lavori esposti, tratti dalla serie Untitled (Kate). La sua ossessione per la supermodella britannica si traduce in una sorta di readymade (che l’autore definisce “framing”) in cui le pagine incorniciate e esposte vengono prese da un famoso libro fotografico di Mario Testino, che immortala la donna conferendole disparate accezioni e identità. L’artista è stato anche ospite della residenza presso la nuova sede di Fonderia Artistica Battaglia, presentando recentemente al pubblico una nuova scultura.
APALAZZOGALLERY, BRESCIA
Se passate davanti a questo stand, verrete colpiti dal bouquet di rimandi medievali e pop, pittorici e installativi. Un mix di elementi eterogenei ben orchestrati dal progetto di Filippo Bisagni, che su una moquette fucsia fa coesistere le opere di Raul De Nieves (1983 Morelia, Messico), Luc Ming Yan (franco-cinese, 1984), Olympia Scarry (1983, Ginevra) e Alexandra Sukhareva (1983). Dipinti astratti, una lampada neon a forma di palma, acetati decorati come vetrate gotiche e una rete metallica posata a terra: il tutto coesiste in un ambiente intimo e vivace. L’interesse della galleria a mondi e culture in comunicazione è da poco stato confermato con il supporto dato alla Fondazione Trussardi per il progetto A Friend di Ibrahim Mahama, di cui Apalazzogallery è rappresentante.
CARDI GALLERY MILANO/LONDRA
Un po’ cupa, un po’ vivace, un po’ zen: diverse suggestioni si sovrappongono nel grande booth di Cardi Gallery (progettato come uno spazio semi aperto con un parquet chiaro), che sceglie di collocare al centro una scultura di Lee Ufan (Contea di Haman, Corea del Sud 1936), appartenente alla corrente MONO-HA, che vede lo status dell’opera non fisso ma costantemente in grado di trasformarsi. L’installazione presente in fiera, composta da una lastra metallica, ghiaia e una pietra, (un ideale rimando orientale dell’arte povera) potrà essere, infatti, installata a piacimento dal potenziale acquirente. Alle pareti, invece, si fronteggiano i vivaci Art typo di Mimmo Rotella degli anni ’80, una serie di Wolf Vostell in cui riecheggiano le violenze della Seconda Guerra Mondiale e due grandi specchi, realizzati a distanza di decenni, di Michelangelo Pistoletto.
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