ZONAMACO, la fiera d’arte latinoamericana, andata in scena dal 5 al 9 febbraio al Centro Citibanamex di Città del Messico, è dove arte moderna e contemporanea, design, fotografia e antiquariato si incontrano. Sono stati centinaia le gallerie e gli espositori provenienti da 26 Paesi nelle Americhe, Europa e Asia. Per la prima volta Zonamaco Messico Contemporary Art si è celebrata insieme all’evento dedicato al design, Zonamaco Design, a Zonamaco Photo e Zonamaco Salón.
“Per la prima volta, abbiamo organizzato anche ‘Foro’, una nuova sezione per promuovere le gallerie emergenti, oltre a un vasto programma di conferenze tenute da ospiti di livello internazionale per affrontare i temi attuali e l’interesse per il mondo dell’arte. Tra i relatori che hanno partecipato al programma ci sono: Kate Fowle (direttore del MoMA PS1), Olaf Breuning (artista), William J. Simmons (saggista, poeta e vicerettore delle discipline umanistiche nella storia dell’arte del dottorato all’Università del Sud California), Magalí Arriola (direttore del Museo Tamayo) e Zoë Ryan (curatore dell’Art Institute di Chicago)”, commenta Zélika García, fondatrice di ZONAMACO.
Nella sua edizione 2020, ZONAMACO ha riunito 72mila visitatori. Il premio consegnato allo stand vincente è stato ricevuto dalla galleria di Nils Stærk di Copenaghen, che quest’anno ha presentato il lavoro dell’istrionico artista svizzero ‒ fa di tutto, foto, film, disegni, libri di narrativa ‒ Olaf Breuning, con l’opera Animali tristi e preoccupati, che raffigura una ironica giungla totemica.
DA HANS OP DE BEECK A GIOVANNI OZZOLA
La sezione più ampia della fiera ha presentato gallerie leader a livello internazionale con pezzi di altissima qualità in pittura, grafica, scultura, installazione, video e nuovi media, firmate dai più rappresentativi artisti contemporanei della scena globale. Un altro eclettico artista belga ha richiamato la nostra attenzione, Hans Op de Beeck, rappresentato dalla galleria di Istanbul Pilevneli, con le sue sculture morbide, come d’argilla, che mettono in scena mondi di un quieto realismo onirico.
Quest’anno ci siamo soffermati senza volerlo in strategici punti geografici che hanno attirato il nostro interesse: Colombia, Chicago, Istanbul passando per San Gimignano, con la Galleria Continua, che ha rischiato di vincere il premio al migliore stand. Strane strade senza direzione se non quella del mondo globale.
Giovanni Ozzola ha esposto la sua serie fotografica sui non luoghi, perfettamente a tono con l’eterogeneità geografica di questo spazio artistico che si incontra a Roma, la Habana, Beijing e Les Moulins, incrociando il mondo rurale con la modernità cittadina. Da Chicago la galleria Mariane Ibrahim, alla sua seconda partecipazione a ZONAMACO, ha presentato la mostra collettiva degli artisti Clay Apenouvon, Lina Iris Viktor e opere mai viste prima di Jerrell Gibbs e Clotilde Jiménez: una riflessione sulla negritudine dove Haiti si incontra con Baltimora e la cultura indigena.
La mescolanza esiste anche tra animali di specie diverse, come tra una galleria colombiana La Balsa e il suo artista bosniaco Radenko Milak, una fusione che si materializza negli acquerelli della serie Antropocene, che raffigurano una favela a Rio: ambienti urbani in bianco e nero, dove la distruzione, climatica, ambientale ma anche conseguenza della povertà e della guerra, è il denominatore comune.
UN’ERA TRANSNAZIONALE
I paesaggi si incrociano e non si riesce più a distinguere chi viene da dove, anche se restano sempre luminose le stelle del nord come Javier Marin e Cindy Sherman, che non possono mancare, d’altronde ZONAMACO è la storica fiera dell’arte contemporanea, ed è per riempire proprio gli spazi più sperimentali che nasce in parallelo El Salón ACME, più giovane e hipster.
Ma questa nuova versione di ZONAMACO è davvero più ricca ed entusiasmante delle precedenti e ha messo insieme anche nuovi editori, tra riviste vecchie e nuove, che resistono, nascono e grandeggiano ancora oggi. Anche qui l’internazionalità statunitense è stata leader indiscussa, ma il trend topic era molto latino: Cuba, mesomerica, il mondo indigeno. Forse perché questo continente rappresenta la contraddittorietà della nuova era transnazionale con la sua poca distanza tra i mondi urbani. Bogotá e Chicago, Rio e Città del Messico potrebbero essere quasi la stessa urbe, continuando d’altro canto a rivelare l’esistenza di altri universi la cui cosmo visione è antica come il cielo, ma anche così profondamente diversa da quella che la vecchia Europa ha esportato secoli fa.
L’artista colombiana Olga de Amaral, rappresentata dalla galleria di Bogotá Espacio continuo, ha esposto un arazzo maestoso, che sembra venire proprio da quelle terre antichissime. I tessuti della famosa artista colombiana, direttrice del dipartimento tessile dell’Università delle Ande a Bogotá, riportano proprio all’incessante lavoro delle donne indigene non solo colombiane, ma anche guatemalteche e messicane.
Alla fin fine il teatro di questa fiera sempre più globale rimane l’America, nel suo crogiolo di civiltà, razze e lingue, ma anche nella sua specifica storia di civiltà precolombiane che ancora esistono, incredibilmente, negli spazi sconfinati che l’uomo ha addomesticato, integrando perfettamente arte, artigianato e design, un po’ come ha cercato di fare ZONAMACO quest’anno.
‒ Virginia Negro
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