Alla fiera svizzera di opere su carta Wop Art una sezione è fatta di fotocopie
Alla fiera internazionale delle opere su carta di Lugano, c’è un’intera sezione di lavori fotocopiabili e acquisibili solo tramite donazione. Un particolare concetto di “democrazia artistica” all’interno di una fiera commerciale che ci ha spiegato Marco Roberto Marelli
All’interno dell’edizione 2019 della fiera Wop Art a Lugano, accanto alle tradizionali gallerie e ai loro stand, si sperimentano nuovi format di scambio che non hanno nulla a che fare con la compravendita di opere. Succede nella sezione Project Space, dove un team di quattro curatori – Lucia Aspesi, Fiammetta Grignoli, Lorenzo Balbi e Giulia Coletti, con il coordinamento di Dario Moalli – ha invitato 11 spazi indipendenti provenienti da tutto il mondo. Sono Avto (Istanbul), Adiacenze (Bologna), Almanac (London/Turin), Circuit (Lausanne), Current (Milano), Kunstverein (Milano), Like a little disaster (Polignano a Mare), non+ULTRA (Cluj-Napoca), Sonnestube (Lugano), Ultrastudio (Los Angeles/Pescara), Vernåcular Institute (Mexico City). In esposizione, non ci saranno delle opere autentiche ma le loro fotocopie, attaccate alle pareti del padiglione e accessibili al pubblico tramite il Laser Print Show. Abbiamo chiesto al curatore della sezione Project Space, Marco Roberto Marelli, cosa succederà.
Spazi non profit a una fiera commerciale. Come mai?
Il progetto nasce dopo che alcuni responsabili della fiera avevano visitato SPAZI nel 2018, il festival di spazi indipendenti da me co-curato alla Fabbrica del Vapore di Milano. Da lì è nata l’idea di portare all’interno della fiera delle realtà indipendenti e no profit, dando loro pari valore a quello delle gallerie presenti. Da Los Angeles fino a Città del Messico, dalla Romania fino alla stessa Svizzera che ci ospita, abbiamo voluto dare un’impronta internazionale a questa selezione.
Raccontaci come funziona il Laser Print Show.
Si tratta di un settore non commerciale, dove non c’è nessuna vendita. Ci saranno delle opere appese alle pareti, stampabili con una comune stampante laser: queste riproduzioni potranno essere cedute ai visitatori in cambio di un’offerta minima consigliata di 5 franchi, da destinare all’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Questa iniziativa si ricollega ai project space invitati, i quali ci hanno mandato via mail le immagini digitali delle opere e la concessione di stamparle. È la prima volta che viene portata una “mostra” di questo tipo all’interno di una fiera.
Quindi non avviene nessuno scambio in questa sezione?
Non di compravendita. Ma non per questo siamo contrari alla commercializzazione delle opere; anzi, ci auspichiamo che i collezionisti di passaggio in questi giorni a Wop Art abbiano modo di incuriosirsi e contattare i project space per dare a queste realtà un sostegno o stringere collaborazioni e rapporti di collezionismo. Vorremmo promuovere una passione filantropica, volta al sostegno del lavoro di giovani talenti.
Questo processo cosa comporta, in termini di riproducibilità dell’opera?
Si ricollega alla tematica della fiera, “Democracy”, con il risultato di avere delle opere su carta nella maniera più democratica possibile. La cosa meno costosa e più accessibile che i project space potessero fare era mandarci via mail dei file che diventano accessibili a tutti, dallo studente al collezionista facoltoso. Possono portare via con sé la stampa del lavoro di un artista che però non può essere commercializzato, il cui valore equivale al multiplo della copertina di una rivista.
Le figure curatoriali sono tante. A che pro?
C’è la volontà di “curare i curatori”: un team ha selezionato project space di provenienza molto varia. La cosa interessante dell’avere più curatori è la molteplicità di punti di vista, espressi da personalità autorevoli di questo settore.
Cosa include il public program legato a questa sezione?
Abbiamo un talk sulla curatela indipendente e legata ai project space; un incontro con Giulio Alvigini sulla comunicazione artistica sui social; e infine, l’architetto Daniele Zerbi, tra i soci fondatori dello studio Fuzz Atelier, che spiegherà come ha deciso di progettare l’allestimento della sezione Project Space, anch’esso ispirato al concetto di democracy.
-Giulia Ronchi
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